di Maria Teresa MeliMolti i parlamentari assenti in aula, 25 i «non giustificati». Nelle dichiarazioni di voti accuse e critiche da tutti i partiti ai Cinquestelle Il Senato, con 214 voti favorevoli e 35 contrari ha detto sì alla fiducia posta dal governo sul decreto Ucraina. Molti gli assenti: i senatori che hanno partecipato al voto, infatti, sono stati 249; degli assenti 25 erano «non giustificati», gli altri perché in missione. Tutti i partiti della maggioranza si sono espressi a favore del provvedimento che ora diventa legge. Prima che la seduta avesse inizio il 5 Stelle Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama, cinguettava su Twitter il suo «no» al decreto, cui seguiva un provocatorio: «Ora lapidatemi pure». Nell’aula discussione tranquilla. Solo verso la fine della seduta sono stati issati dei cartelloni contro la guerra, ma nessuna tensione. Pier Ferdinando Casini, il primo a parlare per dichiarazione di voto, ha definito «una tempesta di un bicchier d’acqua» la levata di scudi dei 5 Stelle sull’aumento delle spese militari, contenuto nell’ordine del giorno presentato da Fratelli d’Italia e mai approdato in aula («Un odg che fa onore a Fld», sottolinea il senatore). Quindi Casini ricorda a tutti, non si sa mai qualcuno lo abbia dimenticato: «I resistenti italiani combattevano con le armi non con le parole». Poi con un pizzico di malizia ricorda che Giuseppe Conte da premier aveva «giustamente aumentato le spese militari». Un argomento, questo, che riprende subito dopo Davide Faraone. Nella sua dichiarazione di voto il capogruppo di Italia viva contesta la «narrazione dei demagoghi e dei populisti» sulla spese militari: «Aprire un dibattito su questo tema è surreale e propagandistico». Quindi è il turno di Isabella Rauti per Fdi. Anche lei (ma in verità lo fanno quasi tutti in questa seduta, cambiano solo i toni e le parole) punta l’indice contro il Movimento 5 stelle. Però il bersaglio delle sue critiche più dure è il governo «che sconfessa se stesso» perché non ha dato battaglia fino in fondo sulle spese militari. «Voi non meritate la nostra fiducia», conclude Rauti. Parla il Pd, con Alessandro Alfieri, capogruppo dem in Commissione Esteri. Fedelissimo del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il senatore del Partito democratico ha dato la linea in questi giorni alla maggioranza. Era stato lui a tentare un’estrema mediazione con i 5 stelle sulla gradualità del 2 per cento del Pil per le spese militari. Mediazione che però il Movimento aveva rifiutato, salvo poi accettare la proposta di Guerini, che prevede tempi più stretti di quelli previsti da Alfieri, e che, peraltro il ministro aveva avanzato già nel 2019. Il “convinto sostegno” del Pd al decreto Ucraina era scontato. Ma Alfieri non vuole eludere la discussione di questi giorni: «La guerra di aggressione della Russia è una minaccia alle democrazie liberali. È questa la posta in gioco. Quanto siamo disposti a spenderci e a spendere per difendere la nostra democrazia e i nostri valori?». Poi il senatore dem sottolinea: «Il 2 per cento oggi è patrimonio di tutti». Come a ricordare ai 5 stelle che non potranno fare passi indietro quando si affronterà il tema delle spese militari nel Def, il prossimo 10 aprile. Ma i grillini si tengono nel vago. La capogruppo Maria Domenica Castellone infatti in un passaggio della sua dichiarazione di voto a favore della fiducia afferma: «Il tema delle spese militari è stato messo in campo con intenti strumentali. Sono scelte che vanno discusse nelle sedi opportune, senza provocatorie forzature». Duro con i 5 stelle Maurizio Gasparri: secondo l’esponente di Forza Italia hanno denotato «scarsa serietà», anche perché alla Camera avevano già votato un ordine del giorno proprio sulle spese militari. Gasparri ha quindi ricordato che Conte, quando era premier, ha aumentato quelle spese «del 17 per cento». Giunge anche il si della Lega con il capogruppo Massimiliano Romeo: «Avremmo votato a favore anche senza la fiducia, perché il governo ha il dovere di fornire tutti gli aiuti, quelli militari compresi, agli ucraini». Peccato che qualche minuto dopo, quando Matteo Salvini arriva al Senato, pronunci parole alquanto diverse: «Dare più armi all’Ucraina non avvicina la pace». 31 marzo 2022 (modifica il 31 marzo 2022 | 13:02) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-31 11:03:00, Molti i parlamentari assenti in aula, 25 i «non giustificati». Nelle dichiarazioni di voti accuse e critiche da tutti i partiti ai Cinquestelle, Maria Teresa Meli