di Paolo Tomaselli, inviato a Doha
La bandiera della Juventus segue il Mondiale in Qatar: «Senza l’Italia è una tristezza, ma il calcio è cambiato e serve alzare l’asticella per tornare ad essere quelli che eravamo»
Sulla t-shirt di Alessandro Del Piero c’è una Coppa del Mondo, souvenir di giorni lontani. La bandiera della Juve e della Nazionale, campione nel 2006, sventola nell’Adidas brand center, a due passi dal centro Aspire, cuore del progetto sportivo del Qatar. Ma il suo cuore è in tumulto da lunedì scorso.
Del Piero, la sua prima reazione qual è stata alla notizia delle dimissioni di tutto il Cda bianconero?
«Sono scioccato. Dovrei conoscere meglio la situazione, ma è una cosa triste perché sono tutti amici, da Agnelli a Nedved. Abbiamo condiviso tante cose belle, li ho visti anche di recente».
Per gli juventini sembra di essere tornati al 2006, l’estate di Calciopoli.
«No, non è come nel 2006. Non credo che tutto questo avrà effetti sulla squadra, ma riguarda i dirigenti. È incredibile che una società storica come la Juventus debba vivere questi alti e bassi così drammatici. Sono iniziati con la Serie B, il momento peggiore della storia bianconera, ma poi ci sono stati 9 scudetti di fila».
È molto colpito…
«Ho passato vent’anni alla Juventus, sono stato in serie B e il legame con i tifosi è molto profondo, abbiamo attraversato qualsiasi tipo situazione, dalle più belle a quelle più difficili. È stato un grande viaggio e qualsiasi notizia sul club mi coinvolge molto. Sono triste».
I tifosi sognano il suo ingresso in società. Possibile?
«È molto presto per dirlo. Nessuno mi ha chiamato, non conosco il piano ma conosco bene il club. E a Torino ho ancora casa».
Da una tristezza all’altra. Cosa si prova senza Italia al Mondiale?
«Leggerezza, perché sei qui per vedere la squadra migliore e non c’è coinvolgimento emozionale. Ma mancano tensione ed energia. Non esserci per due edizioni di fila è assurdo».
L’Italia se la sarebbe giocata?
«L’Italia non è qui perché non ha meritato di vincere le partite importanti, a differenza dell’Europeo. E poi non è questo il punto».
Qual è?
«Il calcio è cambiato e ci sono nazioni che pensavamo fossero piccole e invece arrivano a certi livelli tecnici, tattici e fisici: a volte vinci, altre perdi. Bisogna cercare di alzare l’asticella per tornare ad essere quelli che eravamo».
C’è molto più equilibrio?
«Se non sei attento e preparato anche a livello psicologico, rischi. Alla Germania è andata di lusso che il Giappone non ha battuto la Costa Rica: hanno venti stelle e ha fatto gol quello più inaspettato. È la bellezza del calcio. E anche la sua tragicità».
L’ha colpita la forma di Mbappé?
«Più che i singoli, mi impressiona l’intensità fisica. Forse c’entra l’anomalia del calendario. Ma la novità è rappresentata anche da squadre che se la giocano, come Canada, Arabia, Marocco».
Cosa pensa dei maxi recuperi? Si va verso il tempo effettivo?
«Sì e mi piace questa cosa, perché si vedono perdite di tempo che non hanno senso. Si preserva il gioco».
Cosa pensa di gesti come quello dei tedeschi che si sono tappati la bocca per protesta?
«Sono gesti forti e credo che ognuno sia in condizione di esprimere se stesso nel modo migliore. Questa è una piattaforma di grande visibilità, che diventa una opportunità per andare ovunque».
Le sudamericane non vincono da 20 anni. Sarà ancora così?
«C’è molta attesa su di loro e questo può essere un vantaggio in più per le europee».
Messi è schiacciato dalle responsabilità?
«La Copa America sembrava una liberazione, adesso hanno raddrizzato una situazione complicata, ma devono ancora vincere la prossima. Adesso vediamo l’ultimo atto anche di qualche altro ragazzotto che ha fatto abbastanza bene». (Si riferisce a Ronaldo, ndr).
Il Brasile può vincere senza Neymar?
«Ha il talento per andare avanti anche senza di lui. Ma per vincere secondo me deve averlo in campo».
Che ne pensa del rodeo di falli contro O Ney di cui ha parlato il c.t. Tite?
«È una battaglia che facevo già ai miei tempi, ma era peggio allora: oggi i campioni mi sembrano tutelati. I pestoni portano al giallo, una volta erano il benvenuto in campo. Quindi non esageriamo».
Ha consigli per quell’altro «ragazzotto»? Sulla prossima destinazione?
«Non dico niente, anche se so dove va…».
E lei, cosa farà da grande?
«Sto preparando la seconda parte della mia vita, ma non è il momento di svelarla».
30 novembre 2022 (modifica il 30 novembre 2022 | 09:01)
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, 2022-11-30 08:01:00, La bandiera della Juventus segue il Mondiale in Qatar: «Senza l’Italia è una tristezza, ma il calcio è cambiato e serve alzare l’asticella per tornare ad essere quelli che eravamo», Paolo Tomaselli, inviato a Doha