Nel 1978, l’anno di «Animal House», John Belushi e Dan Aykroyd creano per la popolarissima trasmissione tv Saturday Night Live i personaggi di Jake “Joliet” ed Elwood Blues, ribattezzati dal compositore Howard Shore «The Blues Brothers”» (in onda stasera su Sky Cinema Comedy alle 21 ) : due fratelli cresciuti in un orfanotrofio dell’Illinois e iniziati al blues nelle sue molteplici declinazioni grazie a un inserviente dell’istituto, caratterizzati dai loro abiti neri e dagli onnipresenti occhiali da sole Ray-Ban Wayfarer, anch’essi con montatura nera. Col primo in vetta anche alle classifiche degli incassi cinematografici, i due finiscono primi nella classifica di Billboard grazie all’abum di cover Briefcase Full of Blues; e subito iniziano a mettere sul piatto l’idea che i loro personaggi possano diventare protagonisti di un film. Dopo una lotta acerrima di Paramount e Universal per aggiudicarsene produzione e distribuzione, a prevalere è quest’ultima, che ingaggia John Landis alla regia e lo incarica anche di trasformare in qualcosa di realmente filmabile il copione di 400 pagine che lo sceneggiatore esordiente Aykroyd aveva scritto di getto sull’onda dell’entusiasmo. Due anni dopo, il 20 giugno 1980, per la modica cifra di quasi trenta milioni di dollari di budget contro i dodici preventivati (nonché al prezzo di una lunga serie di traversie di lavorazione, inclusa la discesa sempre più verticale di Belushi nella dipendenza dalle droghe), il film (una commistione geniale, irripetibile e catastrofica di musical, commedia e satira) debutta nelle sale americane senza clamori e sbeffeggiato da gran parte della critica (il Los Angeles Times parlò senza mezzi termini di “disastro”, paragonandolo al flop di Spielberg 1941 – Allarme a Hollywood; la Bibbia dell’entertainment Variety lo associò per humour e forza espressiva ai film di Gianni e Pinotto) finendo a un onorevole ma deludente decimo posto negli incassi complessivi della stagione Usa. Assai meglio accolto dalla critica europea, che già vedeva in Landis l’alfiere di un cinema sì demenziale ma anche profondamente politico, diviene però a sorpresa il primo film americano a incassare più all’estero che in patria. E oggi, in occasione del suo quarantennale (ma la stessa cosa si sarebbe già potuta scrivere dieci, venti o perfino trenta anni fa…) è universalmente considerato un capolavoro.
4 ottobre 2022 | 11:00
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, 2022-10-04 13:06:00, Il film di John Landis uscì negli Usa senza troppo clamore, fu l’Europa a consacrarlo. E oltre alle scene leggendarie e alla grande musica , c’è un sottotesto d’impegno da non sottovalutare , Filippo Mazzarella