di MASSIMO SIDERI
Da marted 28 febbraio in libreria Profeti, oligarchi e spie (Feltrinelli) di Franco Bernab e Massimo Gaggi. L’impennata di sviluppo digitale e conquiste tecnologiche modifica i rapporti di forza tra societ, economie e Stati. Con sistemi parlamentari e ceti medi sempre pi in sofferenza
Quando un libro costato due anni di faticose ricerche lo si capisce immediatamente perch non asseconda tesi diffuse e consolidate, ma anzi ha il coraggio di metterle in discussione, smontandole con un esercizio certosino di documentazioni e argomentazioni. Il saggio Profeti, oligarchi e spie. Democrazia e societ nell’era del capitalismo digitale di Franco Bernab e Massimo Gaggi (Feltrinelli) parte da qui: quante volte in un abusato esercizio delle metafore ci siamo sentiti dire che la tecnologia dell’informazione e la rete internet sono paragonabili all’elettricit e al motore a vapore, le due grandi rivoluzioni sociali e tecnologiche alla base dell’economia moderna? La societ dell’informazione — di cui l’intelligenza artificiale con ChatGPT solo l’ultima espressione — diventata cos per tutti sinonimo di progresso.
Bernab e Gaggi, in un libro ben informato e dunque preoccupante, ci portano a mettere in discussione questo rassicurante dogma contemporaneo: il capitalismo digitale ha solo le fattezze esterne dei fenomeni del passato come la corsa all’elettricit, con i suoi geni innovatori come Alessandro Volta, Thomas Edison, Nikola Tesla, e i grandi finanzieri e industriali quali JP Morgan e George Westinghouse.
Oggi facile sovrapporre a questi nomi gli attuali eroi come Bill Gates, Mark Zuckerberg e i padri di internet come Tim Berners-Lee. Ma c’ un caveat allarmante: la digitalizzazione sfalda silenziosamente la democrazia e contribuisce alla scomparsa del ceto medio. Se dunque pu essere considerata una rivoluzione tecnologica, viene a mancare quella ricaduta sociale che il vapore e l’elettricit hanno avuto, alimentando nuove industrie e nuove ricerche scientifiche, laddove il digitale tende a cannibalizzare e a risucchiare tutto come un buco nero che non tollera resistenze alla propria forza gravitazionale, nemmeno dalla luce.
La forza di Profeti, oligarchi e spie risiede in una formula che a tavolino pu sembrare facile da usare ma che risulta spesso un esercizio difficile da mettere all’opera: uno speciale amalgama di due autori diversissimi per esperienze e percorsi professionali. Bernab ha guidato per decenni da protagonista proprio le realt dominanti delle due grandi industrie messe a confronto, passando dalla poltrona di amministratore delegato dell’Eni a quella di Telecom Italia. Energia e telecomunicazioni. Gaggi, ben noto ai lettori del Corriere dove stato anche vicedirettore, esplora e decodifica da vent’anni la societ americana in qualit di editorialista da New York.
Ne risulta una capacit inusuale di collegare con credibilit e coerenza temi e livelli complessi, dall’esercizio della democrazia al funzionamento dell’industria e dell’economia passando dal Dopoguerra a oggi attraverso le grandi crisi: l’11 settembre e l’attacco alle Torri gemelle di Al Qaeda che port al disastroso Patriot Act, la legge che permise la prima sorveglianza di massa; e poi la folla di scalmanati guidati da uno sciamano che il 6 gennaio 2021 diedero l’assalto a Capitol Hill, il Congresso americano. Mai prima di allora nella storia della democrazia americana — si legge nella descrizione del caso con cui i due autori decidono di aprire il libro — si era verificato un fatto cos potenzialmente eversivo.
Essendo ben documentato Profeti, oligarchi e spie non si nasconde dietro un’analisi dettagliata del fenomeno senza dare dei volti alle responsabilit: il primo e pi citato senz’altro quel Bill Clinton che ha rappresentato — nonostante il suicidio politico legato a Monica Lewinsky — un modello per tutta una serie di nuovi leader progressisti che si sono sentiti confortati nell’abbracciare senza remore la religione della rete. A partire da Tony Blair, ma anche Barack Obama.
Ecco allora un filo rosso dipanato con pazienza dai due autori che dalle origini della rete a pacchetto nata negli anni Settanta in Francia con Louis Pouzin, l’uomo che avrebbe ispirato Vint Cerf e Robert Kahn, i padri del Protocollo Internet, ci porta al deepfake, ai droni guidati dall’intelligenza artificiale e alla cyberwar toccando anche l’Ucraina, la Russia, la crisi dei partiti, Twitter, Instagram, TikTok e la rinascita del populismo che da Donald Trump arriva a Beppe Grillo.
Per inciso la ricca aneddotica sulla nascita della societ dell’informazione dagli anni Cinquanta in poi, con incursioni felici anche nella storia dell’elettricit e della comunicazione in Italia (come quando ci viene ricordato che la Sip, l’antenata di Telecom Italia, era la Societ idroelettrica piemontese), rende la lettura piacevole e spinge a prendere utili appunti mentali.
Ma tornando ai colpevoli, o perlomeno ai responsabili, a causare la crescita e il consolidamento di una oligarchia tossica per lo stesso funzionamento della democrazia fu per Bernab e Gaggi proprio quella stagione di deregulation che, sebbene gi avviata da Ronald Reagan, alla fine degli anni Novanta permise alla nascente industria di internet di mettere delle radici cos profonde da creare nuovi imperi finanziari capaci di fare ombra a quelli del passato. La volont americana di non uccidere il bambino dell’innovazione in culla si protratta dunque fino a un punto vicino a quello di non ritorno. Dobbiamo parlarne adesso perch potremmo essere l’ultima generazione in grado di ricordare com’era la vita prima, raccont al Guardian Justin Rosenstein, considerato uno dei padri del bottone like.
Un altro pentito, Evan Williams, uno dei padri di Twitter, confess cos nel 2017 al New York Times la fine del mito fondativo: Credevo che dare pi libert alla gente di scambiare idee e informazioni in rete bastasse di per s a creare un mondo migliore. Sbagliavo, internet a pezzi. Ma non si tratta solo di ingenuit: il libro ricorda come siano stati in molti a denunciare che Facebook, forse il pi tossico ingrediente della Silicon Valley, si fosse reso conto in tempi non sospetti che non solo i social creavano una dipendenza simile agli oppiacei, ma alimentavano un diffuso senso di ansia e insicurezza negli adolescenti.
L’era della digitalizzazione a suo modo una rivoluzione, ma non sociale. A questa deformazione ha contribuito purtroppo la crisi dell’editoria e della stampa, che alimenta un pensiero critico e non la creazione di stanze dell’eco che ci assecondino nei nostri istinti peggiori. Il colpevole? Sempre Clinton: fu la Sezione 230 del suo Telecommunications Act a creare le condizioni per l’eccezionalismo di internet, con la sospensione delle responsabilit editoriali da parte delle piattaforme su tutto ci che viene pubblicato. In conclusione, ricordano Bernab e Gaggi, non siamo finiti in 1984 di George Orwell, ma piuttosto ne Il mondo nuovo di Aldous Huxley: nessuno vieta libri e informazioni. sufficiente il loro eccesso di contraddizioni ad affogare la verit.
Il saggio e l’appuntamento
Profeti, oligarchi e spie. Democrazia e societ nell’era del capitalismo digitale, scritto da Franco Bernab e Massimo Gaggi (Feltrinelli, pp. 312, euro 22) sar in libreria da marted 28 febbraio. Franco Bernab presidente di Acciaierie d’Italia. stato amministratore delegato di Eni e di Telecom Italia. Massimo Gaggi editorialista del Corriere della Sera — di cui stato anche vicedirettore — negli Stati Uniti. Mercoled primo marzo alle 19, presso la Fondazione Feltrinelli a Milano (viale Pasubio 5), i due autori dialogheranno sui temi del libro con Davide Dattoli, Alfonso Fuggetta e il sindaco di Milano Beppe Sala, moderati dalla giornalista Serena Danna
26 febbraio 2023 (modifica il 26 febbraio 2023 | 21:49)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, , http://xml2.corriereobjects.it/rss/homepage.xml,