Rubrica periodica bilingue, versione inglese in calce
La notizia della scomparsa di Luigi Berlinguer, che fu ministro dell’istruzione della Seconda Repubblica nei governi Prodi e D’Alema (1996-2000), è giunta all’improvviso, quasi a sorpresa, perché della gravità della sua malattia pochi sapevano, e soprattutto perché Berlinguer è stato fino all’ultimo attivamente presente nel dibattito sulla scuola con articoli, interviste e la rivista online da lui fondata “Education 2.0”.
Cugino del leader forse più amato del PCI, Enrico Berlinguer, Luigi se ne differenziava per una visione certamente più pragmatica della politica e della stessa politica scolastica, che lo portò ad effettuare operazioni a volte spregiudicate pur di raggiungere risultati concreti. Fu certamente un decisionista di grande visione e di altrettanto grande ambizione, protagonista di una serie serrata di profonde innovazioni degli ordinamenti scolastici che, se realizzate, avrebbero cambiato la storia e il volto della scuola italiana. Ma delle sue tante riforme ne sopravvissero solo due, quella della parità scolastica e quella dell’esame conclusivo della scuola secondaria superiore (la “maturità”), mentre fallirono quella dei cicli scolastici (7 anni di scuola di base e 5 di secondaria, riducendo da 13 a 12 anni la durata degli studi prima dell’università), quella dell’autonomia scolastica, rimasta incompiuta, e il tentativo di creare una carriera per gli insegnanti differenziando i loro stipendi su base meritocratica.
Quest’ultima operazione, insieme al rifiuto dei 7 anni di scuola di base, che allarmò gli insegnanti che temevano la riduzione dei posti di lavoro, provocò nel febbraio 2000 un enorme sciopero spontaneo che sorprese i sindacati (con i quali Berlinguer aveva fatto un accordo) e preoccupò il suo partito (dal 1998 DS, Democratici di Sinistra), a causa dei contraccolpi elettorali in vista delle elezioni del 2001. Così Berlinguer fu costretto a dimettersi: fu di fatto sacrificato nel tentativo di riguadagnare il consenso degli insegnanti.
Probabilmente Berlinguer (e con lui D’Alema) sopravvalutarono la capacità del partito di “egemonizzare” la coalizione di sinistra, attraverso una vasta rete di alleanze con sindacati, enti locali e mondo della cultura, proponendosi al Paese come nuova classe dirigente, popolare e progressista. Berlinguer tentò con forte convinzione di inserire il mondo della scuola in questo più ampio disegno politico, con una visione del ruolo degli insegnanti di ispirazione neogramsciana. Ma l’esito delle elezioni del 2001, nettamente vinte dal Centro-destra a guida Berlusconi, dimostrarono che si trattò sì di un grande progetto, ma anche di una grande illusione.
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The death of Luigi Berlinguer, who attempted the great reform of the school
The news of the death of Luigi Berlinguer, who was education minister of the Second Republic in the Prodi and D’Alema governments (1996-2000), came suddenly, almost as a surprise, because few people knew about the seriousness of his illness, and above all because Berlinguer was actively present in the debate on school until the end with articles, interviews and the online magazine he founded “Education 2.0”.
Cousin of perhaps the most beloved leader of the PCI, Enrico Berlinguer, Luigi differed from him in his certainly more pragmatic vision of politics and of school politics itself, which led him to carry out sometimes unscrupulous operations in order to achieve concrete results. He was certainly a decision-maker with great vision and equally great ambition, the protagonist of a series of profound innovations in school systems which, if implemented, would have changed the history and face of Italian schools. But of his many reforms, only two survived, that of School parity and that of the final exam of upper secondary school (the “maturità”), while that of the school cycles failed (7 years of basic school and 5 of secondary school, reducing from 13 to 12 years of study before university), as that of school autonomy remained on paper, and equally failed the attempt to create a career for teachers by differentiating their salaries on a meritocratic basis.
This last operation, together with the refusal of the 7 years of basic school, which alarmed the teachers who feared the reduction of jobs, caused a huge spontaneous strike in February 2000 which surprised the unions (with whom Berlinguer had made an agreement ) and worried his party (DS, Democrats of the Left since 1998), due to the electoral backlashes in view of the 2001 elections. So Berlinguer was forced to resign: he was in fact sacrificed in the attempt to regain the consensus of the teachers.
Probably Berlinguer (and with him D’Alema) overestimated the party’s ability to “hegemonize” the left-wing coalition, through a vast network of alliances with trade unions, local authorities and the world of culture, proposing itself to the country as a new ruling class, popular and progressive. Berlinguer attempted with strong conviction to insert the world of school into this broader political plan, with a neo-Gramscian vision of the role of teachers. But the outcome of the 2001 elections, clearly won by the centre-right led by Berlusconi, demonstrated that it was indeed a great project, but also a great illusion.
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