Una bambina venne picchiata dal suo compagno di classe nel 2019, riscuotendo gran clamore mediatico. Ma a distanza di oltre 3 anni a finire sul banco degli imputati sono i familiari della vittima. Il motivo? Sono stati denunciati dalla famiglia del bimbo che picchiò la compagna per le continue accuse di bullismo a mezzo social.
Come racconta Il Corriere del Veneto, il violento litigio tra i due bimbi avvenne il 10 aprile 2019 e nei giorni successivi, in particolare tra il 13 e il 16 dello stesso mese, i parenti della piccola finita in ospedale avrebbero «offeso la reputazione» dei genitori del maschietto.
Nello specifico, riporta ancora il quotidiano, la madre del piccolo sarebbe stata definita dai familiari della bambina «la mamma del bullo», mentre il figlio sarebbe stato bollato come «un bullo che la tormenta e le dà un calcio nelle parti basse.. piccoli criminali crescono… ». La zia della bimba si sarebbe spinta oltre, qualificando su Facebook il piccolo «sto bimbominchia» e descrivendo i suoi genitori come «menefreghisti». Inoltre la zia scrisse che «prendere a calci e pugni una bambina è proprio voglia di fare del male»: la stessa parente, in un altro post pubblicato sui social, aggiunse che «il bambino ha mandato all’ospedale anche un altro compagno l’anno scorso» e che «non è stata nemmeno la prima volta». Anche la mamma della bambina si espresse on line con toni accusatori, pubblicando le foto della figlia ferita, rivelando che «ha incubi tutte le notti, non vuole più tornare a scuola» e aggiungendo che «quel bambino l’aveva presa di mira da tre anni».
I genitori del bambino, offesi dai continui insulti, decisero di denunciare i parenti della bambina, con la Procura che chiedeva l’archiviazione del caso ma il gip decise diversamente mandando a processo i familiari della giovane vittima per diffamazione aggravata sui social.
“per parlare di bullismo occorre che vi sia stata intenzionalità”, ha riferito Giuliana Guadagnini, nota esperta di interventi psicologici per la prevenzione e il contrasto del disagio scolastico e gestione delle emergenze per le scuole di Verona e provincia. Componente, quest’ultima, che parrebbe non esserci stata nel caso specifico.
I genitori dell’alunno, hanno spiegato come il figlio abbia all’epoca “risentito dell’esposizione mediatica, necessitando di assistenza psicologica»:ma la cosa più grave, per la coppia, è che sia stato «marchiato come bullo pur non essendolo”.