Altro che assenza di strutture statali con classi serali presenti nel territorio, come aveva affermato alcuni anni fa il Consiglio di Stato (sentenza n. 3627/2018), che aveva spianato, in quel modo, la strada ai TAR per legittimare la presenza di presunti studenti lavoratori in taluni istituti paritari.
Come spiegato nel dossier di Tuttoscuola “Il gran bazar dei diplomifici”, gli istituti paritari che si vedono respinta la richiesta di costituzione di classi collaterali oltre quella consentita per ogni indirizzo fanno ricorso quasi “automatico” adducendo la motivazione che si tratta di tutti studenti lavoratori, e ottengono regolarmente il via libera dal Tar (in questo modo apparentemente qualche USR “si salva la coscienza”, in quanto ha negato l’autorizzazione, ma poi “purtroppo” il Tar obbliga ad aprire le classi a moltitudini di studenti (tutti) lavoratori).
Il Consiglio di Stato, infatti, aveva censurato l’Amministrazione statale, in quanto “ha disatteso la circostanza che non è vietato accogliere nuove iscrizioni e costituire nuove classi specie se serali per studenti lavoratori in assenza di strutture statali presenti nel territorio”.
Ma dall’analisi capillare dei dati svolta da Tuttoscuola emerge una realtà ben diversa: la tesi dell’assenza di corsi serali per accogliere quegli studenti, che ha fatto saltare il tappo delle classi collaterali, letteralmente esplose negli anni, non regge: in tutta Italia ce ne sono ben 1.194, distribuiti in ogni provincia.
In Campania, regione al centro del mondo opaco dei diplomifici, ampiamente servita sia nei capoluoghi che in provincia da corsi serali aperti ai lavoratori, sono ben 149 i corsi serali funzionanti e certamente in grado di accogliere i propri studenti lavoratori.
Lasciando da parte per un momento i dubbi sul fatto che si tratti realmente di studenti lavoratori (risulta che né l’Avvocatura Generale dello Stato né l’Amministrazione scolastica chiedano mai di dimostrarlo, nonostante il susseguirsi da anni di sentenze sfavorevoli…), basterebbe questa diffusa presenza di corsi serali a dimostrare che le sentenze dei TAR sono fondate su presupposti inconsistenti. Ma c’è altro ancora.
Per favorire la frequenza dei lavoratori alle lezioni, il DPR 263/2012 (Regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell’assetto organizzativo didattico dei Centri d’istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali) prevede che nei corsi serali l’orario complessivo sia pari al 70% di quello previsto dai corrispondenti ordinamenti degli istituti tecnici e professionali con riferimento all’area di istruzione generale e alle singole aree di indirizzo.
In questo modo, ad esempio, le 32 ore settimanali di lezione previste in via ordinaria per un istituto tecnico, diventano 21 settimanali per gli studenti che frequentano corsi serali, pari a 3,5 ore e mezzo per sera.
Nonostante questa agevolazione, per quale ragione migliaia di sedicenti studenti lavoratori vanno comunque ad iscriversi in istituti scolastici lontani spesso centinaia di chilometri da casa, per di più pagando somme non indifferenti per l’iscrizione?
Una prima risposta è che si può dedurre che molti di quegli studenti non sono lavoratori.
Ma la vera ragione della scelta è anche un’altra: non hanno bisogno di riduzione d’orario, perché l’istituto che li ha accolti non chiede la frequenza (anche se sarebbe obbligatoria).
E offre anche sostegno per l’obiettivo del conseguimento assicurato del diploma.
L’agevolazione vera è tutta lì.
Per approfondimenti:
– Diplomifici: i cosiddetti studenti lavoratori potevano disporre di 1.200 corsi serali altrove
– Dossier Diplomifici: ecco il grimaldello giuridico che spalanca un portone al diploma facile
– Maturità, boom di diplomi facili. IL DOSSIER DI TUTTOSCUOLA
– IL GRAN BAZAR DEI DIPLOMIFICI. Seconda puntata dell’inchiesta di Tuttoscuola
– Diplomifici: un decalogo per metterli KO
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