di Chiara Daina
A circa mezzo milione di cittadini con malattie inguaribili servono ogni anno cure palliative . Obiettivo è garantirle soprattutto a domicilio, dove ci possa essere un caregiver. La rete dei 307 hospice
Sopportare il decorso di una malattia inguaribile con meno sofferenza e una migliore qualità di vita. È lo scopo delle cure palliative e della terapia del dolore, definite con la legge 38 del 2010, a cui hanno diritto le persone affette da una patologia che non dà speranza di guarigione, per cui non esistono cure efficaci ed è segnata da un inarrestabile peggioramento. L’assistenza palliativa accompagna il paziente e la sua famiglia fino alla fine della sua vita. Non è riservata soltanto alla fase terminale, ma può affiancarsi presto alle terapie per prevenire e attenuare i sintomi della malattia. Le cure palliative sono senz’altro un traguardo di civiltà e una garanzia di dignità nel momento più duro dell’esistenza. Possono essere erogate durante il ricovero in ospedale, nelle strutture residenziali per anziani e disabili, negli hospice, a livello ambulatoriale e a domicilio del paziente. «Nonostante i passi in avanti fatti negli ultimi anni in tutte le Regioni, o ccorre un investimento economico maggiore per rafforzare i servizi ambulatoriali, gli interventi nelle Rsa e le équipe a domicilio in modo da dare più sollievo alle persone nei luoghi in cui abitano e rendere al contempo più sostenibile il Servizio sanitario nazionale», spiega Luca Moroni, direttore dell’hospice di Abbiategrasso (Milano) e coordinatore per la Lombardia della Federazione cure palliative, che raggruppa 103 enti non profit di tutta Italia di cui il 40 per cento gestisce hospice e assistenza a casa e il resto si occupa del servizio.
Mancano le strutture
«Solo – prosegue – in caso di ostacoli logistici presenti nell’abitazione, di problemi organizzativi della famiglia e in mancanza di un caregiver h24 si ricorre all’hospice, che deve essere integrato in un percorso di cura che includa necessariamente anche gli altri nodi della rete a seconda delle esigenze del malato. Nel contesto della nuova riforma della sanità territoriale, che mira a fornire servizi più prossimi alle persone e in cui solo i casi acuti e gravemente instabili sono inviati in ospedale, la vera sfida è riuscire a modulare l’assistenza in base all’intensità del bisogno dell’assistito attraverso i diversi setting di cura e con l’indispensabile collaborazione di tutti i professionisti coinvolti, dal medico di medicina generale agli specialisti ospedalieri, operatori di rsa e del servizio domiciliare». I numeri parlano chiaro. «Il fabbisogno annuo di cure palliative nell’ultimo periodo di vita – aggiunge Moroni – è per 450-500mila soggetti, di cui il 40% con cancro e il resto con altre malattie cronico-degenerative. Eppure il 39% dei pazienti oncologici continua a morire in un letto di ospedale anziché in hospice o a casa propria circondato dagli affetti. In Lombardia quelli con malattie non oncologiche in carico ai servizi palliativi sono appena il 23% contro il 60% potenzialmente stimato».
La situazione in Italia
Gino Gobber, presidente della Società italiana di cure palliative (Sicp), con i dati alla mano, afferma: «Con i nuovi criteri fissati nel decreto 77 del 23 maggio 2022 del ministero della Salute, le Regioni dovranno dotarsi di 8 posti letto in hospice ogni 100mila abitanti. Sono ancora parecchio sotto lo standard di riferimento Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Umbria e Marche. Anche il Veneto, che però ha puntato molto sulla presa in carico domiciliare. Soddisfano già la soglia richiesta Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Basilicata. Sotto di poche unità le altre Regioni». In tutto il Paese, si legge nella rilevazione dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (che si è conclusa nel dicembre 2021 ed è quella più aggiornata), si contano al momento 307 hospice (la Regione che ne ha di più è la Lombardia: 73), di cui sette pediatrici, per un totale di oltre tremila posti letto. «Complessivamente in questo ambito non siamo messi male. Oggi il punto critico della rete – rimarca anche Gobber – restano i servizi palliativi a domicilio, ancora insufficienti rispetto alla domanda. La casa, dove c’è un caregiver, è il luogo di cura da privilegiare». Il DM 77 stabilisce un’unità di cure palliative domiciliari ogni 100mila abitanti. «È stata alzata l’asticella del fabbisogno, adesso è assolutamente prioritario reperire un numero adeguato di professionisti», conclude.
Il caso di Reggio Calabria
Anna Tiziano è vice direttrice dell’hospice Via delle stelle di Reggio Calabria e coordinatrice regionale della Sicp: «Rispetto a qualche anno fa la situazione è sicuramente migliorata. Gli hospice fino al 2018 erano due mentre adesso sono sei. Ma non bastano ancora. La città di Reggio Calabria, con oltre 180mila abitanti, ne ha appena uno e deve rispondere anche alle richieste di assistenza provenienti dalla provincia perché i due hospice che erano stati realizzati a Siderno e Melicucco non sono mai entrati in funzione e sono stati devastati dai vandali». Il bisogno di cure palliative è in crescita anche perché oggi c’è più consapevolezza nella società. «Grazie alle numerose campagne di informazione e sensibilizzazione – precisa Tiziano – si è diffusa la cultura di questo servizio e i cittadini sanno che ne hanno diritto. Serve uno sforzo maggiore da parte dei clinici. I medici palliativisti dovrebbero lavorare più in sinergia con gli oncologi durante i cicli di chemioterapia per gestire meglio il dolore e gli effetti collaterali».
10 settembre 2022 (modifica il 10 settembre 2022 | 18:54)
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, 2022-09-11 04:48:00, A circa mezzo milione di cittadini con malattie inguaribili servono ogni anno cure palliative . Obiettivo è garantirle soprattutto a domicilio, dove ci possa essere un caregiver. La rete dei 307 hospice , Chiara Daina