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La diagnosi del ministro Valditara, in sella da pochi mesi, è chiara: tra i principali punti critici del sistema scolastico, oltre al numero insufficiente dei docenti di sostegno e alla loro formazione specializzata, vi è “la discontinuità di rapporto tra alunno e insegnante, causata dai troppi cambi”.
Come, e quando, intende procedere? Non c’è stato tempo per inserire l’annunciata riforma del sostegno nella legge di bilancio 2023, ma, al contrario, in questo nuovo anno ogni occasione potrebbe essere valida per darvi avvio, a cominciare, ad esempio, dalla definizione della Ordinanza Ministeriale sulla mobilità dei docenti e dal decreto interministeriale degli organici di diritto del personale scolastico per il prossimo anno scolastico. Provvedimenti che vanno a toccare le due leve per cambiare le cose.
L’ordinanza sulla mobilità è stata definita in questi giorni (OM 36 dell’1.3.2023), mentre il decreto degli organici, da definire di concerto con il ministero dell’Economia e Finanze, è atteso tra circa un mese.
Con la prima sarebbe (stato) possibile regolare in modo diverso dal passato la presenza in continuità dei docenti di sostegno. Con il secondo sarà possibile incrementare il numero dei posti fissi in organico di diritto in sostituzione di quelli in deroga. Approfondiamo la questione di seguito.
Da sempre i docenti di ruolo in possesso della specifica specializzazione, assegnati ad una sede di sostegno come vincitori di concorso o per trasferimento da posto comune, hanno l’obbligo di prestare servizio per almeno un quinquennio nello specifico settore, ma, durante tale periodo, possono chiedere di trasferirsi in altra sede, anche in altra provincia continuando a prestare servizio a favore di alunni con disabilità.
Per molti di loro il trasferimento interprovinciale su posto di sostegno del Comune o della Provincia di residenza, una volta concluso il quinquennio sul sostegno, costituisce l’occasione facilitata per il trasferimento su posto comune, traguardo finale agognato per molti di loro.
Come si può capire, il diritto alla mobilità dei docenti di sostegno durante il quinquennio cozza con il diritto di continuità didattica a favore degli alunni con disabilità.
Tra le riforme della Buona Scuola (legge 107/2014) era stata prevista anche una delega per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità che prevedeva, tra l’altro, la “revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione”.
Due anni dopo, il decreto legislativo delegato, il n. 66/2017 (ministro dell’istruzione Valeria Fedeli), svuotava quell’obiettivo con una soluzione ambigua e impraticabile, forse in nome della pace sociale nella scuola dopo la “valanga Renzi”.
Con la nuova ordinanza della mobilità 2023-24, emanata la scorsa settimana, il ministro Valditara aveva la prima occasione per cambiare le cose. Si è intervenuti sul vincolo quinquennale, escludendo la possibilità di cambiare sede? No, tutto è rimasto come prima.
Ha rimandato ad altro momento o forse ha bisogno di una norma primaria che dia forza alla svolta?
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