Putin ha pronunciato il discorso più duro verso l’Occidente, in un clima esasperato in cui ha evocato la possibilità di usare ogni mezzo per difendere terre che “resteranno nostre per sempre”. Ora tocca agli Stati Uniti e all’Europa rispondere
Se un conto alla rovescia finisce, subito deve iniziarne un altro. Con Vladimir Putin è sempre stato così. Dopo i consueti venti minuti di ritardo, il presidente russo ha celebrato la propria festa personale dell’annessione facendo la cosa che gli riesce meglio.
Quando tutti lo giudicano con le spalle al muro, isolato, in difficoltà, lui alza la posta.
È un metodo che ha imparato negli anni di gioventù di San Pietroburgo. La Communalka dove viveva era un edificio infestato dai topi. Lui e i suoi amici li inseguivano nel cortile con i bastoni. Un giorno, un grosso ratto che lui era riuscito a intrappolare, reagì attaccandolo con rabbia, facendogli prendere quello che considera ancora oggi lo spavento più grande della sua vita. «Nessuno deve essere messo all’angolo» ripete sempre accompagnando il racconto di quel lontano episodio. «Nessuno deve essere portato fino al punto di non avere più vie d’uscita». Perché diventa ancora più cattivo, e pericoloso.
Come lo è stato il discorso iniziato oggi con parole che potevano suonare surreali a orecchie profane. «Sono sicuro che la decisione di far entrare le repubbliche di Donetsk e Lugansk, delle regioni di Zaporozhie e Kherson sarà sostenuta da tutti perché è la volontà di milioni di persone…». Ma non è mai la verità, o il fact checking quel che conta nei discorsi del presidente russo. È solo il senso vero e proprio del messaggio ad avere importanza, il resto sono solo inutili orpelli.
A cominciare dalle sue analisi storiche, sempre uguali a sé stesse e alle sue ossessioni personali, come il giudizio sulla fine dell’Urss come più grande tragedia della storia, questa volta utilizzato per giustificare l’annessione delle quattro nuove repubbliche in territorio ucraino. «L’Unione Sovietica non c’è più. E non la si può far ritornare. La Russia non ha bisogno di una rinascita dell’Urss, non aspiriamo a questo. Ma non c’è nulla di più forte della determinazione della gente di ritornare nella propria autentica Patria».
L’unica cosa che conta è il suo continuo giocare con il fuoco, arrivando a dichiarare proprie terre non ancora sotto il controllo russo, anzi.
Ogni volta si ricade nell’illusione di un Putin che trae conseguenze da segnali evidenti.
Invece, anche oggi ha ribaltato il tavolo.
Gli inviti a smetterla giunti dall’India e in maniera più velata dalla Cina al vertice di Samarcanda , le perplessità degli alleati fedelissimi Kadyrov e Lukashenko, l’esodo dei suoi compatrioti che rischiano l’arruolamento e non hanno alcuna intenzione di morire per Kherson? Sono tutte cose vere, non propaganda antirussa. Ma Putin ha fatto come se non esistessero.
Il ragazzo di San Pietroburgo che è in lui ha reagito come il topo.
E ha pronunciato il discorso più duro verso gli Stati Uniti e l’Occidente degli ultimi vent’anni.
La celebre orazione tenuta a Monaco nel 2007, che decretò il ripudio teorico del mondo bipolare che fino a quel momento lui aveva sempre accettato, in confronto è acqua fresca. È accademia, mentre invece quella di oggi è una sfida da bar.
«L’Occidente vuole continuare a depredare il mondo con l’aiuto del diktat del dollaro e servirsi della rendita che deriva dalla sua egemonia. Di qui la sua aggressione verso le culture autonome e i valori tradizionali, di qui i tentativi di silurare i nuovi centri di sviluppo. Per loro è importante che le autorità dei Paesi cedano la propria sovranità. Gli Stati dissenzienti vengono spezzati, restano zone di calamità ed enclave terroristiche. Proprio nella cupidigia stanno le cause della guerra ibrida che l’Occidente sta conducendo contro la Russia. Ci vogliono vedere schiavi, la nostra cultura per loro è pericolosa perciò la vogliono abolire. Non gli serve per niente la Russia. Ma la Russia serve a noi, a noi, a noi».
Il suo discorso era composto da 26 capoversi, la metà esatta cominciava con «Gli Usa», come se fosse una richiesta di condanna in tribunale, e poi mutava in un attacco agli «anglo-sassoni», per via delle necessità di insultare anche il Regno Unito, reo per altro di non averlo invitato alle esequie della Regina Elisabetta, decisione che pare lo abbia molto irritato, come ogni occasione in cui si sente sminuito nella sua importanza.
«Cos’è se non razzismo la convinzione dell’occidente che il modello neoliberale sia migliore degli altri? Gli Usa misero in atto il genocidio degli indiani in America, della popolazione in India e in altre colonie. Per le terre e le risorse fecero la caccia all’uomo. Ciò è contrario alla stessa natura umana… E noi siamo fieri che proprio nel nostro paese è sorto il movimento anticoloniale… Più volte l’Occidente ha cercato di indebolire la Russia ma è riuscito a mettere mano sulle nostre ricchezze solo alla fine del XX secolo, quando dal nostro Paese sono stati pompati via migliaia di miliardi di dollari benché ci chiamassero amici».
Non sono mancati riferimenti al «satanismo imperante negli Usa» con la consueta omofobia: «Vogliamo anche noi un genitore uno e un genitore numero due invece di una mamma e di un papà?».
L’Ucraina non è stata citata neppure una volta, ma non è una novità.
L’obiettivo era un solo, terrorizzare l’Occidente, fare la voce grossa, dimostrando di essere pronto a tutto, anche all’indicibile.
«Gli Usa sono l’unico Paese al mondo ad aver adoperato due volte l’arma nucleare. Creando, a proposito, un precedente…».
Non è una frase buttata a caso, Putin non va quasi mai a braccio. Minaccia, e semina sale sulle ferite altrui, cerca di dividere.
«Gli anglosassoni chiedono sempre più sanzioni contro la Russia, e i politici europei accettano obbedienti, anche se questo processo porterà alla completa deindustrializzazione dell’Europa. Questo significa tradire il proprio popolo. Sono abituati ad annegare la verità in un mare di bugie, a mentire come faceva Goebbels. Ma la gente non può essere nutrita con carte di credito in dollari ed euro e riscaldata con le capitalizzazioni gonfiate dalle società energetiche. Ci vogliono gli idrocarburi, che noi abbiamo. Perciò i politici in Europa sono costretti a persuadere la gente a lavarsi di meno e a vestirsi più pesante. I dissidenti vengono tacitati, e di tutto s’incolpa la Russia».
Putin ha concluso citando il suo filosofo preferito, Ivan Ilyin: «E se considero mia Patria la Russia ciò significa che amo alla russa, contemplo e penso, canto e parlo russo, che credo nelle forze spirituali del popolo russo e accetto il suo destino storico con il mio istinto e la mia volontà. Il suo spirito è mio, la sua sorte è mia, le sue sofferenze sono il mio dolore, la sua fioritura è la mia gioia. Alle nostre spalle c’è la Russia!».
L’ovazione della nomenklatura presente al gran completo è stata ancora più scontata di alcune parti del suo discorso. Il conto alla rovescia per l’annessione, scandito dagli orologi luminosi di Mosca e dalle televisioni, si è concluso.
Comincia una nuova fase.
Putin promette che sarà lunga e definitiva. Ma è dal 24 febbraio che lo ripete. All’Occidente il compito di rispondere all’ennesimo rilancio dello zar.
30 settembre 2022 (modifica il 30 settembre 2022 | 22:17)
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, 2022-09-30 20:39:00, Putin ha pronunciato il discorso più duro verso l’Occidente, in un clima esasperato in cui ha evocato la possibilità di usare ogni mezzo per difendere terre che “resteranno nostre per sempre”. Ora tocca agli Stati Uniti e all’Europa rispondere, Marco Imarisio