Docente neoassunto licenziato dal Dirigente, non aveva superato anno di prova. I motivi del ricorso e cosa hanno detto i giudici

Docente neoassunto licenziato dal Dirigente, non aveva superato anno di prova. I motivi del ricorso e cosa hanno detto i giudici

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Un docente aveva impugnato il decreto emesso dal Dirigente scolastico di risoluzione con effetto immediato del contratto di lavoro a tempo indeterminato che aveva richiamato il dPR n. 487 del 1994, nella parte in cui recita: “Non possono accedere agli impieghi coloro che siano esclusi dall’elettorato politico attivo, nonché coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero siano stati dichiarati decaduti da un impiego statale”. Si pronuncia con sentenza la Cassazione Civile n° 22466/2023

Il fatto

Il rapporto di lavoro in esame veniva risolto in quanto contestualmente alla accettazione  del nuovo contratto di lavoro da insegnante interveniva un decreto di risoluzione, di un precedente rapporto di lavoro per mancato superamento della prova.  L’art. 2 del dPR n. 487 del 1994, al comma 3, prevede che “Non possono accedere agli impieghi (…) coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento (…)“. Il comma 7 precisa che “I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione”. Il giudice della Corte d’Appello, erroneamente, nel caso in commento, ha sovrapposto due fattispecie distinte: da un lato la dispensa per persistente insufficiente rendimento, dall’altro il mancato superamento del periodo di prova. E pertanto il ricorrente agiva in Cassazione che ne accoglieva il motivo sul punto nei modi che ora vediamo.

La norma

L’art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001 dispone che “in materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli artt. 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti“. E l’art. 17 della richiamata fonte normativa (Assunzioni in servizio), al comma 1, prevede che i candidati dichiarati vincitori sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori, e che la durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste e sarà definita in sede di contrattazione collettiva, i provvedimenti di nomina in prova sono immediatamente esecutivi. Dunque, afferma la Corte romana, il periodo di prova e le conseguenze del mancato superamento della prova da parte del docente sono disciplinate dall’art. 438 e 439 del d.lgs. n. 297 del 1994. Quest’ultima disposizione prevede che “In caso di esito sfavorevole della prova, il provveditore agli studi (…) provvede: alla dispensa dal servizio o, se il personale proviene da altro ruolo docente o direttivo, alla restituzione al ruolo di provenienza, nel quale il personale interessato assume la posizione giuridica ed economica che gli sarebbe derivata dalla permanenza nel ruolo stesso; ovvero, a concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione. La risoluzione per mancato superamento del periodo di prova pur potendo riferirsi alla più ampia nozione di dispensa dal servizio si distingue dagli istituti di cui all’art. 512 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994: dispensa dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento .

Tre distinte fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro per dispensa del servizio

La Corte, con riguardo alla disciplina della dispensa del servizio di cui all’art. 512 cit. (Cass. n. 6742 del 2022), ha precisato la sussistenza di tre distinte fattispecie di risoluzione del rapporto che, seppure accomunate dall’essere tutte riconducibili al suddetto istituto, non sono sovrapponibili quanto alle cause che legittimano l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione scolastica.

  1. L’inidoneità fisica, infatti, presuppone l’impossibilità, assoluta o relativa, allo svolgimento delle mansioni, derivante dalle condizioni di salute psico-fisica dell’impiegato.
  2. L’incapacità didattica, che rende il docente non idoneo alla funzione, consiste nell’inettitudine assoluta e permanente a svolgere le mansioni inerenti l’insegnamento, inettitudine che deriva da deficienze obiettive, comportamentali, intellettive o culturali, che solo come conseguenza inducono prestazioni insoddisfacenti.
  3. Lo scarso rendimento, infine, si configura qualora quello stesso effetto venga prodotto, non da un’oggettiva assenza di capacità, bensì da insufficiente impegno o dalla violazione dei doveri di ufficio.

Dunque, rileva giustamente la Cassazione, la dispensa dal servizio di cui all’art. 512 del d.lgs. n.297 del 1994 ha una propria tipizzazione legale quanto alle fattispecie che vi danno corso, mentre il periodo di prova è diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiesta e le condizioni di svolgimento del rapporto (si v., Cass., n. 26669 del 2018), e il mancato superamento dello stesso esaurisce i suoi effetti nel recesso del datore di lavoro dal rapporto contrattuale cui accede. Pertanto, conclude la Cassazione, erroneamente la Corte d’Appello ha fatto ricadere sul nuovo rapporto di lavoro instaurato tra il ricorrente e il MIUR gli effetti risolutori del mancato superamento del periodo di prova che già si erano consumati con riguardo al rapporto di lavoro nel cui veniva esperito.

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