Docenti che si spostano tra scuole, plessi e comuni diversi: il tempo impiegato rientra nellattività lavorativa vera e propria?

Docenti che si spostano tra scuole, plessi e comuni diversi: il tempo impiegato rientra nellattività lavorativa vera e propria?

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Vero è che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha minori competenze del Ministero dell’Istruzione e del Merito sui lavoratori (variegati) del mondo della scuola, ma è altrettanto vero che il tema trattato dal Ministero del Lavoro nell’Interpello n. 13 del 02-04-2010 è di una rilevanza così stratosferica che almeno un’attenzione andrebbe, comunque, prestata. Anche e comunque con attenzione al Decreto Legislativo 23 aprile 2004, n. 124 “Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30” che è pur sempre una legge dello Stato Italiani. Non troveremo immediate soluzioni e applicazioni nell’interpello proposto alle tante questioni che attengono ai lavoratori del mondo della scuola ma certamente suggeriremo percorsi da seguire anche nel mondo della scuola. Mondo nel quale, purtroppo, numerosissimi docenti sono costretti a far la spola tra istituti diversi e comuni diversi talvolta, senza alcuna attenzione da parte dei datori di lavoro che dovrebbero, almeno, garantire un dignitoso orario di servizio. Dignitoso e rispettoso dei lavoratori. Oltre che, lasciatemelo dire, rispetto nell’organizzazione oraria e alle responsabilità che comunque restano in capo alla pubblica amministrazione per il tragitto di spostamento del docente o del personale ATA o ausiliario da casa a scuola e viceversa, ma anche da una scuola all’altra scuola, più gravemente se di comuni diversi.

La disciplina dell’orario di lavoro contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003

La disciplina dell’orario di lavoro contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003, come modificato dal D.L. n. 112 (conv. da L. n. 133/2008) il quale, nel riprendere la definizione dettata dalla Direttiva 1993/104/CE, stabilisce all’art. 1, comma 2, lett. a) che per orario di lavoro deve intendersi “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

Il D.Lgs. n. 66/2003 e la “messa a disposizione”

La circ. n. 8/2005 del Ministero del lavoro sottolinea che la formulazione adottata dal D.Lgs. n. 66/2003 nel definire l’orario di lavoro risulta ampliarne la portata applicativa rispetto alla precedente normativa contenuta nel R.D. n. 1955/1923 che si basava sul concetto di “lavoro effettivo”. La nuova disciplina, infatti, ha spostato l’accento sulla “messa a disposizione”, in linea con l’interpretazione fornita della Corte di Giustizia Europea nella sentenza del 9 settembre 2003, la quale ha ritenuto compresi nell’orario di lavoro i periodi in cui i lavoratori “sono obbligati ad essere fisicamente presenti sul luogo indicato dal datore di lavoro e a tenersi a disposizione di quest’ultimo per poter fornire immediatamente la loro opera in caso di necessità”.

Il tempo impiegato dal lavoratore per recarsi sul posto di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria

Il ministero del Lavoro ricorda sia la previsione normativa contenuta nell’art. 8 del D.Lgs. n. 66/2003 – secondo cui il tempo impiegato dal lavoratore per recarsi sul posto di lavoro deve ritenersi escluso dal concetto di orario di lavoro – sia quella giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. lav., n. 5775 del 11 aprile 2003 e Cass., sez. lav., n. 5701 del 22 marzo 2004) secondo cui “il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria – e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario – allorché sia funzionale rispetto alla prestazione” la quale al contempo ha spiegato che “sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa”.

Garantire una flessibilità dell’orario su base giornaliera

Pur rientrando nelle competenze “esclusive” del dirigente scolastico, l’organizzazione dell’orario di servizio di un lavoratore non può non tenere conto della circostanza che lo stesso potrebbe essere impegnato (per lo stesso numero di ore, ad esempio) su plessi diversi della stessa scuola, su Istituti diversi e, peggio ancora, su istituti diversi e di diversi comuni. A tal proposito si ripropone quanto recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, sez. lavoro, con sentenza n. 17511 del 27 luglio 2010. Per la Corte di Cassazione, nel caso in cui lo spostamento sia funzionale alla prestazione, necessiterà tenerne conto ai fini della determinazione dello stipendio. “Non solo, scrive l’Avv. Francesco Orecchioni, ma tale prestazione dovrà essere qualificata come lavoro a tutti gli effetti, anche in relazione ai limiti di durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro imposti dall’art. 2107 del Codice civile”. E continua l’Avv. Francesco Orecchioni “Il principio, ribadito dai giudici di legittimità, pur non riferendosi specificamente al comparto scuola, può avere risvolti pratici molto importanti. Si pensi al caso di scuole articolate su più succursali, sedi staccate, oppure al docente (precario o di ruolo) con cattedra orario esterna. In questi casi, qualora il dipendente dovrà recarsi da una scuola all’altra (magari nell’ambito della stessa giornata), potrà legittimamente pretendere che il tempo di spostamento venga considerato a tutti gli effetti quale prestazione lavorativa”. È, dunque, non solo corretto umanamente e deontologicamente (poi siamo nel mondo della scuola ed è necessario, quantomeno, mostrare attenzione agli altri: quell’altro che è spesso oggetto di discussioni interminabili a prova dell’impegno sul fronte dell’inclusione) ma anche professionalmente assicurare ai docenti su più istituti o su comuni diversi un’organizzazione oraria rispettosa della funzione di docente. Che non è poca cosa e non è neppure irrilevante culturalmente.

La cultura del lavoro prima di tutto

A scuola insegniamo la cultura del lavoro, la cultura del rispetto e la cultura dell’uguaglianza. Ecco come dimostrare che non facciamo solo discussioni inutili. Nella mia esperienza professionale ho sempre incontrato dirigenti scolastici illuminati e, anche quest’anno, posso con tutta sincerità dire che nelle scuole ove insegno c’è un grande rispetto dei lavoratori e i dirigenti scolastici sono particolarmente attenti ai lavoratori che insegnano su più istituti. Facciamo sì che questa buona pratica non sia solo di poche scuole. Esportiamola e facciamola nostra.

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