Gli stipendi degli insegnanti sono bassi. I fatti parlano chiaramente. Su come aumentarli, invece, le certezze cadono. Tanto da far virare strategie e programmi, in soli 90 giorni, anche al nuovo ministro dell’Istruzione: a fine ottobre, il professore Giuseppe Valditara era approdato al dicastero di Viale Trastevere spiegando che “aver coniugato Istruzione e merito è un messaggio politico chiaro“; qualche giorno dopo ha rassicurato i sindacati annunciando di volere fare la sua “parte, anche in sede di Legge di Bilancio, per dare un segnale concreto ai temi avvertiti come prioritari dagli operatori del mondo della scuola, compreso il tema delle retribuzioni e quello della valorizzazione”.
Gli stipendi differenziati in base alle spese
Messo al sicuro il rinnovo contrattuale 2019/21, senza però avere ottenuto dall’ex Finanziaria risorse utili per il triennio successivo, preso atto che la strada degli incrementi stipendiali legati al merito (figlia del dl 36, poi Legge 79/22) è oggettivamente lunga e osteggiata dalla maggiora parte di lavoratori, il ministro leghista col nuovo anno ha deciso di trovare strade alternative a quella, legislativa, che porterà gli aumenti promessi ben oltre la fine della legislatura. E ad appena il 4% del corpo docente. Per questo ha cambiato registro: in visita a Davos, Valditara ha “lanciato l’idea di un incontro tra ministri dell’Istruzione e delle Finanze per trovare forme nuove di finanziamento alla scuola”, anche attraverso privati. Un invito generalizzato, internazionale, che però a più di qualcuno è sembrato anche un messaggio a chi di dovere per trovare risorse al comparto italiano dell’Istruzione, “sacrificato” dal Governo Meloni per evitare danni all’economia nazionale soffocata da un’inflazione galoppante.
Tanto che il concetto è stato ripetuto, in modo più chiaro, un paio di giorni dopo: il 26 gennaio, intervenendo alla piattaforma di dialogo promossa da PwC e gruppo Gedi Italia 2023: persone, lavoro, impresa, il ministro leghista si è detto d’accordo per una possibile differenziazione degli stipendi dei docenti, auspicando “nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”, perché “chi vive e lavora in una regione d’Italia in cui più alto è il costo della vita potrebbe guadagnare di più”.
Le proteste sindacali
Le parole di Valditara hanno prodotto una valanga di proteste, ad iniziare dal fronte sindacale, da sempre contrario a differenziazioni stipendiali.
Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, è stato tra i primi a criticare la proposta, perché farebbe tornare, ha detto, “a una differenziazione di gabbie salariali come c’era 50 anni fa sarebbe una follia” e perché “il nostro Paese è già abbastanza diviso: non ha bisogno di aumentare le divisioni”.
Anche per Ivana Barbacci, numero uno Cisl scuola, “il sistema di istruzione deve rimanere nazionale ma le Regioni, già oggi, possono sostenere le scuole fornendo incentivi in termini di personale e di progetti per incrementare l’offerta formativa”.
Per Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “la scuola ha bisogno di ulteriori risorse e su questo siamo d’accordo col ministro Valditara. Ma le risorse In primo luogo devono essere trovate dal Governo per allineare gli stipendi di tutti i lavoratori almeno all’inflazione, cresciuta di 8,4 punti solo l’anno scorso e con un altro -6% atteso a fine 2023, contro la quale è stata adottata solo una mini-indennità di vacanza contrattuale. Poi devono essere trovate altre risorse per ristorare tutti coloro che lavorano lontano dal proprio domicilio, dando loro indennità specifiche per la trasferta”.
Più possibilisti i presidi di Anp che, anzi, plaudono all’idea: il presidente di Anp nazionale, Antonello Giannelli, intravede nelle parole di Valditara l’avvio di un percorso che potrebbe portare ad “un consistente sgravio fiscale che consentirebbe alle aziende di respirare e al tempo stesso drenare parte delle risorse attualmente destinate all’erario dandole direttamente all’amministrazione scolastica”,
“No” anche dall’opposizione politica
L’opposizione politica, a differenza dei presidi, non ci sta: il Partito democratico parla di “visione antimeridionalista” del ministro, di “accanimento contro il sud”, di proposta “inaccettabile, che spacca l’Italia” con uno “spirito divisivo, pericoloso”.
In effetti, a percepire stipendi più bassi, secondo la logica del costo della vita proporzionale ai compensi, sarebbero i docenti e Ata del Meridione: secondo il M5s quella indicata dal professore Giuseppe Valditara “è la scuola delle diseguaglianze”.
Anche Azione si oppone alle parole del ministro dell’Istruzione definendole “un cumulo di sciocchezze”. Carlo Calenda, leader del partito, ha detto quello che sulla scuola pensa “da sempre, perché è il nostro programma: nelle aree più difficili del Paese non solo bisogna mandare gli insegnanti migliori, ma bisogna anche pagarli meglio”.
In quei territori, ha aggiunto Calenda, vi sono “aree di crisi sociale complessa, dove ci deve essere il tempo pieno, dove gli insegnanti vanno mandati. Dopodiché una differenza tra un insegnante che percepisce 1.200-1.300 euro e vive a Milano e uno che li percepisce in un’altra Regione che ha un costo della vita inferiore oggettivamente c’è”.
Ma secondo il leader di Azione, “la priorità è il tempo pieno e soprattutto il fatto che si identifichino quelle zone d’Italia dove il livello culturale e di istruzione delle persone condanna i bambini e i ragazzi all’infelicità prima di tutto, oltre che alla disoccupazione. E lì bisogna intervenire mandando gli insegnanti migliori e pagandoli di più”, ha concluso il leader di Azione.
Per il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, “siamo di fronte ad un disegno sempre più pericoloso della destra al governo, a cui è arrivato il momento che le opposizioni comincino a dare una risposta forte ed unitaria”.
Ancora più drastico è stato Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria nazionale del Pd, che considera quella di Valditara “una proposta sbagliata e quasi provocatoria. Abbiamo bisogno di investire sulla scuola, di pagare di più i nostri insegnanti”.
“Come ha detto oggi il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, si tratta di pagare di più gli insegnanti di frontiera che vanno a lavorare nelle scuole più difficili, ma quelle ci sono al Nord come al Sud”. La reintroduzione delle gabbie salariali nel mondo scolastico, secondo Cuperlo, “è l’anticamera di quello che questa destra vorrebbe fare a livello nazionale per altre categorie, ma è una capriola nel passato alla quale ci opporremo senza se e senza ma”.
I Verdi, attraverso Angelo Bonelli, parlano senza mezzi termini di proposta “razzista e discriminatoria”.
Le precisazioni
Valditara, nel corso della giornata ha sentito il dovere di precisare: “non è mai stato messo in discussione – ha spiegato – il contratto nazionale del mondo della scuola”, perché, ha assicurato, non ha “mai parlato di compensi diversi fra Nord e Sud“, ma solo “riportato una problematica sollevata da alcune regioni riguardo il differente costo della vita nelle diverse città italiane. Insieme con sindacati e Regioni si ragionerà anche di questo aspetto, per cercare soluzioni adeguate”.
L’alzata di scudi contro l’ipotesi di differenziare i compensi di chi insegna ha quindi costretto Valditara a limitare in partenza l’azione della proposta.
A questo punto, è sembrato dire il Ministro, alla luce dei tanti ‘no’ all’idea dell’incremento stipendiale legato all’oggettivo costo della vita, se ne riparlerà con sindacati ed enti locali: è con loro che si cercherà di capire come raggiungere l’obiettivo di aumentare gli stipendi dei docenti e Ata italiani. Con un problema non indifferente: le risorse per farlo scarseggiano come non mai.