Domenico De Masi ci ha lasciati: il sociologo molisano, docente emerito di Sociologia del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, dove è stato preside della facoltà di Scienze della Comunicazione, solo 20 giorni fa aveva scoperto di soffrire di una malattia invasiva. Aveva 85 anni, gli ultimi dei quali passati a combattere diverse battaglie del M5s.
De Masi era nato a Rotello ed ha insegnato a lungo Sociologia del lavoro e delle organizzazioni, studiando a fondo la società post industriale: volto noto della televisione nazionale, una delle sue idee per le quali si è sempre battuto era quella di non schiavizzare mai l’uomo per il lavoro e di allargare il diritto alla libertà personale. Non a caso, durante la pandemia da Covid ha più volte ricordato l’importante dello smart working.
Ha scritto decine di libri, tra i quali Il lavoro nel XXI secolo, Ozio Creativo, Lavorare gratis, lavorare tutti, Perché il futuro è dei disoccupati, Mappa mundi: modelli di vita per una società senza orientamento.
Decisiva, per la sua formazione, la visita a Parigi, dopo la laurea, dove ha conseguito il dottorato in Sociologia del lavoro, con Alain Touraine docente. Fondamentale anche l’incontro con Adriano Olivetti.
La carriera accademica prende il via a Napoli, dove diventa assistente di Sociologia all’Università Federico II.
Tra le sue ultime pubblicazioni, La felicità negata, Lo Stato necessario e Smart working, La rivoluzione del lavoro intelligente.
Ha fondato tra l’altro la S3.Studium, la scuola triennale di specializzazione post laurea in scienze organizzative, e la Sit, Società Italiana Telelavoro.
Molto sentite le parole del M5s: “Dall’ozio creativo al lavoro agile. Con Domenico De Masi – scrivono i “grillini” – ci lascia un fine intellettuale, precursore dei tempi con le sue teorie innovative e difensore dei diritti sociali e civili. Da preside della Facoltà di Sociologia della Comunicazione de “La Sapienza” aveva dimostrato di essere sempre dalla parte dei più deboli e dei giovani, il suo chiodo fisso. Le nostre condoglianze alla famiglia e alla comunità di Ravello, comune che aveva apprezzato negli anni il suo attivismo culturale e il suo impegno sociale”.
Uno dei suoi leitmotiv è stato “l’ozio creativo” da lui definito come “unione di lavoro con cui produciamo ricchezza, di studio con cui produciamo sapere e di gioco con cui produciamo allegria”.
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