l’intervista Mezzogiorno, 10 agosto 2022 – 08:09 Il sociologo: «I dem si sono trasformati in difensori dell’agenda Draghi, il burattinaio delle privatizzazioni» di Gimmo Cuomo Lunedì ha partecipato alla presentazione del suo ultimo libro, La felicità negata , edito da Einaudi, organizzata nella sua Ravello dalla direzione dell’hotel Caruso Belmond. «Gli incontri con gli scrittori — sottolinea il sociologo Domenico De Masi, cittadino onorario del piccolo ed esclusivo centro turistico della Costiera amalfitana — rappresentano una significativa apertura al territorio da parte di un bellissimo albergo che fa parte di una grande catena internazionale. Una volta se ne occupava la Fondazione Ravello…». Professore, la tesi principale del libro è: la nostra società non è felice perché non c’è distribuzione equa della ricchezza, del potere, del sapere, delle opportunità. Giusto? «Parto dall’idea che rispetto ai nostri antenati, sia gli uomini, ma soprattutto le donne, si trovino oggi in condizioni obiettivamente migliori dei loro nonni. C’è maggiore istruzione, aumenta del 3 per cento annuo la ricchezza del pianeta, per non parlare dello sviluppo e della diffusione delle tecnologie, dei nuovi farmaci, delle possibilità terapeutiche. Mi sono allora chiesto perché anche in un paradiso come la Costiera non si fosse felici. Io credo che tra una visione socialdemocratica, che puntava sulla maggiore eguaglianza, e quella neoliberista, che insisteva sulla concorrenza spietata, sul consumismo sfrenato, sul profitto anche a costo di generare precarietà diffusa, abbia prevalso la seconda. La vera battaglia oggi non è più tra sinistra e destra, ma tra socialdemocrazia e neoliberismo». In questo contesto la società meridionale è messa meglio o peggio rispetto al resto dell’Italia? «La felicità dipende da tanti fattori. In realtà, la politica economica non rende felici, ma dovrebbe assicurare le basi della felicità. E certamente chi si trova in condizioni disagiate, senza un lavoro, senza tutele, non può essere felice». Ha parlato di potere mal distribuito. Chi sono i veri potenti in Italia? «Ci sono élite formali ed élite informali. Alla prima categoria appartengono i ministri, il presidente della Repubblica, ma anche un governatore come De Luca, che, come sappiamo, concentra nelle proprie mani un potere molto vasto. Nella seconda categoria, troviamo invece i cantanti, i calciatori, gli chef. E pure i soggetti della comunicazione». Tra meno di due mesi si andrà alle urne. Quale forza politica può rappresentare il farmaco per riconquistare, almeno in parte, la felicità? «Le propongo una constatazione poco lusinghiera. Alle prime elezioni repubblicane, del 1948, stravinte dalla Democrazia cristiana, parteciparono tre grandi forze di sinistra: il Pci di Togliatti, il Psi di Nenni e il Psdi di Saragat. La destra, con buona pace dei pochi monarchici e del Msi di Almirante, era praticamente assente. Il 25 settembre prossimo ci saranno in campo tre forti partiti di destra e nessuno di sinistra». Se non il Pd, nemmeno Fratoianni, i Verdi e le altre formazioni che si richiamano al comunismo sono di sinistra? «Tutti insieme raggiungono sì e no il 4 per cento, sono inesistenti come erano inesistenti le formazioni di destra nel ‘48. Il Pd è diventato neoliberista. Chi sono stati i più accesi sostenitori dell’agenda Draghi? I democrat, difensori di un’agenda fatta da un liberale. Draghi, da segretario generale del Tesoro, è stato il burattinaio delle privatizzazioni che, peraltro, ha fatto fare alla sinistra: 2 governi D’Alema, quello di Amato e quello di Prodi». Voterà allora per il M5s? «Alle ultime ho votato per Sinistra italiana. Ora sono rimasto orfano perché Fratoianni non ha avuto alcuna remora ad allearsi con Calenda che poi lo ha ripudiato. Chi è di sinistra si sente orfano perché l’operazione di Letta è non dico di destra ma centrista. Ho già scritto che sarebbe stata più coerente l’alleanza del M5s con Bersani e Fratoianni. Il Movimento è stato l’unica forza politica a fare proposte di sinistra: i bonus, il reddito di cittadinanza, il decreto dignità, la riduzione dell’0rario di lavoro, il salario minimo». Perché il Movimento 5 stelle a Napoli è accreditato di un risultato doppio rispetto alla media nazionale? «Credo che un ruolo importante l’abbia avuto Di Maio che ha subito l’assalto frontale di De Luca. È stato l’artefice principale del reddito di cittadinanza. Il fatto che di essere antipatico a De Luca lo ha reso simpatico a chi non ama il governatore». Che prospettive ha ora Di Maio? «Ha commesso un grave errore: non restare con Conte. Avrebbe avuto tutto da guadagnare da un accordo. Insieme avrebbero avuto in mano in mano un partito potenzialmente del 20 per cento. Nel mio piccolo ho fatto di tutto affinché andassero d’accordo. Sarebbero stati una coppia strepitosa come De Gasperi e Fanfani o come Togliatti e Pajetta». Ha avuto un’offerta di candidatura dal M5s? «Un grande storico dei Borbone, sir Harold Acton, diceva che esistono tre cose per le quali vale la pena di vivere: girare l’Italia con la persona amata, cenare in sei con gli amici e scrivere un libro. Siccome ho la fortuna di farle tutte e tre, avendo 84 anni commetterei un errore enorme a gettarmi in politica. Sono pur sempre di cultura napoletana e il teorico dell’ozio creativo». La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 10 agosto 2022 | 08:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-08-10 06:10:00, Il sociologo: «I dem si sono trasformati in difensori dell’agenda Draghi, il burattinaio delle privatizzazioni»,