Donald Sassoon: «Da Putin un erroremilitare e politico. Mosca pagherà caro»

Donald Sassoon: «Da Putin un erroremilitare e politico. Mosca pagherà caro»

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di Luigi IppolitoLo storico inglese: la strategia dell’invasione russa puntava a trasformare l’Ucraina in un Paese alleato. Invece sta rafforzando il suo nazionalismo Profondo conoscitore dell’Italia — parla perfettamente la nostra lingua — Donald Sassoon è uno degli storici britannici più in vista usciti dalla scuola di Eric Hobsbawm. E la sua casa di Islington si apre sempre volentieri alla conversazione. In Ucraina si comincia a parlare di genocidio. «La parola genocidio è abusata. Il termine originale, nella Seconda guerra mondiale, indicava il tentativo di eliminare un popolo intero. Qui assistiamo a eccidi, orrori, ma parlare di genocidio non mi sembra valido, nel senso di metterlo sullo stesso piano del genocidio degli ebrei, degli armeni, dei rom. In tutte le guerre ci sono dei massacri orribili: ma uno dovrebbe dimostrare che nella sua follia completa Putin abbia l’intenzione di ammazzare tutti gli ucraini». È tuttavia sconvolgente vedere cosa stanno facendo le truppe russe. «Sì, ma l’hanno fatto già in Cecenia e in Siria. Nelle guerre moderne ci sono massacri orribili e sono massacri di civili: uno dei molti motivi per essere contro questo conflitto è che non è come la Prima guerra mondiale, quando erano tutti in trincea e si sparavano fra soldati. Nelle guerre moderne le vittime principali sono i civili, come lo era nel Medioevo: quando allora si scontravano due eserciti, devastavano i campi e moriva più gente di fame che non uccisa dai soldati». Come finirà? «Per battere la Cecenia i russi ci hanno messo anni: ed erano solo un milione e mezzo di abitanti, di cui la metà filo-russi. Questa guerra potrebbe durare anni e questo ci mette in una situazione angosciosa: da un lato bisognerebbe aiutare l’Ucraina, ma più la aiutiamo più la guerra dura. Combattiamo contro la Russia a spese dei civili ucraini: per quanto? Cinque anni? Dieci anni?». In Europa, dopo la fine della Guerra Fredda, ci si era illusi di essere entrati in una dimensione post-storica. «Quando un impero cade, le conseguenze sono peggiori degli aspetti negativi di quell’impero. Cade l’impero ottomano e abbiamo la strage degli armeni, cade l’impero russo e abbiamo la guerra civile con un milione di morti, anche quando cadde l’impero britannico la partition fra India e Pakistan ha fatto più morti di quanti ne avevano fatti prima gli inglesi. Dunque quando cadde il comunismo all’inizio si pensava: fantastico, cade con quasi zero vittime. Invece ci sono stati conflitti: io non mi ero illuso, sono piuttosto i 70 anni di pace in Europa che sono stati un’anomalia». Subiamo ancora l’onda lunga del crollo dell’Urss. «E anche delle nostre colpe. Quando Napoleone è stato sconfitto, la Francia non è stata emarginata: al Congresso di Vienna hanno fatto sì che la Francia facesse parte del nuovo concerto delle nazioni. Quando invece la Germania è stata battuta nella Prima guerra mondiale, è stato fatto il grande sbaglio di punirli: e la conseguenza è stata Hitler. Invece, quando Hitler è stato battuto, gli americani con grande saggezza hanno fatto il piano Marshall. Al contrario, caduto il regime comunista si è subito accerchiata la Russia. Bisognava aiutare Russia e Ucraina, magari facendo entrare l’Ucraina nella Ue, e fare in modo che la Russia si sentisse partecipe di una ricostruzione europea». Quindi lei vede nella Russia di Putin una analogia col revanscismo della Germania nazista? «Più che revanscismo, da trent’anni hanno espresso una grande preoccupazione per l’allargamento della Nato. Mettiamoci, come dovrebbe fare un buono storico, nei panni degli altri e vediamo il loro punto di vista». Non si rischia così di offrire una giustificazione all’aggressione? «No, si offre una spiegazione, che è ben diverso. Non c’è nessuna giustificazione per l’invasione dell’Ucraina: però uno deve trovare una spiegazione. E non è quella che danno in tanti: che Putin è un pazzo paranoico o che i russi sono sempre stati così». Ma la spiegazione non può essere che Putin sia un imperialista la cui missione da vent’anni è ricostruire lo spazio imperiale russo? «Può darsi. Ma che cosa lui intende per spazio imperiale russo? Non vuole riprendere la Polonia né la Finlandia, vuole avere i Paesi slavi tradizionali, come Ucraina e Bielorussia, che era un po’ il progetto di Solgenitsin. Il punto è di avere una Ucraina alleata: non so se lo si può chiamare un impero zarista». Una conseguenza di questo conflitto è la ripresa del nazionalismo. «Naturalmente: le guerre fanno gli Stati. E dunque la follia di Putin è di non aver capito che quando si farà la storia del nazionalismo ucraino, in un Paese che era diviso in filorussi e antirussi, l’invasione sarà uno dei principali fattori di unificazione». L’errore di Putin non è solo militare, ma storico. «Assolutamente sì. Un gravissimo errore storico che la Russia pagherà: perché fare una cosa del genere senza aver fatto i conti con le conseguenze, sapendo che non si potrebbe conquistare l’Ucraina e che anche se ci si riuscisse non si potrebbe mantenerla — una cosa che non ha senso. Il più grave errore commesso dal 1945 in poi da parte di un leader europeo». 7 aprile 2022 (modifica il 7 aprile 2022 | 23:17) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-07 19:53:00, Lo storico inglese: la strategia dell’invasione russa puntava a trasformare l’Ucraina in un Paese alleato. Invece sta rafforzando il suo nazionalismo, Luigi Ippolito

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