Donne d’Ucraina a Milano: «La nostra sfilata per combattere la guerra»

Donne d’Ucraina a Milano: «La nostra sfilata per combattere la guerra»

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di Virginia Piccolillo

Il 24 settembre alla Fashion Week di Milano dieci giovani profughe in passerella per lanciare un messaggio. La sarta dell’Alta Moda Inga Maksymyuk ha portato nel Paese in guerra fili e tessuti per affidarli a mani esperte

Lena, mamma-modella, e la stilista Inga Maksymyuk Lena, mamma-modella, e la stilista Inga Maksymyuk

Ce n’è uno per il sole. Uno per la lunga vita. Uno per la purezza. Uno per la pace. Ma il più diffuso al fronte ucraino è un piccolo papavero rosso. Mamme, fidanzate, nonne, lo ricamano sulla spalla della camicia tradizionale dei loro amati, la Vyshyvanka. E i militari lo indossano sotto la mimetica. Tiene lontano il malocchio e, sperano, anche i proiettili russi. È un mondo incantato quello avvolto nelle volute colorate del ricamo ucraino che l’invasione dell’Armata russa cerca di distruggere. Un linguaggio millenario che si tramanda di madre in figlia, di nonna in nipotina, per comunicare la vita, l’amore, la morte e l’infinito. I fidanzati si scambiano i fazzoletti ricamati. O meglio lui lo riceve quando va a chiedere la mano della ragazza se la risposta è «sì», altrimenti niente ricamo: riceve una zucca per non andar via a mani vuote.

Le donne che vogliono un figlio si fanno prestare la Vyshyvanka da una madre con molti bambini. I piccoli indossano la camicia tradizionale il primo giorno di scuola. E chi compra una casa nuova porta un nuovo rusnik ricamato (e un gatto nero). Ogni luogo ha il suo. A nord di Leopoli, a Sokal, si ricama con filo nero su fondo bianco. A ovest con il rosso brillante. A Pokuttia, le volute sono talmente fitte da coprire quasi il tessuto. E verso la Romania si usano anche perline colorate. E poi ci sono i colori. Il bianco protegge le ragazze non sposate dagli sguardi malvagi. Il rosso è l’amore. Il blu un talismano potente. Il verde, della bellezza e della gioventù, protegge dalle calamità naturali. E l’oro porta ricchezza e gioia. Chi crede ricama le vesti del battesimo e la tovaglia per il pane consacrato di Pasqua. A ogni punto si annoda una benedizione, un’emozione, un pezzo della propria anima. E della propria identità.

La Vyshyvanka

Ogni terzo giovedì di maggio tutti indossano la Vyshyvanka. Non è folklore. Ma una parte importante di quella identità nazionale sotto attacco che ha fatto gridare il presidente Volodymyr Zelensky al «genocidio culturale». Ecco perché è molto più di un’iniziativa charity «Maksymyuk», che andrà in scena il 24 settembre alla Fashion Week milanese. In passerella dieci giovani donne, fuggite ai bombardamenti, agli stupri, alla distruzione fisica e psicologica con i loro bimbi. Mamme profughe. Che hanno accettato di sfilare con una collezione unica.

Nata dalla provocazione culturale di una maestra della comunicazione creativa, Annamaria Testa, e dalle mani sapienti di Inga Maksymyuk: sarta fuggita in Italia con la sua bimba quando l’Ucraina era ancora sotto l’Urss, poi al lavoro nell’Alta moda, da Gucci a Dolce e Gabbana. Racconta Testa: «Quando ho sentito Zelensky ho pensato come fare qualcosa per fermare il genocidio culturale. Ero con Diana, ragazza venuta a Milano dall’Ucraina da bambina, che mi ha sempre parlato con entusiasmo dei ricami. Da lì l’idea. L’ho proposta alla Camera della Moda e a una serie di amici che l’hanno appoggiata con generosità. Ma il tempo era pochissimo e per i ricami bisognava andare in un Paese in guerra».

Con Save the Children

Ci ha pensato Inga, la madre di Diana. Ha chiuso in valigia tessuti e fili colorati e dopo 27 ore di viaggio era lì. Ha messo su un gruppo di ricamatrici, professioniste e non. E in un solo mese e mezzo la collezione ha preso vita. Capi il cui ricavato andrà interamente a Save the Children. Ma non è il denaro il focus, piuttosto una cultura da salvare. Lo spiega al telefono Lena, una delle mamme-modelle, mentre raggiunge il confine della Romania con l’Ucraina, per tentare di rivedere il compagno. L’ha salutato il primo giorno di guerra dal pullmino che l’ha portata in salvo con le due figlie di 3 e 10 anni: «Ci sono persone che stanno combattendo. E noi lo facciamo mostrando la bellezza del nostro Paese. Il ricamo è la nostra storia. L’Urss lo aveva vietato ma continuavamo. Di notte». Al suo compagno ha ricamato un papavero rosso sulla Vyshyvanka nera: «È nella lista per combattere. Non è pronto. Nessuno vorrebbe uccidere, siamo la stessa gente. Ma non possiamo smettere di combattere. Come non smetteremo di ricamare».

21 settembre 2022 (modifica il 22 settembre 2022 | 06:05)

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, 2022-09-22 04:05:00, Il 24 settembre alla Fashion Week di Milano dieci giovani profughe in passerella per lanciare un messaggio. La sarta dell’Alta Moda Inga Maksymyuk ha portato nel Paese in guerra fili e tessuti per affidarli a mani esperte, Virginia Piccolillo

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