Dopo l’inflazione sarà recessione? I segnali negativi arrivano dal mondo delle navi Gas, la Cina ora è il primo cliente di Mosca

Dopo l’inflazione sarà recessione? I segnali negativi arrivano dal mondo delle navi Gas, la Cina ora è il primo cliente di Mosca

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Stiamo ancora descrivendo un mondo sotto la morsa dell’inflazione, che naviga attorno al 10% nelle maggiori economie occidentali. Ma forse il prossimo capitolo è già cominciato. Non sarà un bello spettacolo, neanche quello. Storicamente, la «terapia naturale» che mette fine a un ciclo inflazionistico è la recessione.

Le avvisaglie sono già evidenti in un settore che ha avuto spesso un ruolo premonitore: il trasporto navale. È ancora fresco il ricordo di un’inflazione alimentata anche da quello: costi di trasporto alle stelle, in particolare i noli delle navi e dei container. Siamo reduci da un’epoca in cui la marina mercantile è stata una «fabbrica del carovita»: nei supermercati, dai concessionari d’auto, in tutta la rete distributiva, la roba non arrivava in tempo perché bloccata da spaventosi ingorghi nei porti; quando infine arrivava il cartellino del prezzo aveva subito aumenti raccapriccianti perché la scarsità di navi mercantili ne aveva fatto impazzire i costi.

La puntata successiva è già in atto, con un rovesciamento repentino e spettacolare. Ora di navi disponibili e vuote ce n’è troppe, gli armatori non riescono a trovare clienti che vogliono spedire merce sui loro container. Le più grandi compagnie marittime stanno cancellando viaggi sulle rotte più importanti. Il numero uno mondiale nel trasporto navale è la Mediterranean Shipping Company più nota con le iniziali Msc. È di proprietà di un armatore italiano, Gianluigi Aponte, anche se la sede sociale è a Ginevra. Msc ha cancellato viaggi su una delle rotte più trafficate del mondo, quella che attraverso il Pacifico collega la Cina al porto di Long Beach (Los Angeles) in California. «Nelle scorse settimane – ha spiegato un comunicato della società – è calata significativamente la domanda di carico da trasportare verso la West Coast degli Stati Uniti».

Lo stesso vale per altri armatori come il gruppo danese Maersk. Il rallentamento di attività riguarda anche le rotte che collegano l’Asia all’Europa. Nella prima settimana di ottobre è venuto meno un terzo del carico complessivo da trasportare, e per il futuro le prospettive sono in peggioramento. Tutti gli armatori del pianeta stanno rivedendo i piani per l’autunno-inverno e le cancellazioni di viaggi si susseguono su molte rotte. Tra la West Coast Usa e l’Asia si contano già 40 viaggi cancellati per mancanza di clienti, 21 quelli tra la East Coast e l’Asia. Già a settembre c’era stato un calo di attività del 13%, l’equivalente di 20 navi da 8.000 container «sparite» dai mari perché non avevano carico sufficiente da trasportare.

Come cambia in fretta la congiuntura. Un anno fa a quest’epoca il tema era l’ingorgo dei porti dovuto al troppo traffico. Nell’ottobre 2021, per ovviare alla congestione, gruppi della grande distribuzione americana come Walmart e Home Depot dovevano procurarsi navi in proprio per aggirare l’indisponibilità degli armatori, travolti dalla troppa domanda. Oggi al contrario FedEx, gigante della logistica, è costretto a parcheggiare aerei che non hanno nulla da trasportare.

Una parte di questo rovesciamento, possiamo considerarlo come lo spettacolo delle forze di mercato in azione. L’economia di mercato ha in sé la capacità di reagire agli squilibri della domanda e dell’offerta. Dopo il boom dell’import-export di un anno fa – che era a sua volta una reazione alla paralisi dei lockdown durante la pandemia – gli armatori hanno cercato di inseguire la domanda e hanno aumentato la propria capacità di trasporto. I grandi produttori di beni di consumo, pur di non ritrovarsi a corto di prodotti, hanno ricostituito le scorte di magazzino: la Nike oggi ha 65% di giacenze in più nei suoi negozi del Nordamerica rispetto a un anno fa.

Gli adattamenti preparano il ciclo successivo, di cui vediamo i segnali precursori. Tra le vittime del rovesciamento di tendenza c’è il “made in China” che comincia a perdere colpi. Pessima notizia per la seconda economia mondiale, che continua ad essere molto dipendente dalle esportazioni. Nel 2022 oltre un terzo della crescita cinese è dovuto alle vendite sui mercati esteri. Questo dimostra la difficoltà che incontra Xi Jinping a riconvertire il modello economico cinese orientandolo di più sulla domanda interna.

Anche in questo caso però c’è il rovescio della medaglia, ed è positivo per noi. Un rallentamento delle esportazioni riduce i consumi di energia delle fabbriche cinesi, quindi fa da calmiere sui prezzi di petrolio, gas, carbone. Poiché la Cina è la singola maggiore consumatrice di energia di pianeta, osservare l’andamento della sua economica è obbligatorio per prevedere dove andranno in futuro i prezzi degli idrocarburi e le nostre bollette.

Mentre siamo ancora alle prese con un tremendo caro-energia che ci condanna un duro inverno, dietro l’angolo spunta già una fase successiva, che sarà segnata dal calo della domanda e dei prezzi. L’economia di mercato, con le sue capacità di reazione e di adattamento, in questo momento è il migliore aiuto di cui possono avvalersi le banche centrali nella loro lotta per ridurre la corsa folle dei prezzi. Un recente sondaggio rivela che i giovani americani nella fascia di età compresa fra i 18 e i 24 anni hanno un’opinione negativa del capitalismo, e positiva del socialismo. Questo non depone a favore della qualità dell’insegnamento che ricevono nelle scuole e nelle università. Il «ritorno al socialismo» di Xi Jinping in Cina coincide con il più grave rallentamento della crescita economica cinese dai tempi della conversione all’economia di mercato che ebbe inizio sotto Deng Xiaoping nel 1979.

3 ottobre 2022, 20:25 – modifica il 3 ottobre 2022 | 20:30

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, 2022-10-03 21:10:00, Mentre siamo ancora alle prese con un tremendo caro-energia che ci condanna un duro inverno, dietro l’angolo spunta già una fase successiva. Msc ha cancellato viaggi su una delle rotte più trafficate del mondo, stessa aria si respira nel gruppo danese Maersk, Federico Rampini

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