l’intervista Mezzogiorno, 29 marzo 2022 – 07:51 L’assessore comunale: «La firma di oggi è una tappa importante in un percorso fatto da tante azioni da mettere in pratica» di Paolo Cuozzo Pier Paolo Baretta al Patto per Napoli ha creduto fin da subito. Quando ha accettato di venire da Venezia — dove in passato aveva provato la corsa a sindaco — a Palazzo San Giacomo per predisporre un Piano di salvataggio per le casse comunali, sapeva perfettamente quanto potesse essere difficile la sfida che stava accettando e quanti rischi nascondesse. Ma lui, Baretta, ha detto subito sì pur avendo in quei giorni, da fresco ex sottosegretario al Mef, altre opportunità politiche ben più comode. Ha voluto però condividere un percorso con l’ex ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, con il quale era stato al governo durante il Conte 2; ha sposato l’idea che qualcosa, per salvare le casse comunali, si potesse fare, nonostante la parola «dissesto» circolasse dalle parti del Municipio con la stessa frequenza della parola «commissariamento». E oggi, con la firma di Draghi, raccoglie i frutti. Precisando: «Da Napoli non vado via, resto». Quindi, contrariamente a quanto riteneva qualcuno, la sua missione non finisce con la firma del Patto? Il suo lavoro prosegue a Napoli? «Certo. Questa è solo una tappa fatta da tante azioni da mettere in pratica. Personalmente, sto cercando casa a Napoli così da non fare più il pendolare da Roma tutti i giorni». Così come ha detto di voler fare anche il sindaco Manfredi? «Sì. Cerchiamo casa entrambi. Spero di trovarla in fretta. C’è tanto lavoro da fare. Questa è solo la prima fase». Perché, ce n’é un’altra? «Proprio così. Quella che definirei fase due. C’è da rinegoziare prestiti e mutui, oggi il denaro costa molto meno. Noi abbiamo 1,7 miliardi tra prestiti e mutui e un miliardo di interessi. Come si fa?». Ma non era questa una tappa possibile già nel Patto per Napoli? «Non è stato possibile vista la situazione troppo diversa di Napoli rispetto alle altre città, ma ci stiamo lavorando. Sempre coinvolgendo direttamente lo Stato. Perché circa 800 milioni di mutui e prestiti, con i relativi interessi, sono con cassa Depositi e prestiti, il resto con le banche». Cosa potrebbe fare lo Stato? «Utilizzare la norma dell’accollo , così come è stato previsto dalla ultima finanziaria per i Comuni. La norma esiste già. E le dico che ci stiamo già lavorando, perché la ristrutturazione del debito è un altro pezzo del piano di salvataggio del Comune». Quanto è stato difficile arrivare a questa firma? «Un po’. Ma sia il sindaco che io ci abbiamo sempre creduto. Anche nei momenti in cui in Parlamento c’era chi riteneva che l’accordo per le quattro città fosse troppo a favore di Napoli. Poi ha prevalso la nostra idea che ricalca un po’ il metodo utilizzato per il Pnrr». In che senso? «Il governo si è comportato con Napoli come l’Europa con l’Italia. In pratica, chi sta messo peggio deve avere di più. Per questo lo definirei il Recovery fund di Napoli». Avete temuto che il tempo che trascorreva potesse far saltare tutto? «Abbiamo sempre avuto grande fiducia nel presidente Draghi e nel governo, sicuri peraltro di aver fatto tutto quanto occorresse fare. Anche se con una guerra alle porte era ovvio che ci potessero essere dei ritardi. Una guerra è una guerra, ma da Roma ci hanno sempre rassicurato. E che il premier venga di persona è una cosa importantissima per Napoli». Napoli avrà nei primi cinque anni 500 dei 1.200 milioni di euro: ve la giocate subito la sfida? «Sì. Ma io sono molto fiducioso anche perché tutte le stime sulle entrate che abbiamo fatto sono davvero estremamente prudenziali». Forse avete fatto bene vista la capacità di riscossione e il tasso di evasione. «Diciamo che abbiamo voluto essere cauti». Dopo i primi cinque anni, però, il trasferimento statale sarà mediamente di circa 45 milioni l’anno. Pochini. In pratica, chi verrà dopo Manfredi avrà vita dura? «Dopo Manfredi ci sarà ancora Manfredi. E comunque nei primi cinque o sei anni ci giochiamo la partita: o si vince o si perde». In cambio dei soldi lo Stato vi ha chiesto interventi rigidi, soprattutto nel primo biennio. «Indubbiamente è un Piano molto impegnativo per tutti, i controlli saranno molto rigidi ma non si poteva fare altrimenti vista la situazione impaludata in cui si era cacciato il Comune di Napoli. Va detto però anche che per venti anni lo Stato non potrà mollare il Comune di Napoli». Da dove partirete? «Valorizzazione del patrimonio, riscossione e riorganizzazione delle partecipate: sono queste le tre direttrici. Ma c’è da fare tanto per il personale, che è pochino e speriamo di assumere un migliaio di giovani. Così come in Bilancio c’è troppo poco per welfare e manutenzione. Occorre fare di più». La newsletter del Corriere del MezzogiornoSe vuoi restare aggiornato sulle notizie della Campania iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Mezzogiorno. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui. 29 marzo 2022 | 07:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-29 05:52:00, L’assessore comunale: «La firma di oggi è una tappa importante in un percorso fatto da tante azioni da mettere in pratica»,