di Marco GalluzzoIl premier ha ricordato che la guerra in corso insegna molte cose, provoca crisi su più fronti, ma è causa di una necessaria rivisitazione del ruolo dell’Unione europea STRASBURGO Si commuove per le parole di stima che gli vengono rivolte dai capigruppo dei partiti, dalla presidente del Parlamento che lo considera «una guida europea dalla mano ferma». È colpito dall’accoglienza dei deputati nazionali, che lo sorprendono in modo più leggero, con la richiesta di numerosi selfie, per Draghi non proprio una prassi. Rende omaggio al compianto David Sassoli, forse anche quando si fa il segno della croce e si raccoglie sotto le navate della monumentale cattedrale di Strasburgo, dove chiede di sostare alla fine della visita. Istituzioni «inadeguate»Mario Draghi al Parlamento europeo trascorre ore intense, ed è intenso anche il messaggio che lascia alla riflessione dell’Assemblea con sede in Francia. La guerra in corso insegna molte cose, provoca crisi su più fronti, ma è causa di una necessaria rivisitazione del ruolo dell’Unione europea. E il capo del governo lo dice in modo molto chiaro, senza giri di parole. È un’analisi a tratti impietosa. Il premier non ha dubbi su ciò che non funziona nella Ue: le istituzioni sono «inadeguate» per le sfide che stiamo vivendo, i Trattati fondativi vanno sottoposti a «una revisione da affrontare con coraggio e fiducia», le crisi in atto, quella dell’energia e delle materie prime, richiedono «uno sforzo finanziario europeo come quello di Next Generation Eu: nessun bilancio nazionale, soprattutto quelli dei Paesi più fragili, può farcela da solo, nessuno può essere lasciato indietro». Difendere le democrazieQuello di Draghi è un discorso schietto, scevro dal tratto diplomatico, ampio a sufficienza per trattare tutti gli argomenti in cima all’agenda internazionale di queste settimane. Se l’obiettivo è quello di fare della Ue un soggetto politico «federale», con un debito comune, anche sulla guerra occorre fare chiarezza, e qui il capo del governo parla rispetto ai tanti distinguo di casa nostra: «In una guerra di aggressione non può esistere un’equivalenza fra chi invade e chi resiste, proteggere gli ucraini significa proteggere noi stessi e il progetto di sicurezza e democrazia costruito negli ultimi 70 anni». Veti incrociatiFra i punti trattati dal premier anche la proposta di convocare una Conferenza della Ue sulla spesa militare e il progetto di un esercito comune: «Noi spendiamo tre volte più della Russia, ma abbiamo 146 sistemi di difesa diversi, gli Stati Uniti ne hanno 34, è una distribuzione altamente inefficiente, una Conferenza avrebbe il compito in primo luogo di razionalizzare e ottimizzare gli investimenti». Inoltre, la costruzione di una difesa comune deve accompagnarsi a una politica estera unitaria e a meccanismi decisionali efficaci: «Dobbiamo superare il principio dell’unanimità, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata. Un’Europa capace di decidere in modo tempestivo è un’Europa più credibile di fronte ai suoi cittadini e di fronte al mondo», dice citando Angela Merkel («un’Europa capace di prendere il futuro nelle proprie mani»). Il tutto con una postilla: «Un’Europa forte è anche una Nato forte». Federalismo pragmaticoRoberta Metsola, presidente del Parlamento, accompagna le riflessioni di Draghi. «Dopo l’invasione illegale e ingiustificata dell’Ucraina, l’Europa si trova ad affrontare un altro whatever it takes. Abbiamo assistito a un coordinamento, una solidarietà e un’unità europei senza precedenti contro questa guerra». Anche lei parla di «sfide esistenziali» per l’Unione. Il capo del governo è «felice di essere nel cuore della democrazia», ma al contempo elenca cambiamenti ineludibili: «Le istituzioni che i nostri predecessori hanno costruito hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà attuale. La pandemia e la guerra hanno chiamato le istituzioni europee a responsabilità mai assunte fino ad ora. Dobbiamo muoverci con la massima celerità e assicurarci che la gestione delle crisi che viviamo permetta una transizione verso un modello economico più giusto. Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso, dall’economia, all’energia, alla sicurezza». Percorso che non può che essere graduale, e qui Draghi cita Schuman, quel concetto per cui l’Ue si costruisce «pezzo per pezzo e non di getto». Priorità è la pacePotrebbe essere il programma di almeno due legislature dell’Unione, ed è un programma che la guerra in Ucraina, le conseguenze del conflitto, hanno accelerato. Un conflitto che tutti auspicano di breve periodo, perché «aiutare gli ucraini vuol dire soprattutto lavorare per la pace — risponde Draghi a una sollecitazione di Tiziana Beghin, dei 5 Stelle —. La nostra priorità è raggiungere quanto prima un cessate il fuoco. Una tregua darebbe anche nuovo slancio ai negoziati. L’Europa può e deve avere un ruolo centrale nel favorire il dialogo. L’Italia, come Paese fondatore dell’Ue, come Paese che crede profondamente nella pace, è pronta a impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica». È un passaggio forse cercato anche in chiave interna, mentre sorvola sugli aiuti militari alla resistenza di Kiev. L’omaggio a MegalizziMa oltre all’autonomia strategica nel settore della difesa c’è quella nel settore energetico, con «un profondo riorientamento geopolitico destinato a spostare sempre più il suo asse verso il Mediterraneo», e questo in una cornice in cui «abbiamo appoggiato le sanzioni che l’Unione ha deciso, anche quelle nel settore energetico. Continueremo a farlo con la stessa convinzione». E continueremo a insistere su un tetto comune europeo al prezzo del gas. Quando lascia l’aula Draghi rende omaggio, nella sala a lui dedicata, al giovane giornalista italiano Antonio Megalizzi, ucciso durante l’attacco terroristico a Strasburgo del 2018. 3 maggio 2022 (modifica il 3 maggio 2022 | 21:36) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-03 19:37:00, Il premier ha ricordato che la guerra in corso insegna molte cose, provoca crisi su più fronti, ma è causa di una necessaria rivisitazione del ruolo dell’Unione europea, Marco Galluzzo