Un liceo di Reggio Emilia ha destato scalpore con una circolare che impone un dress code specifico agli studenti, vietando minigonne, pantaloncini, canotte che lasciano scoperta la pancia e abiti succinti.
L’episodio apre una finestra su una questione più ampia: quale dovrebbe essere il grado di formalità nel vestiario in ambiente scolastico?
Emily, una studentessa, esprime una posizione condivisa da molti: l’ambiente scolastico richiede un certo grado di decoro, ma imporre un dress code può rasentare l’esorbitanza. La giovane sottolinea l’importanza della comodità e dell’espressione personale attraverso l’abbigliamento, che a sua volta può influenzare positivamente la produttività e il benessere degli studenti.
Gloria ribadisce che pur comprendendo la necessità di un abbigliamento adeguato, è essenziale non imporre restrizioni coercitive. La contesa, come evidenziato anche dal preside risiede nell’interpretare cosa sia considerato decoroso e cosa no.
Un’area grigia emerge quando si tratta delle differenze di genere nel dress code. Alcuni studenti evidenziano un possibile condizionamento nei confronti delle ragazze, mentre i ragazzi sembrano essere soggetti a minori restrizioni. Valentina sottolinea la difficoltà nel definire un abbigliamento decoroso, mentre Luna trova il documento un po’ eccessivo, pur accettando alcune restrizioni.
Karola porta l’attenzione sul fatto che i professori sembrano essere più preoccupati degli studenti per il dress code. Emergono anche accuse di body shaming e critiche verso i docenti che non seguono le stesse regole imposte agli studenti.
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