Il dress code nelle scuole è un tema che periodicamente torna sotto i riflettori, spesso suscitando dibattiti accesi tra docenti, studenti e genitori.
A Lecce la questione ha preso una piega interessante. La dirigenza scolastica ha deciso di trasformare le prescrizioni di abbigliamento in una circolare ufficiale, estendendo le regole non solo agli studenti ma anche ai professori, al personale di segreteria, ai collaboratori scolastici e a tutti gli adulti che entrano nell’istituto.
Su La Stampa spazio alle parole di Gianni Oliva, storico e docente: la scuola non è una discoteca né una spiaggia, ed è importante che tutti ne siano consapevoli. Il dress code stabilito al Liceo “Palmieri” mira a mantenere un ambiente rispettoso e professionale. Via libera quindi a un abbigliamento “ammodo”, mentre vengono banditi jeans strappati, minigonne, top con ombelichi scoperti, infradito, bermuda e canotte.
Il dibattito si fa più acceso quando si tratta di definire i dettagli applicativi del dress code. Quanti centimetri sopra il ginocchio rendono una gonna inappropriata? I jeans con l’orlo sfrangiato sono ammissibili o vanno equiparati ai jeans strappati? E gli stivali sono accettabili solo in caso di pioggia? Le domande sollevano interrogativi validi su come bilanciare professionalità e comfort, mantenendo un ambiente di rispetto e decoro.
Anche i dettagli come la visibilità dei tatuaggi o l’uso di calzini diventano oggetto di discussione. Sarebbe lecito mostrare le caviglie o indossare maniche corte in presenza di tatuaggi imbarazzanti? La circolare sembra richiedere una riflessione più ampia su come gestire l’abbigliamento in un ambiente educativo, tenendo conto delle varie età e ruoli.
Il principio dietro la circolare va oltre il semplice abbigliamento. Si tratta di instaurare un dialogo educativo e di vedere la scuola come un luogo di crescita, non solo intellettuale ma anche comportamentale. Quando un adolescente arriva a scuola con abiti inappropriati, l’approccio più efficace potrebbe essere prendere la persona da parte, parlare e spiegare le ragioni dietro le regole, piuttosto che rimandare a una circolare.
Secondo Oliva, in questo modo, la scuola si pone come un luogo di educazione a 360 gradi, contribuendo alla formazione di individui consapevoli e rispettosi dell’ambiente in cui si trovano.
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