Dsga, un lavoro ingrato: 2 su 3 lascerebbero pure oggi, impegnati tutti i giorni senza sosta e orari, nemmeno il contratto piace

Super-impegnati, malpagati e spesso senza orario di lavoro per sopperire alla mancanza dei colleghi: è la triste realtà quotidiana dei Dsga della scuola italiana, lavoratori che alla lunga si demotivano e si ritrovano spesso a sperare nel pensionamento. Addirittura, due su tre sembrano sperare vivamente e senza mezzi termini nell’uscita immediata dal lavoro.

L’alta percentuale deriva da un questionario sulla valutazione dell’esperienza lavorativa nelle scuole italiane rivolto al personale Ata dai Dsga, Direttori dei servizi generali e amministrativi, e assistenti amministrativi facenti funzione: lo studio statistico, presentato a Roma, a Palazzo Baldassini, in occasione della tavola rotonda organizzata da Anquap, l’Associazione nazionale quadri delle amministrazioni pubbliche dal titolo “Autonomia, Governance, Dimensionamento e Personale delle scuole”.

L’associazione riferisce che le risposte alle domande, su un campione di 863 lavoratori, hanno evidenziato un grave e crescente malessere della categoria apicale. Il 41,20% ha espresso una valutazione negativa sulla propria esperienza lavorativa, per il 47,2% il proprio ruolo e lavoro è “estremamente complesso” e il 91,6% ritiene necessario istituzionalizzare la figura del tutor così come avviene per Ds e docenti. Ben il 65% lascerebbe il lavoro a scuola per un altro lavoro a parità di inquadramento nell’amministrazione pubblica e il 64,1% non consiglierebbe il lavoro di Dsga ad altre persone”.

La ricerca ha evidenziato che l’83,2% del personale Ata non riesce a svolgere il proprio lavoro nell’orario ordinario, c’è chi lavora fino a 48-50 ore a fronte delle 36 previste dal contratto. Ore in più lavorate spesso nei giorni festivi, in ferie, in malattia. La rilevazione ha anche messo in evidenza che il 94,1% ha dato valutazione negativa del contratto nazionale 2019/2021 (malgrado gli aumenti rivolti proprio a questa categoria professionale).

Aprendo la tavola rotonda, Giorgio Germani, presidente dell’Anquap, ha detto che “le scuole, servizio pubblico essenziale, sono un bene prezioso e insostituibile. Autonomia e decentramento, dopo oltre quattro lustri, hanno bisogno di un’accurata analisi per conseguenti e indispensabili correttivi sul piano normativo e dell’operatività”.

“Per questo – ha aggiunto – chiediamo un confronto urgente col ministero. Ci preoccupa lo schiacciamento vero il basso. Abbiamo bisogno di figure elevate, sono completamente saltate le figure intermedie. E non possiamo svendere i nostri diritti. Serve una riflessione seria sul nostro settore e sul rinnovo del contratto”.

“Ci sono territori – ha dichiarato Simona Malpezzi, senatrice del Pd – che non possono essere privati delle scuole. Sono molto preoccupata del fatto che manchino figure amministrative e dirigenziali perché ci si priva di un pilastro importante della scuola. Conosco le scuole perché le ho girate e conosco le nostre Regioni, in alcuni territori chiudere le scuole significa privarli di un presidio importante e costringere i ragazzi a lunghi spostamenti. Ci sono ragazzi costretti a fare anche 40 chilometri per andare a scuola”.

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