Caro Direttore
nei giorni scorsi è stata pubblicata ovunque l’ultima lettera di Piero Angela. Ciò che più mi ha colpito non è stata l’esortazione a fare ciascuno la propria parte, come da tutti sottolineato, bensì il fatto che abbia definito il nostro Paese «difficile». Non «straordinario e difficile» o «da amare e difficile», ma solo «difficile». Piero Angela conosceva il mondo della scienza, della cultura e dell’informazione. Aveva girato il mondo ed era quindi uomo di grandi orizzonti e di pensiero vasto. Eppure l’Italia per lui era «difficile», certamente non solo nel rapporto con la scienza ma nel complesso della sua visione. Lo stimolo di questa lettera è per me dare una declinazione a «difficile». Probabilmente ce n’è una per ciascuno di noi e una per ciascuna materia: «difficile» come contraddittorio, complesso, ingiusto, diseguale. Se dobbiamo cogliere un invito all’azione nelle parole di Piero Angela allora pensiamo a come rendere il Paese il contrario di «difficile», cioè semplice, accogliente, a misura di cittadino. Ciascuno può fare qualcosa: singole persone, istituzioni, politica. Bisogna solo capirlo, farne una convinzione e una necessità e mettersi in moto.
Stefano Crippa
Caro signor Crippa,
Credo che Piero Angela avesse tante ragioni per considerare questa nostra Italia «difficile». Come le abbiamo davanti agli occhi tutti noi, ogni giorno. È un Paese in cui è difficile nascere, tanto che abbiamo uno dei più bassi indici di natalità al mondo. Così come è difficile crescere, studiare, lavorare, aprire un’impresa o una piccola attività. Abbiamo una burocrazia e una macchina statale che rendono complicati anche i più normali adempimenti delle nostre vite. C’è inoltre un’altra «difficoltà» particolarmente importante in queste settimane: a volte tanti italiani si lasciano trasportare dalla moda politica del momento, dalla reazione di pancia per gridare la loro insoddisfazione verso la classe dirigente. L’insoddisfazione, sia chiaro, è più che fondata ma è altrettanto vero che spesso scegliamo i nostri rappresentanti con poca severità nei momenti decisivi, come quello delle elezioni. Diamoci allora un obiettivo serio e sensato: pretendiamo dai partiti, che si apprestano a chiederci il voto, di dimostrarci che saranno in grado, con misure chiare e non demagogiche, di rendere l’Italia accogliente, facile, meno diseguale, protettiva verso l’ambiente e capace di crescere. Un forte no alla vendita di illusioni è il modo migliore per onorare la lezione di Piero Angela.
, 2022-08-22 05:02:00,
Caro Direttore
nei giorni scorsi è stata pubblicata ovunque l’ultima lettera di Piero Angela. Ciò che più mi ha colpito non è stata l’esortazione a fare ciascuno la propria parte, come da tutti sottolineato, bensì il fatto che abbia definito il nostro Paese «difficile». Non «straordinario e difficile» o «da amare e difficile», ma solo «difficile». Piero Angela conosceva il mondo della scienza, della cultura e dell’informazione. Aveva girato il mondo ed era quindi uomo di grandi orizzonti e di pensiero vasto. Eppure l’Italia per lui era «difficile», certamente non solo nel rapporto con la scienza ma nel complesso della sua visione. Lo stimolo di questa lettera è per me dare una declinazione a «difficile». Probabilmente ce n’è una per ciascuno di noi e una per ciascuna materia: «difficile» come contraddittorio, complesso, ingiusto, diseguale. Se dobbiamo cogliere un invito all’azione nelle parole di Piero Angela allora pensiamo a come rendere il Paese il contrario di «difficile», cioè semplice, accogliente, a misura di cittadino. Ciascuno può fare qualcosa: singole persone, istituzioni, politica. Bisogna solo capirlo, farne una convinzione e una necessità e mettersi in moto.
Stefano Crippa
Caro signor Crippa,
Credo che Piero Angela avesse tante ragioni per considerare questa nostra Italia «difficile». Come le abbiamo davanti agli occhi tutti noi, ogni giorno. È un Paese in cui è difficile nascere, tanto che abbiamo uno dei più bassi indici di natalità al mondo. Così come è difficile crescere, studiare, lavorare, aprire un’impresa o una piccola attività. Abbiamo una burocrazia e una macchina statale che rendono complicati anche i più normali adempimenti delle nostre vite. C’è inoltre un’altra «difficoltà» particolarmente importante in queste settimane: a volte tanti italiani si lasciano trasportare dalla moda politica del momento, dalla reazione di pancia per gridare la loro insoddisfazione verso la classe dirigente. L’insoddisfazione, sia chiaro, è più che fondata ma è altrettanto vero che spesso scegliamo i nostri rappresentanti con poca severità nei momenti decisivi, come quello delle elezioni. Diamoci allora un obiettivo serio e sensato: pretendiamo dai partiti, che si apprestano a chiederci il voto, di dimostrarci che saranno in grado, con misure chiare e non demagogiche, di rendere l’Italia accogliente, facile, meno diseguale, protettiva verso l’ambiente e capace di crescere. Un forte no alla vendita di illusioni è il modo migliore per onorare la lezione di Piero Angela.
, Luciano Fontana