È stato firmato dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara il decreto che approva le Linee guida per l’orientamento, il cosiddetto job placement.
Un provvedimento, secondo il ministro, che introduce “una figura nell’ambito del quadro organizzativo di ogni istituzione scolastica che, sulla base dei dati sulle prospettive occupazionali trasmesse dal ministero, dialoghi con famiglie e studenti nell’ottica di agevolare la prosecuzione del percorso di studi o l’ingresso nel mondo del lavoro, al fine di favorire l’incontro tra le competenze degli studenti e la domanda di lavoro”.
Previsto per l’università, il job placement arriva dunque anche nella scuola.
Si tratta dell’introduzione di una figura che dovrà dialogare con famiglie e ragazzi anche in base ai dati sulle “prospettive occupazionali” più rilevanti nel territorio dell’istituto scolastico per agevolare appunto “la prosecuzione del percorso di studi o l’ingresso nel mondo del lavoro”, allo scopo di “favorire l’incontro tra le competenze degli studenti e la domanda di lavoro”.
La scuola, e l’istruzione, al servizio delle industrie e un tutor, individuato dalla scuola, che consiglierà le famiglie nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o delle prospettive professionali col compito di indirizzare gli alunni: università o lavoro, anche sulla base delle domande di impiego.
E infatti, secondo la Flc Cgil, tale job placement, un altro barbarismo per indicare l’inserimento lavorativo, “conferma che il messaggio del ministro Valditara sembra sia quello di dissuadere i liceali dall’affrontare gli studi universitari il che, in uno dei Paesi europei con un troppo basso tasso di laureati, non sembra esattamente quello di cui abbiamo bisogno, anche come tessuto produttivo. Nel momento in cui si dice ad un liceale che non ha le doti per andare all’università chi non ha un adeguato sostegno familiare sarà indirizzato verso i lavori attualmente disponibili in quel determinato territorio, ma così non si coltivano le potenzialità di ogni singolo ragazzo. Se uno vuole fare il musicista o l’artista non si vedrà indicato nessuno sbocco sul mercato del lavoro. “Una forzatura per dissuadere i liceali dall’affrontare gli studi universitari”.
Anche il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) evidenzia una serie di criticità sia sul provvedimento in generale che rispetto ad alcuni aspetti specifici di cui ha chiesto la modifica. Infatti per il Cspi “l’attività di orientamento non si può sostanziare solo nell’informare sui percorsi futuri di studio e di lavoro, ma significa soprattutto garantire agli studenti gli strumenti per acquisire la conoscenza di sé e quindi delle proprie attitudini, per sviluppare atteggiamenti costruttivi nel rapporto con gli altri e con il mondo, e al fine di favorire scelte consapevoli sul proprio futuro non solo lavorativo.
Inoltre, secondo il CSPI, occorrere evitare che l’attività di orientamento si sostanzi in un approccio formale e burocratico, con l’aggiunta di ulteriori adempimenti e procedure che non si integrano con quelle già presenti nella scuola e che già agiscono sulle stesse tematiche”. Il CSPI ha infine richiesto una serie di specifiche modifiche al testo
Le Linee guida prevedono moduli di orientamento di 30 ore per le scuole medie e per i licei, in ciascuno dei quali sono contenuti apprendimenti personalizzati che vengono registrati nell’E-Portfolio – che “integra il percorso scolastico in un quadro unitario, accompagna ragazzi e famiglie nella riflessione e nell’individuazione dei maggiori punti di forza dello studente all’interno del cammino formativo, ne evidenzia le competenze digitali e le conoscenze e le esperienze acquisite”.
Studenti e famiglie avranno a disposizione una “Piattaforma digitale unica per l’orientamento”, contenente documentazione territoriale e nazionale sui corsi di laurea e dati utili per la transizione scuola-lavoro, in relazione alle esigenze dei diversi territori.