Al Monte dei Paschi è arrivato un marziano. In attesa di capire a cosa porterà la trattativa in corso con la Ue, che avrebbe voluto veder uscire il governo italiano dal capitale di Mps il 31 dicembre scorso, il ministero dell’Economia, dopo un 2021 per dieci dodicesimi dominato dalla trattativa con Unicredit e conclusosi comunque con un utile netto di 309 milioni di euro, ha dato il benservito a Guido Bastianini, chiamando al suo posto Luigi Lovaglio. Il marziano, appunto.
Luigi Lovaglio, dal 7 febbraio 2022 amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena
Il mandato non è ancora stato esplicitato, ma è certo che Lovaglio dovrà misurarsi con un aumento di capitale importante (due, quattro, otto miliardi di euro: le cifre cambiano a seconda dell’interlocutore) e con la remise en forme di una banca che, ufficialmente, ha dichiarato almeno 4 mila esuberi.
Una ripida salita
Il Monte dei Paschi viene da 15 anni caratterizzati da una enorme distruzione di valore. Era il novembre del 2007 quando acquistò senza alcuna operazione di due diligence la padovana Antonveneta dal Santander. Fu l’inizio della fine. Allora il titolo valeva, a valori rettificati dai molti aumenti di capitale, 7.500 euro. Oggi fatica a valere un euro. In queste cifre c’è sia l’enormità del disastro provocato principalmente dalla gestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, sia la ripidità della salita che attende Lovaglio. Messo alle spalle l’ingombrante passato, Lovaglio è sembrato ad Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro e primo rappresentante dell’azionista pubblico, come il manager giusto per dare un futuro al Monte. Un futuro stand alone, almeno per ora, sperando che l’Unione europea accetti di non fissare pubblicamente date di vendita che, con il passare dei giorni, risultano un elemento che gioca inevitabilmente contro l’interesse del venditore.
Lovaglio è apparso al pubblico italiano con la recente gestione del Credito Valtellinese. È atterrato nel 2018 a Sondrio arrivando, se non proprio da Marte, da una ventennale esperienza nell’Europa dell’Est. Cresciuto in banca, dove è entrato diciottenne fresco di maturità e prima della laurea in Economia e commercio nella sede di Unicredit di via Monte Grappa, a Bologna, era il settembre del 1973, ha scalato tutte le posizioni della professione, dallo sportello alla gestione di Pekao, la grande banca polacca che fu del gruppo Unicredit e che contava 18 mila dipendenti, 5 milioni di clienti e una capitalizzazione di Borsa da 12 miliardi di euro.
Oggi, tutta Unicredit ne vale 35, il Banco Bpm 5. Quando, nel 2017, Jean Pierre Mustier nel pieno dell’opera di alienazione degli asset di Piazza Gae Aulenti, che partendo da Pioneer arrivò a Fineco passando per la quadreria, si disfò anche di Pekao, Lovaglio capì che era il momento di lasciare il gruppo.
Rocca Salimbeni a Siena, storica sede del Monte dei Paschi
L’anno dopo ebbe con il Creval in Valtellina la grande occasione e trasformò il Credito Valtellinese, che era una delle molte banche italiane in crisi di risultati e di capitale in un piccolo gioiello che il Credit Agricole arrivò a pagare 12,50 euro per azione, al termine di un’opa che vide il colosso francese del credito ritoccare in alto del 19 per cento la propria offerta originaria, fino a valorizzare complessivamente il Creval un miliardo di dollari all’inizio del 2021. Fu il capolavoro di Lovaglio, che riuscì nel suo disegno senza toccare il personale, non portandosi nessun manager al seguito, dando valore alle risorse interne, bandendo gli sprechi e seguendo due direttrici: pragmatismo e sostenibilità. Forse è stato questo a convincere Rivera, la speranza di replicare quel successo che nessuno aveva preventivato.
Il Monte oggi fatica a capitalizzare un miliardo di euro e se la sua forza anche in questi 15 disastrati anni è sempre stata la rete commerciale, il personale allo sportello che ha saputo essere punto di riferimento per la clientela, adesso serve qualcosa di più, di diverso.
Lovaglio trasformò il Creval su un mandato preciso dell’allora primo azionista della banca, Denis Dumont. Avrà lo stesso tipo di mandato dal governo italiano? Un mandato così ampio che gli fece dire di «avere una visione imprenditoriale» del suo incarico? Di certo, alcune variabili rispetto al passato, cambieranno. Non solo per l’entità dell’intervento di ricapitalizzazione richiesto, ma anche perché il Monte dei Paschi oggi è sovrastrutturato rispetto alle necessità del business sommate alla spinta del digitale. Ecco, una delle sfide possibili è proprio quel numero: 4.000 esuberi «tutti volontari e da concordare con i sindacati», il cui costo è stato stimato in circa 950 milioni di euro e che dal 2026 porterebbero 315 milioni di risparmi, come ha spiegato Guido Bastianini alla Commissione d’inchiesta sulle banche presieduta da Carla Ruocco, nel novembre 2021.
Dal canto suo, Lovaglio ha dimostrato di saper parlare con i fatti, con l’esempio. Nel 2020, nel momento più nero della pandemia, quando l’emergenza portava a pensare al peggio, se ne stette rinchiuso 45 giorni consecutivi nel Centro di formazione del Creval, a Tresivio, vicino a Sondrio, per guidare la banca dal punto più vicino all’operatività. Ora dovrà affrontare altri tipi di emergenza e risolvere tutti i nodi che legano il Monte al passato, dal tipo di banca che vorrà essere, alla razionalizzazione della struttura, passando anche per Widiba, di cui andrebbe ribadita (o ridefinita) la mission.
Agili, rapidi, efficienti
Chi lo conosce scommette che ancora una volta la sua ricetta punterà ad estrarre valore dalle attività del Monte dei Paschi, aumentando la redditività e l’efficienza della macchina. Quando si rivolgeva ai colleghi del Creval li invitava ad essere «agili, rapidi ed efficienti». Molto più difficile riuscirci a Siena, dove i colleghi sono diventati ventimila e le radici affondano in Piazza del Campo, avvolte in una legacy che rende difficile, per quella che rimane la banca più antica al mondo, guardare avanti. Eppure la scelta di Rivera sembra essere quella giusta. L’annuncio dell’arrivo di Lovaglio è stato festeggiato in Borsa, con il titolo che nel corso della prima seduta ha guadagnato fino a oltre il 9 per cento.
Una attestazione di fiducia che è il pre-requisito essenziale per iniziare un percorso di riposizionamento che dovrà cambiare per sempre il profilo del Monte dei Paschi. La banca più antica e una delle più in difficoltà del mondo.
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