Inviata da Angelo Vaccariello – Di tanto in tanto si torna a parlare della scelta delle scuole superiori contrapponendo i licei agli istituti tecnici o professionali. Una suddivisione manichea e classista che sa molto di anni Cinquanta ma che nella società contemporanea non ha più ragione di essere.
Come docente di Economia Aziendale, mi interrogo da tempo su un grande problema del nostro sistema educativo.
L’Italia, infatti, è uno dei Paesi tra quelli dell’Ocse con il più alto indice di analfabetismo finanziario. Il dibattito, che si è acceso tra i coloro che hanno sottoscritto i mutui a tasso variabile e chi ha fatto la scelta dei tassi fissi, conferma questo annoso problema.
Cosi come le spie del disagio sono diverse: le discussioni sui Pos, i tassi di interesse della Banca Centrale Europea, l’inflazione, la speculazione sui prezzi e cosi via.
Insomma, è come se una parte dei nostri concittadini non avesse per niente idea di cosa si parla quando discutiamo di economia (intesa in senso ampio).
Proprio per questo credo sia arrivato il momento di fare una riflessione più ampia sull’insegnamento e la relativa didattica di questa materia.
Le riforme che si sono succedute negli anni hanno ampiamente mortificato l’Economia aziendale: un tempo essa era divisa in due materie, Ragioneria e Tecnica bancaria.
Le ore sono state notevolmente ridotte a scapito di un insegnamento più approfondito. Ecco perché si rende necessario un metodo didattico più dinamico, attento alla realtà che ci circonda e che offra agli studenti gli strumenti per spiegare ciò che accade nel mondo.
Confinare l’Economia Aziendale alla Partita Doppia o al Bilancio da quadrare è una riduzione che non ha più senso.
E’ questa una materia che fornisce l’apparato teorico e pratico per aiutare i cittadini a orientarsi nel velocissimo mondo globale e digitale che ci circonda.
Se ognuno di noi, nelle proprie aule, riesce a far comprendere perché cresce l’inflazione e quali danni causa a imprese e popolazione avrà compiuto un primo passo verso una cittadinanza più consapevole.
E magari un giorno potremo discutere in maniera seria dell’estensione dell’educazione finanziaria anche ai licei.
Credere che economia, finanza, aziende e lavoro siano temi “tecnici” e non universali è un errore che da troppo tempo la nostra società compie.
Non si tratta di formare “ragionieri” ma persone che riescono a interpretare i fenomeni economici.
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