Economia: Boss e pusher, 4 miliardi del Superbonus rubati allo Stato

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da nord a sud

di Fiorenza Sarzanini13 feb 2022

Il caso più eclatante è quello di G. C. M., 37 anni, ospite di una comunità per tossicodipendenti. Non ha un lavoro, non ha alcun bene intestato, non ha mai presentato la dichiarazione dei redditi. Eppure nel 2021 «ha aperto una partita Iva come procacciatore d’affari e ha tentato di cedere a un intermediario finanziario oltre 400 mila euro di crediti fittizi, poi venduti a una società di costruzioni». I soldi sono stati incassati e trasferiti su un conto corrente sloveno. «Cessione del credito», è questa la formula magica che ha consentito alle organizzazioni criminali e ai loro boss, ma anche a delinquenti comuni, colletti bianchi, commercialisti e avvocati, di far sparire finora dalle casse dello Stato quattro miliardi e 400 milioni di euro. E potrebbe non essere finita perché al 31 dicembre — come confermato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini — «le cessioni comunicate attraverso la piattaforma telematica sono state pari a 4,8 milioni per un controvalore di 38,4 miliardi».

Il depliant di Poste con le istruzioni

Il sistema ha sfruttato la norma del decreto rilancio che nel 2020 non ha posto alcun limite alla possibilità di cedere i bonus edilizi. E così è bastato falsificare le pratiche, oppure sfruttare «prestanome» — come è appunto il pusher individuato dall’Agenzia delle Entrate — per ottenere le somme rivolgendosi a Poste italiane e a svariati istituti di credito. La procedura era sin troppo semplice, come conferma il depliant di Poste Italiane citato due giorni fa dal presidente del Consiglio Mario Draghi che nelle istruzioni sottolinea: «La procedura è semplice e immediata, non è necessario fornire alcuna documentazione a supporto della richiesta. Effettuata la richiesta di cessione del credito a Poste Italiane, affinché questa vada a buon fine è necessario comunicarlo ad Agenzia delle Entrate. In caso di esito positivo, il prezzo della cessione verrà accreditato direttamente sul tuo Conto Corrente BancoPosta». Detto fatto, nessun controllo preventivo è stato effettuato e migliaia di persone hanno ottenuto l’accredito.

«Ho le credenziali, possiamo divertirci»

Il 31 gennaio scorso la guardia di Finanza arresta i componenti di un’organizzazione che partendo da Rimini si è mossa in tutta Italia e grazie alla falsificazione dei vari bonus edilizi ha frodato quasi 300 milioni di euro. Creavano false società, fingevano di effettuare lavori e invece si limitavano a passare all’incasso sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate accedendo ai cassetti fiscali. Hanno acquistato lingotti d’oro e criptovalute, hanno spostato soldi a Cipro, Malta e Madeira. Le conversazioni intercettate per ordine dei magistrati hanno svelato il sistema utilizzato. I «cash dog» hanno consentito di trovare contanti e gioielli occultati in botole e intercapedini.

«Lo Stato Italiano è pazzesco», esultano gli indagati mentre si accordano sui bonus da prendere. E poi l’imprenditore chiarisce ai complici: «Ne ho già 16 sui due cassetti. Nostri, non dipendono da nessuno, sono i miei, non devo chiedere il favore a nessuno di venderli, di accreditare, di fare. Li ho generati, poi ti spiego come ho fatto… come abbiamo fatto con il commercialista, sono stato quattro mesi dietro e ce l’ho fatta». E ancora: «Bisogna stare attenti, bisogna avere persone fidate, persone anziane…». Prestanome che in pochi mesi hanno consentito alla banda di comprare ristoranti, appartamenti, quote di altre società.

L’annuncio su Facebook del finto consorzio

Un consorzio di 21 imprese che ha un solo dipendente: parte da qui l’inchiesta della procura di Napoli su una truffa da 100 milioni di euro. Il resto lo fanno le denunce dei cittadini che raccontano di aver risposto a un annuncio pubblicato su Facebook di una ditta che offriva prezzi vantaggiosi e procedure semplificate per ristrutturare palazzi e villini.

Il dossier della Guardia di Finanza entra nei dettagli rivelando il contenuto delle denunce — tutte uguali — presentate da decine di cittadini: «Tramite annuncio su Facebook i denuncianti contattavano il consorzio Sgarbi per effettuare lavori nelle proprie abitazioni essendo titolari di porzione di villetta bifamiliare, usufruendo dell’eco bonus 110%. Dopo diversi solleciti da parte dei contribuenti, il titolare del consorzio chiedeva loro di inviare firmato il documento di impegno per la presentazione telematica. Soltanto dopo essere stati convocati presso questo comando scoprivano che, nonostante nessun lavoro fosse mai stato svolto né alcuna fattura presentata, l’Agenzia delle entrate aveva già accettato la cessione del loro credito». Oltre al danno per i truffati c’è stata la beffa: i clienti del consorzio hanno dovuto «sanare» la propria posizione per non apparire come soggetti che avevano hanno già fruito dei bonus.

La bracciante con 80 milioni di euro

In provincia di Foggia c’è un paese dove tutti i residenti sono riusciti a incassare il credito. Stessa fortuna è toccata a svariati gruppi familiari residenti a Roma. È stata un’inchiesta avviata dai magistrati della capitale e condotta con i colleghi pugliesi a far scoprire il meccanismo messo in piedi grazie alla creazione di decine di finte aziende. Il dossier della Finanza svela il sistema: «Sono state individuate due società, gestite dalle medesime persone, che attraverso un meccanismo circolare di fatture false e comunicazioni di cessioni crediti hanno generato operazioni per centinaia di milioni di euro. Sostanzialmente le due società si sono fatturate a vicenda circa 500 milioni di euro ciascuna, in pochi mesi, per anticipi lavori mai effettivamente realizzati. Queste operazioni hanno generato indebiti crediti di imposta, poi monetizzati presso intermediari finanziari e soggetti grandi contribuenti».

I canali erano due: «Cessione dei crediti a persone fisiche compiacenti, perlopiù nullatenenti e tutte residenti nel medesimo paese o facenti parte del medesimo gruppo familiare, che hanno poi incassato il controvalore del credito da un intermediario finanziario. Utilizzo di una società di consulenza con operatività limitata, senza dipendenti e amministrata da un’imprenditrice agricola che, improvvisamente, acquista e rivende a un grosso intermediario finanziario 80 milioni di euro di crediti».

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