Economia: Trivelle, ripartono le estrazioni del gas. Ecco cosa cambia ora con il «Piano regolatore»

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Idrocarburi

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén13 feb 2022

Stop a nuovi permessi per il petrolio e ripresa delle prospezioni (cioè delle indagini condotte sul terreno a caccia di giacimenti) e delle estrazioni di gas in terra e nell’offshore italiano. Questo, in estrema sintesi, significa la pubblicazione del PiTesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Obiettivo: incrementare la produzione del gas tricolore e così contrastare il caro energia. Del resto, i numeri parlano chiaro e fanno paura: il conto energetico dell’Italia di quest’anno rischia di essere il doppio di quello pagato lo scorso anno, ovvero 37 miliardi di euro contro i 21 miliardi del 2021. Per avere un’idea: nel 2019 erano “solo” 8 miliardi. Insomma, la bolletta energetica del sistema produttivo italiano nel giro di 4 anni potrebbe pesare cinque volte tanto. Quanto basta per dare una frenata alla ripresa e mettere in ginocchio il Paese.

La storia del Piano: dal Conte I al governo Draghi

Il PiTesai, la cui approvazione è stata fortemente voluta dal ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, per sanare il ritardo cronico della sua pubblicazione, arriva dopo anni di polemiche, retromarce, cambi di governo e di idee, con l’Italia rimasta incagliata in un dibattito sulle trivellazioni apparentemente senza via di uscita (sì, facciamole; meglio di no; anzi sì, ma solo per un determinato periodo di tempo che non sappiamo quale sia, etc). Con questo nuovo strumento di oltre 200 pagine, dunque, la politica tenta di regolamentare le attività delle aziende fossili, che come sappiamo sono tra le principali cause del riscaldamento globale. Nato sotto il governo Conte I, con l’intento di mettere vincoli alla ricerca di idrocarburi, dopo un iter complesso (dalla mappatura del territorio alla valutazione ambientale strategica), il Piano ha cambiato faccia e ora, individua le aree in cui è consentita l’estrazione del gas sul territorio nazionale, sospendendo di fatto la moratoria del 2019. Il nuovo obiettivo è fornire una serie di regole chiare agli operatori e accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale in un’ottica di decarbonizzazione e al contempo di rispetto del fabbisogno energetico.

Le critiche degli ambientalisti

Finalmente «regole certe dopo anni di attesa», dice il Mite. E Confindustria Romagna esulta: «Dopo anni di incertezze c’è quantomeno un quadro chiaro in cui potersi muovere. Ora, accanto all’auspicato revamping dei pozzi autorizzati nel breve termine, si può ragionare nel medio e lungo termine su nuove autorizzazioni». Dei malumori di alcune Regioni, come la Puglia, che sulle trivellazioni ha in ballo da anni una contesa giuridica con lo Stato culminata davanti alla Corte di giustizia europea, già sappiamo. Ma ora anche il mondo ambientalista torna sul piede di guerra e sabato 12 febbraio è sceso in piazza in una ventina di città “per dire basta alla corsa al gas”. Nel 2021 l’Italia ha consumato poco più di 72 miliardi di metri cubi di gas, ma ne ha prodotti all’incirca 2,3 miliardi, ovvero meno del 5% del fabbisogno nazionale. Che piaccia o no, così non va. La ripresa delle estrazioni potrebbe portare a un raddoppio della produzione italiana, passando da tre a sei miliardi di metri cubi all’anno. E così si guarda all’offshore del Mare Adriatico, con il suo tesoro di giacimenti di gas.

Via libera alle domande presentate a partire dal 2010

Ovviamente, non sarà un assalto alla diligenza. Nella realizzazione del Piano, si è tenuto conto dei criteri di sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Sono infatti state escluse le aree improduttive, restringendo l’area delle trivellazioni e limitando la ricerca al solo gas. Niente petrolio, dunque, sia in terra come in mare. L’intento, insomma, è quello di razionalizzare e concentrarsi su poche concessioni già attive. Si continuerà così a estrarre nei giacimenti più grandi e più ricchi, cioè quelli più produttivi. Con un ulteriore paletto: il via libera riguarda solo le attività le cui domande sono state presentate dopo il primo gennaio del 2010. Quelle antecedenti a questa data sono state considerate troppo poco attente ai criteri ambientali.

Le regioni interessate dal Piano

Ma quali sono le aree interessate dal Piano? Complessivamente il Pitesai riguarda il 42% del territorio italiano, di cui il 5% dell’intera superficie marina sottoposta a giurisdizione italiana, e stabilisce la chiusura alle attività in tutte le aree marine e terrestri non comprese nell’ambito territoriale di riferimento della pianificazione e valutazione del Piano. Escono così dalle aree interessate da attività di ricerca e coltivazione, le Regioni Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Liguria, Umbria e parte della Toscana e della Sardegna.

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