E’ risaputo che gli stipendi dei docenti italiani risultano tra i più bassi dell’Unione europea: a percepire meno soldi a fine mese – per un impegno dietro alla cattedra e a casa per preparare le lezioni e correggere i compiti sostanzialmente analogo – sono solo i colleghi dell’Est e della Grecia. In Germania partano con compensi maggiori a a fine carriera prendono il doppio degli italiani. In questi giorni tutti i partiti politici impegnati nella campagna elettorale, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, stanno sostenendo che se andranno al Governo investiranno diversi miliardi per avvicinare le buste paga degli insegnanti alla media europea. I diretti interessati, però, sono scettici.
Tra i 1.627 partecipanti all’ultimo sondaggio della Tecnica della Scuola (il 93,4% insegnanti), praticamente 9 su 10 hanno dichiarato di non credere alle promesse dei politici circa l’adeguamento degli stipendi ai parametri europei: l’intento di portare almeno 300 euro in più nella busta paga del corpo docente, andando così a ridurre la forbice rispetto ad altri Paesi ma anche a professioni del nostro pubblico impiego, viene inteso da quasi da tutti gli “attori” coinvolti solo come una manovra elettorale.
Leggermente più fiduciosi, ma non troppo, sono risultati i dirigenti, genitori, gli amministrativi e collaboratori scolastici che hanno partecipato al sondaggio: tra loro, l’85,7% ha dichiarato di non credere alle promesse elettorali.
Evidentemente, i quasi quattro anni senza contratto e le battaglie sindacali senza esito alcuno, hanno fortemente minato la credibilità della politica. Ricordiamo infatti che l’ultimo aumento degli stipendi dei docenti, pari al 3.48%, risale al 2018, e si tratta dell’unico incremento negli ultimi 12 anni.
Inoltre, lo stesso Governo Draghi, composto da un alto numero di partiti che oggi ambiscono a governare nella prossima legislatura, non ha messo sul “piatto”, tramite l’Aran, quelle garanzie economiche a beneficio della categoria che avrebbero convinto i sindacati a sottoscrivere almeno il contratto 2019/2021: ad oggi, siamo fermi a circa 100 euro di aumento medio (60-70 euro netti al massimo), con il contratto collettivo 2022/2024 tutto ancora da definire.
Le argomentazioni dei lettori della Tecnica della Scuola
Ma quali sono le argomentazioni dei lettori della Tecnica della Scuola che hanno portato ad una lettura così critica dell’impegno preso dai partiti sugli stipendi del personale scolastico?
In alcuni casi – va osservato – non si tratta di sfiducia nei confronti delle persone ma del sistema. Afferma un insegnante: “Non vedo nessun partito politico in grado di portare a termine la legislatura, non sarà quindi possibile portare avanti nessun programma elettorale”.
L’osservazione appare pertinente: questo proposito, di recente abbiamo fatto notare che la media di permanenza in carica di un ministro dell’Istruzione nel nostro Paese, sin dalle prime legislature, è di un anno e mezzo, arco di tempo insufficiente per andare fino in fondo nella riforme.
Ma non mancano i commenti più feroci: “Il solito insulto all’intelligenza”; “Pura propaganda elettorale, hanno bisogno di voti”; “Ne parleranno, ne parleranno e poi taglieranno ancora dalla scuola senza adeguate un bel niente”; “Partiranno con intenzioni entusiastiche, erogheranno poco e non subito e finiranno con le briciole“.
E ancora: “La classe politica non farà niente. Sono solo promesse elettorali. Con tutte le critiche fatte dal mondo della scuola, l’unico ad aver fatto qualcosa di positivo è stato paradossalmente Renzi: è un dato di fatto di cui bisogna comunque tener conto”. La Buona scuola, la Carta docente, i percorsi Fit evidentemente hanno riscosso l’apprezzamento degli insegnanti.
E c’è chi pensa che le maggiori criticità deriveranno dalle modalità degli aumenti stipendiali e dai criteri di assegnazione: “Sì, ma la destra lo renderà legato al merito = progettificio di gente che non sta mai in classe”.
Qualcuno teme: si tratterà di “aumenti ridicoli col rischio di aumentare il carico di lavoro”.
Infine non manca l’ironia sul tema delle vacanze estive, anche in queste ore è alla ribalta con le dichiarazioni di Antonello Giannelli (Anp). Il nostro lettore osserva: “Argomento utile solo in campagna elettorale: gli stipendi continueranno a stare sotto la media europea (dopo tutto gli insegnanti fanno 3 mesi di vacanze all’anno: sic!)”.
La scarsa fiducia per i partiti politici è nella sintesi di un insegnante: “Il PD, more solito, non manterrà la parola; la Destra ha distrutto la Scuola; Renzi ha già dato prova di odiare Scuola e docenti, il suo compare è un quaquaraquà“.
Precisiamo che l’indagine è stata realizzata dalla testata giornalistica “La Tecnica della Scuola” nel periodo che va dal 26 al 28 agosto 2022. Hanno partecipato 1.627 lettori. Il sondaggio non ha carattere di scientificità: i risultati derivano da conteggi automatici.
, 2022-08-28 09:57:00, E’ risaputo che gli stipendi dei docenti italiani risultano tra i più bassi dell’Unione europea: a percepire meno soldi a fine mese – per un impegno dietro alla cattedra e a casa per preparare le lezioni e correggere i compiti sostanzialmente analogo – sono solo i colleghi dell’Est e della Grecia. In Germania partano con […]
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