L’empatia è una parte fondamentale dell’essere umano; nella dimensione pedagogica ed educativa è impossibile ritenere di potersi rapportare con gli altri e con se stessi senza che essa sua presente. Presente, naturalmente, secondo qualche modalità nell’azione educativa autentica. Come sarebbe possibile comunicare, si sono chiesti numerosi pedagogisti, se all’educatore non “gli riuscisse di vedere il mondo come lo vede l’educando, vestendo i panni, come siamo soliti esprimerci, immergendosi, anche solo per pochi istanti nella sua situazione esistenziale” (Bellingreri, 2013).
Empatia come emozione, solamente?
L’empatia, di cui si parla, forse troppo abbondantemente in questo momento storico, non senza, talvolta, esagerare nelle deduzioni, è un’emozione, una forma di risonanza emotiva per mezzo della quale, e con la forza della quale, l’universo e il mondo interiore dell’altro diventa a noi meno oscuro e, in taluni casi, addirittura, noto. In realtà, inutile negarlo, l’empatia ci porta, ci conduce, verso una conoscenza nuova dell’altro. Ne hanno parlato filosofi, poeti, religiosi di ogni confessione. L’empatia porta una “conoscenza nuova”. È, per ciascuno di coloro che ne hanno parlato, una via di accesso all’altro. È un modo di sentire? È un modo di essere liberi da pregiudizi e disponibili all’ascolto?
Se volessimo servirci, in questo viaggio, della filosofia e della pedagogia classiche potremmo dire che l’empatia è la “pars potior”, il nucleo attorno al quale gira il mondo, le nostre relazioni, i nostri rapporti umani.
Il quadro teorico dell’empatia
L’empatia, fenomeno interpersonale, si riferisce alla condivisione e alla comprensione dei pensieri e dei sentimenti di altre persone e alla cura del loro benessere. È convinzione comune che l’empatia sia un importante ingrediente nei processi interpersonali (Main et al., 2017). A ciò si aggiunge quanto hanno rilevato alcun studi che hanno posto in evidenza che esiste, ed è assolutamente evidente, una compromissione del funzionamento sociale derivato da un palese deficit di empatia in una serie di condizioni neuropsichiatriche (Shimoni et al., 2012). A tutti noi è noto come l’insegnamento sia da considerare un’interazione sociale che coinvolge, congiuntamente e simultaneamente, un allievo e un insegnante che è anche da considerare e da misurare come inseparabile dall’empatia. L’empatia dell’insegnante, che coinvolge elementi cognitivi e affettivi, infatti, ha in sé e implica una comprensione completa della situazione degli studenti che condividono le emozioni. Anche perché, come afferma Daniela Dato (2016), l’educare alle emozioni rappresenta la più importante opera educativa; opera e stile che dovrebbero essere insegnati a ciascuno e per tutto l’arco della vita. Educare, dall’altronde, «implica mettere se stessi al servizio della crescita dell’altro» (Bellingreri). Attualmente, vi è una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’empatia degli insegnanti anche nei percorsi formativi che stanno caratterizzando l’aggiornamento degli insegnanti di ogni ordine e grado e, naturalmente, non solo in Italia (Swan e Riley, 2015 ). Esiste, comunque, un legame che tiene unite le teorie dello sviluppo degli studenti e l’empatia dei docenti.
Gli insegnanti si concentrino maggiormente sulla comprensione e sui risultati degli studenti: basta?
Le ricerche dimostrano che le convinzioni degli insegnanti influenzano la loro pratica e, inutile ribadirlo, anche l’efficacia dell’insegnamento. Lavigne (2014), ad esempio, suggerisce che gli insegnanti si concentrino maggiormente sulla comprensione e sui risultati degli studenti. Quello che, inoltre, metteva in evidenza la ricerca, era che la fiducia in se stessi degli insegnanti era in maniera molto diretta associata alla fiducia in se stessi dei loro studenti. In coerenza con questi risultati scientifici nel contesto educativo, si è, inoltre, osservato che esiste ed è evidente un’associazione significativa tra le convinzioni degli insegnanti, quelle che sono, praticamente, le teorie sullo sviluppo degli studenti, e le pratiche stesse poste in essere dagli insegnanti. Collegata, dunque, all’empatia. Gli insegnanti che detengono una elasticità di pensiero hanno maggiori probabilità di mostrare un’elevata empatia e una prospettiva capace di modellarsi ai bisogni personali degli studenti. Le ricerche, dunque, sottolineano con maggiore evidenza, che l’empatia dell’insegnante, «consiste nel comprendere in modo completo la situazione degli studenti, condividere le emozioni positive e negative degli studenti ed esprimere cura per loro attraverso le loro azioni» (Ronen, 2020, p. 25).
La metodologia: la formazione dell’empatia autentica
La formazione dell’empatia autentica (Berkovich, I., and Eyal, O., 2015) richiede, però, un percorso, possiamo dire, comune di elaborazione dei significati, intimi e veri, profondi, delle parole che utilizziamo e che arricchiscono il vocabolario che risulta essere essenziale, nei rapporti umani. Eccoci giunti, così, alla vera condivisione dei valori, quelli che ci permette di giungere, senza traumi, senza infingimenti, senza distrazioni epistemologiche, a quello che si definisce “reciproco riconoscimento all’interno di un più vasto universo di senso (Bellingreri 2013, p. 10). Quella che diventa parte fondamentale, indispensabile, irrinunciabile, di ciascun membro della comunità responsabile e di ciascun membro disponibile a scuola ma anche in altri contesti sociali costituiti ed educativi. È provata la circostanza, infatti, i giovani che mostrano empatia hanno meno probabilità di fare il prepotente. L’empatia può anche essere una via per il successo scolastico e professionale, perché aiuta le persone a capire e lavorare con gli altri.
Creare empatia, richiede attenzione e impegno
Sebbene non richieda necessariamente molto lavoro, creare empatia, richiede attenzione e impegno, ma ne vale la pena. Risulta, infatti, importante per gli studenti, i docenti (Stojiljković, S., Djigić, G., and Zlatković, B., 2012) e l’intera comunità scolastica. Ancora più determinante appare quando si opera con alunni con disabilità. La loro specialità rende ancora più determinante l’impegno a favore di questi alunni che cercano, e devono trovare nella scuola e nell’insegnante (ancor di più, nell’insegnante di sostegno) un docente capace di istaurare rapporti empatici e costruire processi empatici.
Cosa accade se i giovani vivono empaticamente le relazioni umane?
Gli studi dimostrano, infatti, che quando i giovani vivono empaticamente le relazioni umane e sviluppano percorsi di empatia, risultando essi stessi empatici, mostrano:
- Più impegno in classe e nelle dinamiche relazionali ed educativa
- Risultati scolastici più apprezzabili, quanto mai necessari in taluni contesti educativi e formativi
- Migliori capacità di comunicazione
- Minore probabilità di essere vittime di bullismo o di essere essi stessi “carnefici”
- Comportamenti meno aggressivi e disturbi emotivi meno accentuati e, praticamente, meno inficianti il processo o, meglio, il percorso educativo
- Relazioni più positive ad ogni livello e con qualsivoglia attore della comunità scolastica (inteso, esso, nella poliedrica possibilità anagrafica e di ruolo).
L’UdA “Le emozioni in scatola”
L’Uda che alleghiamo ha come punto di partenza l’accoglienza dei ragazzi nella nuova realtà scolastica, le varie attività proposte hanno lo scopo di far conoscere meglio i propri compagni, perchè dalla reciproca conoscenza nasce un clima di fiducia che è alla base di un rapporto collaborativo e costruttivo tra alunni e docenti. L’UdA interdisciplinare denominata “Le emozioni in scatola (Empatia classi prime)” ha coinvolto i professori Elisabetta Clementi, Nicola Tallarini, Maria Tancini, M. Luigia Ferri, Lucia Gentilini, Cinzia Sacconi, Cristina Serafini, Davide Morri, Claudia Bellocchi e Francesco Rocca. Docenti tutti del prestigioso Istituto Omnicomprensivo Statale “Della Rovere” di Urbania diretto brillantemente dalla professoressa Antonella Accili.
Classi prime – UDA – LE EMOZIONI IN SCATOLA_Classi prime scuola secondaria di I grado – EMPATIA
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