di Alessandro Sala
Esce nelle sale il film animalista di Jerzy Skolimowski, premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes. Il lungo viaggio dalla Polonia all’Italia di un somarello che non si rassegna alla prigionia
Dalla Polonia all’Italia in un viaggio che non solo attraverso l’Europa, ma anche e soprattutto attraverso le tante sfaccettature della nostra (dis)umanit. E che negli occhi di un asino, Eo, ci viene spiattellata davanti agli occhi senza grandi possibilit di replica. Sappiamo essere umani e disumani al tempo stesso, soprattutto nel rapporto con gli animali e, soprattutto, con quegli animali che ancora non siamo arrivati a considerare di famiglia. Ce ne nutriamo, li utilizziamo per i lavori pi duri. Li trattiamo nel peggiore dei modi quando li alleviamo, quando li trasportiamo e persino quando li macelliamo. Il benessere degli animali ci interessa quasi esclusivamente se parliamo di cani, gatti e pochi altri eletti che abbiamo fatto entrare nella categoria dei pet.
Ma gli animali sono esseri senzienti anche se non sono piccoli e graziosi, se non vivono nelle nostre case e se non hanno accesso al nostro letto e al nostro divano. Ed questo il messaggio che scaturisce dal film del regista polacco Jerzy Skolimowski, che all’ultimo Festival di Cannes, dove tornava dopo 7 anni, ha presentato una pellicola animalista, che si guadagnata il premio della Giuria. Con i riflettori orientati tutti sulle Palme e con flash che scintillano sul red carpet, non si parla molto dei premi secondari, soprattutto se a conquistarli un animale. A meno che, e si ritorna alla visione pet-centrica delle nostre societ, che l’attore degno di lode non sia un cane, come nel caso del Jack Russel di The Artist, il film del 2011 di Michel Hazanavicius, che ha collezionato successi in tutti i principali festival e messo sotto i riflettori non solo gli attori protagonisti, ma anche il cane. Nel nostro caso, invece, il protagonista un asino, un animale umile, da sempre utilizzato per il lavoro o destinato a diventare carne e salame e solo raramente considerato animale da compagnia (o adatto alla pet therapy, come si vede anche in una scena del film). Eo, dopo la chiusura del circo polacco in cui si esibiva, viene trasferito in una stalla da cui riesce a fuggire per un lungo viaggio che, di avventura in avventura, lo porta fino in Italia, incontrando e relazionandosi con personaggi di vario genere, fino ad un giovane sacerdote globetrotter con problemi di ludopatia che ha sperperato la ricchezza della sua famiglia. Il film esce nelle sale il 22 dicembre e della trama conviene, dunque, non raccontare altro.
Spostiamo allora i riflettori sul tema scelto da Skolimowski , il quale affida agli occhi di questo animale il suo stesso sguardo sulla natura umana. Che pu essere tenera ed empatica, come quella che si percepisce all’inizio del film, nella relazione tra Eo e Magda, la sua compagna di scena (che in pista si chiama Kasandra), ma anche la sua unica vera amica. Che ricorrer nel corso del film anche dopo l’addio, una volta in presenza e pi volte sotto forma di flashback emotivi che aiutano Eo a rinforzare la determinazione alla fuga, alla ricerca di una possibile libert. Nel suo percorso si trover in diverse situazioni in cui vivr tutti gli aspetti dell’abiezione ma anche della compassione umana. E si trover a condividere, nei silenzi e negli sguardi che solo gli animali sanno scambiarsi, le angosce e le paure di quel mondo non umano che gli umani pretendono di controllare.
Che quello di Skolimowsky sia un film animalista, anche se non dichiaratamente, lo si avverte in tanti momenti. Nell’incontro con i prigionieri in gabbia di quello che si pu intuire essere un allevamento per pellicce (una volpe utilizzata nelle riprese stata a sua volta salvata da uno di questi luoghi prima di diventare attrice), nella condanna all’utilizzo degli animali nel circo, nelle violenze gratuite che subisce Eo da parte di pi di un essere umano. Ma anche nella semplice rappresentazione del viaggio a bordo di un camion bestiame, che lascia intuire la sofferenza degli animali trasportati vivi, ammassati gli uni agli altri in spazi angusti, una pratica contro cui le associazioni animaliste si battono ma che ancora non ha trovato sponde nei legislatori.
Eo un animale innocente e al tempo stesso un testimone che fotografa il nostro vero essere. Nel nostro mondo cinico e spietato – spiega Slolimowsky – l’innocenza pu passare per ingenuit o pu essere presa come segno di debolezza. Eo invece un animale forte, che riesce a superare molte delle prove che gli si presentano davanti. Io – dice ancora il regista, che riconosce di essere stato ispirato da Au hasard Balthazar film del 1966 di Robert Bresson che affrontava in parte gli stessi temi – cerco ancora di coltivare ci che resta dell’innocenza in me.
20 dicembre 2022 (modifica il 20 dicembre 2022 | 18:50)
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, 2022-12-21 15:37:00, Esce nelle sale il film «animalista» di Jerzy Skolimowski, premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes. Il lungo viaggio dalla Polonia all’Italia di un somarello che non si rassegna alla prigionia , Alessandro Sala