Epatiti bambini, i casi aumentano. L’Oms indaga su doppia azione adenovirus-Covid

Epatiti bambini, i casi aumentano. L’Oms indaga su doppia azione adenovirus-Covid

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di Cristina Marrone

L’Italia è il Paese europeo che ha segnalato il maggior numero di casi. Nel mondo almenno 14 bambini sono morti. La duplice infezione (anche silente)potrebbe mandare in sovraccarico il sistema immunitario quando Sars Cov-2 si nasconde nell’intestino

Sono sempre più numerosi i casi di epatite acuta di origine sconosciuta che colpisce i bambini. Gli Stati Uniti stanno indagando su 180 casi, in aumento rispetto ai 109 segnalati due settimane fa (solo il 7% risale però agli ultimi giorni, gli altri sono stati contabilizzati solo ora, quando le autorità sanitarie hanno ampliato le indagini). Fino ad oggi i decessi negli Usa sono sei. Quindici bambini, quasi tutti in età prescolare, hanno avuto necessità di un trapianto di fegato. Anche il Regno Unito, primo Paese a lanciare l’allarme, continua a segnalare nuovi casi: nell’ultimo bollettino si parla di 197 piccoli colpiti dalla misteriosa epatite, 34 in più di una settimana fa. Di questi undici hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato, uno è morto. Il Centro europeo per la Prevenzione e il controllo delle malattie europeo parla di 125 casi identificati in 14 Paesi europei. L’Italia è il Paese in Europa che ha segnalato il più alto numero di epatiti sconosciute: 35, seguita dalla Spagna (26) e dal Portogallo (12). A livello globale sono stati identificati quasi 700 casi di epatite inspiegabile; almeno 14 bambini sono morti.

I virus

L’epatite ha molteplici cause, ma in questi casi sono stati esclusi i virus conosciuti che causano l’epatite (epatite A, B, C, D ed E) e l’origine resta ancora avvolta dal mistero.Gran parte dell’attenzione si è concentrata sul ruolo potenziale di un adenovirus, in particolare l’adenovirus 41, che è stato rilevato in molti casi. Il virus è comune e in genere provoca malattie gastrointestinali, ma non provoca danni al fegato in bambini sani (possibile in ragazzini immunodepressi ma i giovani pazienti sono finora risultati tutti in buona salute prima di contrarre l’epatite).

Le ipotesi

Gli investigatori sanitari stanno valutando una serie di ipotesi. Questo fenomeno si verificava in precedenza ma a numeri così bassi da non essere stato rilevato? L’adenovirus è cambiato in modo tale da essere capace di attaccare il fegato? C’è una combinazione di fattori in gioco, come l’effetto di un altro virus (anche Sars-CoV-2, rilevato nel 15% dei pazienti inglesi) o tossina in tandem con un’infezione da adenovirus? I bambini sono più suscettibili agli effetti di un’infezione da adenovirus a causa della mancanza di esposizione ai virus comuni durante la pandemia di Covid-19? Davvero è coinvolto in tutto questo un adenovirus?

Le prove genomiche preliminari dimostrano che nei bambini non è stato trovato solo l’adenovirus 41, ma anche altri ceppi i adenovirus, sebbene il 41 sia risultato prevalente. Il fattore vaccini anti-Covid è già stato escluso dall’inizio: moltissimi bambini hanno meno di cinque anni e non sono stati vaccinati.

L’ipotesi prevalente: adenovirus e Sars-CoV-2

Finora una doppia azione dovuta alla compresenza dell’adenovirus e del virus SarsCoV2 è l’ipotesi più probabile per spiegare l’origine dei casi di epatite che nelle ultime settimane si stanno verificando nei bambini, e su questo sta puntando anche l’Organizzazione mondiale della Sanità.

Una delle ipotesi è infatti che i casi di epatite siano il risultato di una passata infezione da Covid-19 seguita da un’altra infezione virale, forse da adenovirus 41. Secondo questa teoria, alcuni bambini non eliminano completamente il coronavirus dopo un’infezione lieve e il virus permane nel loro tratto gastrointestinale, mantenendo in questo modo il sistema immunitario estremamente attivo. Spinti da questa seconda infezione virale i componenti del sistema immunitario vanno in «overdrive» danneggiando il fegato, con un processo chiamato «attivazione immunitaria mediata da superantigene». In sostanza, la seconda infezione innesca una cascata di effetti che si traduce in epatite. «Se un bambino ha un tale serbatoio virale che persiste per un po’ e poi ha un’infezione virale intestinale» – forse dovuta all’adenovirus – «allora si può immaginare che questo potrebbe potenziare questo effetto superantigene» ipotizza Petter Brodin, professore di immunologia pediatrica presso L’Imperial College London su The Lancet Gastroenterology and Hepatology.

L’ipotesi avanzata da Petter Brodin e dal collega Moshe Arditi è al momento la chiave di lavoro dell’Organizzazione mondiale di Sanità che guarda con interesse a questa possibilità. «L’ipotesi principale rimane un possibile link c con l’adenovirus e/o con Sars-CoV-2» ha riferito l’esperta Oms Philippa Easterbrook, durante il briefing periodico con la stampa di qualche giorno fa.

Si indaga anche per capire «come queste due infezioni potrebbero agire insieme come co-fattori, o aumentando la suscettibilità» dei bambini o «creando una risposta anormale» da un punto di vista immunitario. «Una precedente infezione Covid nei bimbi, forse di qualche tempo fa, potrebbe aver persistito ed essere rimasta nell’intestino. E poi una successiva infezione da adenovirus potrebbe aver provocato l’attivazione del sistema immunitario e l’infiammazione. Questa è solo un’ipotesi – ha precisato Easterbrook, che fa parte del Global Hiv, Hepatitis and Sti Programme dell’Oms – Non c’erano dati basati sugli studi sui bambini a sostegno di questo ed è per questo che è così importante che il test Covid, fra gli altri test, venga eseguito sistematicamente sia per rilevare l’infezione passata che una presente e per tutti i bambini, in modo da poter fare confronti tra i casi segnalati in diversi Paesi».

Anche Giuseppe Remuzzi direttore dell’Istituto Mario Negri sposa questa ipotesi per spiegare le misteriosi epatiti pediatriche. «Alla base c’è la possibilità che nei bambini che hanno avuto l’infezione da SarsCoV2, questo virus possa essersi nascosto e annidato». Questo potrebbe avvenire, per esempio, anche nel caso in cui i bambini abbiano avuto l’infezione, ma non i sintomi, o se hanno superato l’infezione: «Se il virus non viene più rilevato, non è detto che non ci sia un reservoir». L’intestino, prosegue Remuzzi, potrebbe essere il luogo in cui si nasconde il virus; quest’ultimo rilascerebbe in modo costante le sue proteine, che insieme comincerebbero ad agire come un super-antigene, ossia come un unico agente capace di stimolare la reazione del sistema immunitario. In particolare, verrebbero attivate le cellule T, che si solito sferrano il loro attacco contro un bersaglio preciso; tuttavia, il super-antigene riesce a deviarle e alla fine le cellule immunitarie cominciano a liberare una grandissima quantità di citochine, ossia delle sostanze responsabili delle infiammazioni. Il meccanismo è lo stesso che provoca la cosiddetta tempesta di citochine e che nei bambini scatena la malattia multisistemica. Questo processo può avvenire anche quando un bambino che ha avuto l’infezione da SarsCoV2 viene a contatto con l’adenovirus, soprattutto quello del sottotipo 41-F, osservato in molti casi di epatiti anomale. Secondo Remuzzi «sarebbe l’ipotesi più convincente» perché riesce a dare una collocazione a tutti i fattori finora osservati nelle epatiti anomale, ossia «il fatto che la maggior parte dei bambini ha l’adenovirus, che l’adenovirus sta circolando contemporaneamente al SarsCov2, che non siano coinvolti i virus delle epatiti noti e che sia chiara l’origine virale dei casi». Per avere la risposta, prosegue, si dovrebbe «analizzare il siero dei bambini che hanno avuto le epatiti anomale per capire quanti sono stati esposti al virus SarsCov2 e, per capire se potrebbero avere ancora una riserva, bisognerebbe analizzare la presenza del virus nelle feci. Da solo – conclude – l’adenovirus 41-F non è in grado di dare la malattia».

Cade l’ipotesi cani

Altri scienziati sembrano più scettici all’idea che il Covid sia coinvolto nelle nuove epatiti pediatriche o quanto meno non si sbilanciano. Calum Semple, professore di salute infantile e medicina delle epidemie all’Università di Liverpool, ha dichiarato a STAT di essersi allontanato dall’idea di un possibile legame con il Covid: «Non escludiamo del tutto il coinvolgimento del coronavirus, ma penso che il Covid sia ora in fondo alla lista». Nel penultimo report del Regno Unito le autorità sanitarie avevano notato che molti casi provenivano da famiglie proprietari di cani o che avevano avuto contatto coi cani. Tuttavia nell’ultimo report di venerdì i ricercatori hanno scritto: «Non c’è differenza tra i bambini con contatto con il cane e quelli senza contatto con il cane né nei modelli di malattia né nei rilevamenti virologici» concludendo che «non è più questa una linea di indagine attiva da parte delle agenzie di salute pubblica».

23 maggio 2022 (modifica il 23 maggio 2022 | 13:28)

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, 2022-05-23 11:48:00, L’Italia è il Paese europeo che ha segnalato il maggior numero di casi. Nel mondo almenno 14 bambini sono morti. La duplice infezione (anche silente)potrebbe mandare in sovraccarico il sistema immunitario quando Sars Cov-2 si nasconde nell’intestino , Cristina Marrone

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