L’esoscheletro che aiuta a fare gli esercizi di riabilitazione meglio (e senza affaticarsi troppo)

L’esoscheletro che aiuta a fare gli esercizi di riabilitazione meglio (e senza affaticarsi troppo)

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Ammettiamolo: come reagireste attaccati ad una «gabbia» meccanica che vi avvolge spalla e braccio (ancora doloranti magari) e li muove al posto vostro per farvi fare una serie di esercizi di riabilitazione? Gli spettatori del Tempo della Salute 2022 hanno potuto farsene un’idea assistendo alle «evoluzioni» di Float, il nuovo esoscheletro creato da Rehab Technologies Iit – Inail, il laboratorio congiunto frutto della collaborazione tra Istituto Italiano di Tecnologia e il Centro di Riabilitazione motoria Inail di Volterra.

Due le funzioni principali per le quali il robot è stato ideato: «risistemare» il complesso delle articolazioni della spalla nella fase post-chirurgica o a seguito di lesioni post-traumatiche, come la frattura dell’omero o la lesione della cuffia del rotatore, dovute a incidenti. Inoltre, mettere una persona con capacità motorie residue in condizione di compiere esercizi che hanno una funzione nella vita quotidiana come muovere un mouse; spostare degli oggetti dal basso verso l’alto; lavare i piatti o piegare un lenzuolo.

Test clinici

La riabilitazione robotica si è ormai affermata un po’ dappertutto nel mondo e l’Italia vanta una tradizione di ormai una ventina d’anni. Il nuovo dispositivo per la riabilitazione delle braccia ha già superato i primi test clinici presso il Centro di Riabilitazione motoria di Volterra diretto dalla dottoressa Elisa Taglione. I risultati, pubblicati sulla rivista internazionale Applied Sciences, gettano le basi per future applicazioni anche su pazienti con disfunzioni motorie dovute ad ictus o a malattie neurodegenerative.

«Stiamo anche scrivendo un altro studio scientifico. Riguarda sia soggetti con una condizione di tipo ortopedico alla spalla sia anche i terapisti. È incentrato sulla sicurezza e sulla usabilità del dispositivo con una serie di misure tipo oggettivo e una serie di misure tipo soggettivo, sostanzialmente questionari sia per gli utenti sia per i terapisti» spiega Lorenzo De Michieli, responsabile di Rehab Technologies Iit-Inail . Con quale esito? «Semplificando, molto promettente. Del fatto che la macchina funzionasse bene eravamo abbastanza convinti, la sperimentazione clinica lo ha confermato. Ci preoccupava un po’ l’aspetto dell’usabilità e anche della percezione da parte del pubblico, perché nel momento in cui la persona che ha dolore deve inserirsi in un robot forse qualche timore può pure averlo. Fortunatamente questo problema è stato superato».

Nato «su misura» dei pazienti

Nella progettazione è stato utilizzo un processo incentrato sulla persona, basato su una fase esplorativa, una fase generativa e una fase formativa. La prima fase è stata principalmente costituita da interviste per comprendere tutti i bisogni espliciti ed impliciti di tutti gli stakeholder coinvolti (principalmente pazienti e terapeuti). A seguito di questo processo, durante la fase generativa, sono stati progettati, implementati e valutati dagli stakeholder diversi modelli di Float per superare i limiti dei dispositivi attualmente sul mercato.

«In particolare — si spiega nell’articolo scientifico pubblicato su Applied Sciences—, il principale limite della maggior parte degli altri esoscheletri degli arti superiori è il loro ridotto spazio di lavoro, che costringe il paziente a eseguire esercizi esclusivamente in una posizione fissa, seduta o in piedi. Ciò limita fortemente la gamma di attività che possono essere potenzialmente simulate durante la riabilitazione. Inoltre, il feedback visivo viene solitamente fornito al paziente attraverso uno schermo posto davanti alla macchina».

Come si indossa

Non è un’operazione difficile. L’esoscheletro viene «indossato» allacciando due tutori a livello di braccio e avambraccio, attraverso i quali il moto del robot viene trasmesso al paziente. Inoltre, un corsetto ergonomico vincola il busto del paziente alla struttura. Questi ausili consentono una rapida vestizione e assicurano il corretto allineamento dei giunti del robot alle articolazioni interessate dalla terapia riabilitativa. Tenendo in considerazione l’importante questione della cosiddetta medicina di genere e dunque delle differenze di dimensioni e proporzioni tra uomo e donna, Float è stato studiato per essere facilmente adattabile ad individui con diverse caratteristiche antropometriche, grazie alle parti di collegamento tra i giunti motorizzati regolabili in lunghezza e alla colonna telescopica adattabile all’altezza del paziente.

Dispositivi di controllo

Passando alla parte software, il controllo del dispositivo avviene attraverso uno schermo touch (panel PC) posto sul carrello di alimentazione. L’interfaccia grafica semplice e intuitiva consente al fisioterapista di scegliere la modalità di funzionamento desiderata e personalizzare la sessione riabilitativa sul singolo paziente. Le modalità di funzionamento del dispositivo implementano quanto abitualmente eseguito nel percorso riabilitativo tradizionale.

I criteri di sicurezza

Ma può accadere qualche imprevisto? Float è sicuro? «Nulla è infallibile — risponde De Michieli —. Float però risponde a tutti quelli che sono gli standard di sicurezza internazionali per i dispositivi elettromedicali, diversamente non avremmo potuto fare la sperimentazione clinica. Quindi la macchina, oltre a essere costruita con dei criteri particolari rivolti alla sicurezza, in caso di guasto ha tutti i livelli di sicurezza che le consentono di non causare fondamentalmente danni né al paziente né all’operatore».

Il robot impara dal terapista

«La macchina può imparare dal terapista perché fondamentalmente riesce a registrare le manipolazioni che il terapista esegue sul braccio e sulla spalla della persona», spiega De Michieli. «Naturalmente collezionato un certo numero di esercizi che il terapista insegna, può anche collegarli tra di loro, cambiarne anche alcuni parametri tipici come la velocità, il numero di volte in cui vengono eseguiti o filtrarne alcune caratteristiche dinamiche dovute magari al movimento non perfetto del terapista che in quel momento può avere un attimo di pausa, un tremore o un’esitazione e la macchina in qualche modo può anche pulire, filtrare, sotto la guida del terapista, questo tipo di traiettoria nello spazio».

Facilità di esecuzione

Ma tra i lati positivi di Float c’è la possibilità di facilitare molto l’esecuzione degli esercizi di riabilitazione. «La persona può agire senza sentire il peso dell’esoscheletro sulla schiena. Questo perché il peso della macchina è sorretto e completamente bilanciato da un braccio robotico retrostante. Di fatto la persona può muoversi in uno spazio di lavoro di qualche metro quadrato, sostanzialmente senza sentire alcun peso sulle spalle. Può allacciarsi le scarpe, può raggiungere un oggetto sistemato su uno scaffale in alto», specifica il responsabile di Rehab Technologies Iit-Inail.

Esercizi per gradi

Qual è l’effetto sulla persona? «Oltre a non appesantire il paziente, l’esoscheletro deve aiutarlo nell’azione che il braccio deve svolgere attraverso diverse modalità: la più semplice di tutte, che va bene per la terapia diciamo in fase ancora acuta della riabilitazione del trauma, è quella per cui il braccio resta passivo completamente e la macchina lo muove come fa un terapista quando manipola il nostro braccio e noi non siamo ancora in grado di produrre forze e di fare un lavoro autonomo», elenca de Michieli.

«Nella seconda modalità, il terapista insegna alla macchina movimentazioni molto più articolate e complesse nello spazio, la macchina le esegue ma la persona viene mossa passivamente o esercita pochissima forza, quindi accompagna soltanto il movimento che viene per la gran parte fatto dall’esoscheletro». «Con la terza modalità invece la persona, in fase più avanzata di riabilitazione, è in grado di svolgere azioni di vita almeno parzialmente in modo autonomo, vengono assegnati dei compiti come appunto raggiungere degli oggetti, spostarli in diverse posizioni dello spazio, dall’alto al basso o anche di lato, quindi tipicamente annulla l’effetto di peso del braccio».

Un movimento «dolce»

Come si muove l’esoscheletro? «In maniera molto dolce, quindi minimizza le variazioni di accelerazione del braccio, un po’ come accade negli schemi motori tipici dell’uomo. L’aspetto che piace particolarmente al terapista e anche al paziente è proprio questo. Di fatto, la collaborazione tra uomo e macchina risulta completamente naturale e per quanto possibile anche gradevole».

L’evoluzione del modello: Realtà aumentata

Quale sarà il futuro di Float? Potremo mai usarlo in casa? « Il progetto resta legato all’utilizzo della macchina per la riabilitazione: dunque ad un ambito “professionale” che sia l’ospedale, lo studio privato o una palestra. Non in quello domestico. La macchina che stiamo sviluppando avrà una serie di caratteristiche funzionali migliorate e avrà ad esempio l’accesso alla Realtà aumentata: la persona potrà cioè lavorare in un ambiente reale ma ulteriormente arricchito da informazioni che provengono da un visore di Realtà aumentata per rendere più gradevole l’esperienza. Float inoltre sarà più piccolo e anche più bello».

La start up

Il progetto Float vivrà presto una fase di sviluppo commerciale. «In realtà stiamo lavorando alla creazione di una start up che avrà lo scopo di portare sul mercato alcune delle tecnologie che abbiamo sviluppato in laboratorio: Float potrebbe essere una di quelle», spiega De Michieli. «Si rivolge al mondo elettromedicale, quindi dei dispositivi medici e probabilmente avrà una proposta di valore anche nella protesica e siamo fiduciosi che possa averla appunto anche nelle macchine indossabili, negli esoscheletri».

10 novembre 2022 (modifica il 10 novembre 2022 | 11:53)

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, 2022-11-10 11:06:00, Il laboratorio Rehab Technologies Iit-Inail ha messo a punto un modello in grado di favorire il recupero motorio e funzionale delle articolazioni della spalla dopo un intervento chirurgico oppure a seguito di lesioni post-traumatiche, Ruggiero Corcella

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