Tra gli esuli russi a Belgrado: Noi come la Germania nazista, non potevo crederci

Tra gli esuli russi a Belgrado: Noi come la Germania nazista, non potevo crederci

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di Federico Fubini

Fra le decine di migliaia di esuli russi arrivati a Belgrado, fuggiti dalle loro case dopo la guerra con l’Ucraina: A volte mi dico che a nascere in Russia ho preso il biglietto sbagliato della lotteria

DAL NOSTRO INVIATO
BELGRADO — Il 24 febbraio 2022 Olga si svegliata di soprassalto perch Maxim, suo marito, stava piangendo.

In quel momento, in un’altra parte di Mosca, Mikhail Korostikov era sul punto di rinunciare al suo posto da manager nella pi grande banca russa: nel giro di un paio di giorni avrebbe iniziato a studiare il serbo, per rifarsi una vita altrove.

L’attacco all’Ucraina era iniziato da poche ore ma Olga, Maxim e Mikhail sapevano gi che in Russia posto non c’era pi posto per loro.

Ivan invece ha passato il confine con il Kazakhstan a piedi alle otto di sera del 21 settembre; dieci ore prima, nel suo appartamento di Mosca, aveva letto sullo smartphone dell’ordine di mobilitazione.

Non si conoscevano quei quattro, non si erano mai incrociati. Ma la guerra ha spinto le loro vite fino a confluire in un unico luogo: Belgrado, la sola capitale europea dove – dice Olga – possiamo parlare russo a nostro figlio per strada senza doverci guardare intorno. Una citt abbastanza distante per tenerli lontani dalla Russia, ma abbastanza diversa dall’Occidente da aprirsi a centinaia di migliaia di ragazzi in fuga dal dispotismo russo.

Non sono rifugiati e non sono benvenuti, solo tollerati.
Sono fuggitivi senza voce e senza terra.
Sono autori, spesso, di atti di dignit civile per i quali stanno pagando un prezzo elevato che nessuno gli riconoscer mai.

In questi mesi Belgrado si riempita di esuli russi cos rapidamente che qui in pochi mesi sono nati i co-working space, i ristoranti, i punti d’incontro per loro, mentre in citt il costo degli affitti esploso. Fra febbraio e ottobre pi di 140 mila russi hanno registrato la residenza permanente in Serbia, secondo il ministero dell’Interno. Da allora hanno continuato ad affluire, a ondate. E nelle date di arrivo restano scritte in controluce le idee, la condizione esistenziale, forse anche le scelte future.

Ci sono quelli arrivati con il primo flusso di fuoriusciti: i disgustati della guerra, coloro che dal 24 febbraio 2022 non volevano avere pi niente a che fare con Vladimir Putin e il suo regime.

Poi ci sono quelli della seconda ondata, lo status moralmente pi ambiguo: sempre esposti al sospetto di non aver sentito alcun bisogno di voltare le spalle al dittatore, prima di capire che questi era disposto a gettare anche loro nella fornace della guerra.

Maxim e Olga: La Russia ormai uno Stato fascista

Non sicuramente il caso di Maxim, il marito di Olga: l’uomo di quarantadue anni che il mattino del 24 febbraio di un anno fa aveva aperto i canali di notizie sul telefono e iniziato a piangere e a battere la testa contro il frigorifero. Non avrei mai immaginato che ci saremmo trovati nella situazione della Germania nazista dice Maxim, che chiede di omettere il suo cognome per non creare difficolt all’azienda europea per la quale lavora a Belgrado da nomade digitale.

Il suo ufficio un angolo dell’appartamento molto semplice dove Maxim e Olga mi accolgono per cena. Ero cresciuto nell’idea che noi russi eravamo i buoni. E ora le nostre truppe stavano bombardando Kharkiv, Kiev – racconta Maxim –. Lo so che gli ucraini ci odiano quando li chiamiamo fratelli, ma era quel che sentivo per loro. Quel mattino del 24 febbraio saltato l’ultimo sigillo che separava la Russia da uno Stato fascista.

Almeno dal 2022 Maxim aveva smesso di unirsi alle manifestazioni anti-Putin, perch gli sembrava troppo grande la sproporzione fra la loro efficacia, impalpabile, e i rischi personali. Sarei entrato in politica se ci fosse stato un modo facile per farlo, riconosce. A un certo punto l’aver smesso di ascoltare Echo Moskvy, una delle poche radio d’opposizione, l’aveva aiutato a rimuovere il problema (non ci pensavo pi) e a rendergli la vita in Russia, in fondo, tollerabile.

Poi la storia si incaricata di strappare Maxim e Olga dalla bolla che avevano cercato di costruire attorno alla loro famiglia. Alla sera del 24 febbraio avevano gi deciso di lasciare tutto e lei consulta uno psicologo per annunciarlo al figlio Yuri, di otto anni. Gli abbiamo detto che se fossimo rimasti in Russia, c’era il rischio che non avremmo pi potuto vedere la Sardegna.

Pi difficile spiegare la scelta di andarsene all’anziana madre di lei. Il padre di Olga era stato un capitano di sottomarini, cinque anni della vita passati sott’acqua, la madre un’ingegnera nucleare. Olga cresciuta in una base navale vicina al circolo polare artico, prima che la Perestroika e la fine dell’Urss azzerassero tutto e riducessero la famiglia in povert. Forse per questo che la madre di lei oggi con Putin, per la guerra, per la restaurazione imperiale. Impossibile parlare con lei di queste cose – fa Olga –. A volte mi dico che a nascere in Russia ho preso il biglietto sbagliato della lotteria. Ma mia madre mi ha detto che se andiamo in Serbia andava bene, perch un Paese ortodosso.

Eccetto che Belgrado tutto sembra salvo che un approdo definitivo. Sembra pi una terra di nessuno, sospesa fra Oriente ed Occidente, impigliata nel suo passato di capitale del piccolo impero jugoslavo perduto.

Mikhail: Putin e i suoi rappresentano un modo di pensare morente

A Mikhail Korostikov sembra soprattutto la tappa, dice, di un viaggio nel tempo e nello spazio: qui mi sembra di essere tornato nelle periferie moscovite della mia infanzia.

A 34 anni da compiere, Mikhail ha gi molte carriere alle spalle. un laureato in relazioni internazionali con medaglia d’oro all’Universit di Stato di Mosca, con un anno di studi a Shanghai. Gli fu proposto di entrare al ministero degli Esteri. Rifiutai perch l non sei un essere umano, sei solo uno strumento di quello che per loro l’interesse nazionale. Quel posto per gente che non ha paura di sembrare immensamente stupida, taglia corto.

Mikhail invece entra nel quotidiano Kommersant nel 2015, incaricato di scrivere sull’Asia. Segue il ministro degli Esteri Sergey Lavrov nei viaggi in Cina, vive giorno per giorno la progressiva erosione dei propri spazi di libert. Potevo esprimere educatamente delle critiche su qualcosa, riguardo al ministro – ricorda –. Ma sapevo che se l’avessi fatto troppo, avrei viaggiato sempre di meno al suo seguito. L’aumento della pressione su di lui e sul giornale strisciante, ma continuo. Nessuno gli hai mai proibito di scrivere niente, riconosce Mikhail, ma gradualmente si trovato sempre pi isolato. stata una discesa progressiva, fino a quando nessuno prendeva pi le mie chiamate. E il principale problema non era la censura, racconta, ma la deprivazione finanziaria. Nel giornale sapevamo che il governo controlla il mondo del business e avrebbe chiesto alle grandi imprese di non comprare pubblicit su Kommersant, se avessimo esagerato.

Per questo nel 2019 Mikhail lascia il giornalismo e inizia a occuparsi di finanza verde, fino ad arrivare a una posizione molto elevata nella grande banca russa Sberbank. Mancano poche settimane all’aggressione dell’Ucraina. Avevo spiegato a tutti che Putin non avrebbe mai attaccato, perch avevo analizzato i fattori razionali, dice Mikhail. Invece la ragione di questa guerra che Putin e la sua cerchia rappresentano uno stile di vita e un modo di pensare morenti. Vogliono tornare agli anni ’70. Sanno che, quando loro fisicamente spariranno, di quel mondo non rester niente: per questo vogliono fermare il tempo e tornare indietro adesso, prima che sia tardi. Ma io non sono pronto a vivere in un Paese dove il presidente mi vede come una risorsa da gettare nel tritacarne del Donbas.

Oggi Mikhail si occupa di finanza verde per un’azienda di Londra, dal suo appartamento a Belgrado.

Ivan: Rester all’estero per tutta la mia vita, la Russia gi sconfitta

Invece Ivan, un nomade digitale di 28 anni, mi chiede di restare nel vago e usare per un nome di fantasia in modo che non ne risenta l’attivit di suo padre come designer per le grandi imprese russe. Era partito subito, Ivan, alla prima notizia della guerra. Poi era rientrato fino a quando il 21 settembre si sveglia alle dieci e legge su Telegram dell’ordine di mobilitazione. Due ore dopo all’aeroporto con un biglietto per la citt russa di Čeljabinsk, il solo che aveva trovato. Duemila chilometri verso sud. Da l alla frontiera con il Kazakhstan un’ora di macchina, noleggia un taxi fino all’ultimo ingorgo prima della frontiera e da l copre affannosamente l’ultimo tratto a piedi. Sono fortunato, perch posso ancora discutere sull’Ucraina con i miei genitori, dice incontrandomi a Kafeterija Magazin 1907, uno storico caff belgradese trasformato in centro di ritrovo hipster. Ma continua: Rester all’estero tutta la vita. Ogni generazione russa ha avuto la sua guerra, per lo pi frutto di sogni imperiali e di un’educazione sbagliata. Non voglio che i miei figli e nipoti si trovino a vivere ci che sto vivendo io.

Per Ivan la Russia gi sconfitta, moralmente, storicamente, anche se la guerra durasse ancora per anni. A Maxim invece inutile chiedere invece se conta su una sconfitta di Mosca che porti a un cambio di regime. Non riesce a augurarsi la disfatta della Russia, neanche della Russia di Putin. Non sono pronto a dire che tanti russi nell’esercito si sono trasformati in mostri – dice –. Non posso dire che spero che la Russia perda. Vorrei solo che la guerra sparisse. Ma questo non un film, non c’ un lieto fine, non vedo uno sbocco positivo n una strada per la democrazia. Mikhail Korostikov , se possibile, pi negativo. Se avessimo la democrazia, dopo due giorni avremmo un altro Putin – sostiene –. Persino io condivido le ragioni del suo risentimento. Accecato dal suo senso di superiorit, l’Occidente pensava di farci la lezione. Ma ha commesso crimini di guerra prima di noi, in Iraq, in Libia, in Jugoslavia. Questo non vuol dire che la Russia debba commettere crimini ancora peggiori. Ma Putin non fa altro che usare il rancore dei russi per rafforzare il suo potere, dice Mikhail. Mi stringe la mano con cortesia all’uscita da un ristorante del centro. E torna nel suo appartamento a lavorare, composto e pacato come un esule volontario del cui eroismo nessuno forse avr mai notizia.

26 febbraio 2023 (modifica il 26 febbraio 2023 | 08:24)

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