Lex fante italiano deportato a Dachau che fa tremare la Germania: in ballo milioni di euro di indennizzi

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di Alessandro Fulloni

Al vaglio della Consulta il ricorso del tribunale di Roma su Angelantonio Giorgio, morto nel 2009, e sul partigiano Gualberto Cavallina (1985). Contestato il risarcimento alle vittime dei crimini nazisti tramite il Pnrr, che estinguer tutte le successive pretese. Pignorati alcuni palazzi storici tedeschi, come la sede del Goethe Institute

Chiss se il maestro elementare Angelantonio Giorgio, morto nel 2009 a 85 anni, ex fante dell’Esercito durante la guerra, avrebbe mai immaginato che la storia della sua deportazione a Dachau sarebbe finita davanti alla Corte Costituzionale per un dubbio di legittimit che riguarda i risarcimenti alle vittime delle stragi nazifasciste — la casistica sconfinata: si va da via Rasella e Marzabotto alla Shoah — per u n totale di 55 milioni di euro previsti in uno stanziamento del Pnrr. A seconda della decisione della Consulta — che potrebbe arrivare tra qualche mese, dopo che lo scorso 4 gennaio la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l’ordinanza che apre il procedimento — potrebbero cambiare pesantemente le modalit di indennizzo, con delle ripercussioni — soprattutto — su alcune cause che si trascinano da diversi anni e che hanno visto il tribunale di Roma pignorare, sia pure simbolicamente, storici e importanti palazzi che appartengono alla Germania, tra cui il Goethe Institute e la Scuola tedesca di Roma.

Per raccontare questa vicenda meglio partire da lontano, approdando ai giorni terribili che seguirono all’8 settembre. Angelantonio, contadino irpino 18enne arruolato con il 63 reggimento fanteria, viene catturato a Modena dalle SS che poi lo trasferiranno a Dachau, dove vi rester sino alla fine delle guerra. Per evitare la deportazione basterebbe aderire alla Rsi abiurando il giuramento di fedelt alla monarchia. Per questo a Monaco di Baviera, dove il fante si trova temporaneamente prigioniero con altri soldati italiani, tutti impiegati in una fabbrica di proiettili, quelli della Gestapo insistono: Firma! Firma!…. Per Angelantonio non solo non firma, ma addirittura sabota la produzione spaccando i bossoli, quelli che avrebbero ammazzato i nostri….

Finisce che viene imbastito un sommario processo. L’esito lo raccont lui stesso nel ricordo affidato a due ricercatori, Giovanna Procacci e Lorenzo Bertucelli, e conservato all’Istituto per la storia della Resistenza di Modena. Gli sgherri nazisti scandirono quattro accuse… La prima fu questa: “lei un comunista” e io trasecolai, non conoscevo nemmeno il significato. Poi proseguirono: “Lei un antifascista e antinazista, un sovversivo, un badogliano!”... Che poi era chiaro cosa intendesse: traditore. Io scrollai le spalle e risposi che ero semplicemente un buon italiano. L’interrogatorio termin l perch, dopo, il verbale lo fecero loro e allora che cosa ne so io di che cos’altro ci misero. Ma a quel punto, quel bestione l non perdette tempo e mi men di santa ragione, chiamando un’altra guardia.

Angelantonio viene cos condannato alla deportazione a Dachau, il primo dei campi di sterminio nazisti dove perirono non meno di 40 mila persone, nella quasi totalit ebrei, e dove furono internati alcuni tra i 650 mila soldati italiani che, come Angelantonio, dopo l’8 settembre, dissero no alla Rsi. Circa 50.000 tra loro non fecero pi ritorno, morti di stenti, malattie, percosse, torturati, fucilati o gassati. Pure il nostro fante fu a un passo dalla morte. Per le complicanze del tifo petecchiale avevo perso met del mio peso ma il 31 gennaio 1945, il giorno della merla, quando ero vicino alla fine, avviene una specie di miracolo:Venimmo inquadrati per andare a Berlino a scavare trincee; sapevo che tra freddo e fatiche non sarei sopravvissuto. Ma all’una di notte arriva l’ordine di sospensione e ci mandano in baracca: abbiamo saputo dopo che c’era stata una forte avanzata russa.

Il resto lo fa un giovane medico tedesco che, in quell’orrore, recupera degli antibiotici che salvano il fante in grigioverde. Poi ho scoperto che i medicinali arrivavano da una suora che li riceveva, scambiandoli con degli ortaggi, direttamente da una guardia nazista.
Ma facciamo ora un lungo passo in avanti. Angelantonio rientra in Italia. Si stabilisce a Modena, la stessa citt dove venne catturato dai nazisti e dove aveva dei familiari, emigrati qui da Avellino prima della guerra. Si diploma alle magistrali, diventa un maestro elementare assai apprezzato da queste parti nella Bassa. Con i cinque figli non parla volentieri — la stessa difficolt di gran parte degli altri internati, degli scampati all’Olocausto e dei reduci di guerra — di quell’incubo. Ma non dimentica. E decide di avviare — carte alla mano, conservate con cura dalla Croce Rossa Internazionale — una causa contro la Germania. Assistito dagli avvocati Salvatore Guzzi e Giorgio Fregni, Angelantonio vince grazie alla sentenza emessa dal tribunale di Modena nel 2010 e ribadita nel 2018 dalla Corte d’Appello di Bologna: ai familiari dell’ex fante, nel frattempo morto, andr un milione di euro come risarcimento per le privazioni e i maltrattamenti subiti.

Ma la Repubblica Federale Tedesca si oppone e lo stesso fa nel caso di una sentenza simile che riguarda Gualberto Cavallina — partigiano della Garibaldi, pure lui sopravvissuto a Dachau e morto nel 1986 — i cui familiari, assistiti dall’avvocato Fabio Anselmo, lo stesso dei casi Cucchi e Aldrovandi, sono stati indennizzati con 100.000 euro. La Germania sostiene che la questione degli indennizzi alle vittime del nazismo sia stata risolta nel 1962, dopo un accordo che risarc l’Italia con la cifra di 40 milioni di marchi dell’epoca. Ne viene fuori un contenzioso che porta il tribunale di Roma a pignorare — sia pure simbolicamente, riferiscono fonti diplomatiche tedesche a Corriere.it — il Goethe Institut, l’Istituto storico germanico, la Scuola germanica e l’Istituto archeologico tedesco.

Ma che c’entrano i fondi del Pnrr? Per trovare una soluzione che taciti le pesanti perplessit tedesche riguardanti queste sentenze gi in atto, l’Italia individua nel Piano nazionale di ripresa e resilienza 55 milioni di euro da destinare alle vittime del nazismo. Azzerando cos tutti i procedimenti in corso.
Con la scadenza per la presentazione fissata allo scorso 27 ottobre, le richieste si sono moltiplicate in tutta la Penisola, arrivando a diverse migliaia. A chiedere gli indennizzi sono stati familiari dei martiri, associazioni, comuni dell’Appennino che furono teatro di eccidi, addirittura qualche ex soldato centenario ancora vivo e risoluto nel chiedere giustizia. I 55 milioni potrebbero addirittura non bastare, tanto che il senatore Pd Dario Parrini ha proposto di alzare la cifra a 100 milioni di euro.

Ma la Consulta che c’entra? A rimettere gli atti stata Miriam Iappelli, battagliera giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Roma che sta decidendo sulle cause di Angelantonio e Gualberto. Nell’istanza che solleva il dubbio di legittimit, ne riepiloga le loro storie e aggiunge anche quella inoltratale da un’amministrazione locale della Grecia (quella di Voiotia) che si era rivolta al tribunale per un risarcimento riguardante la strage di Distomo in cui 218 persone furono massacrate dai nazisti.

In sintesi: la normativa d’urgenza prevista a riguardo nel Pnrr, sprovvisto in questo caso dei decreti attuativi, violerebbe diversi articoli della Costituzione determinando un evidente sbilanciamento a favore della Germania, esentando la Repubblica Federale dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria e, in particolare, dal suo eventuale adempimento forzoso.

In altre parole, con la decretazione di urgenza, il prevedere l’estinzione immediata delle procedure esecutive in corso — spiega l’avvocato Guzzi —, come quella da noi promossa sugli immobili della Repubblica Federale in Roma, senza prima aver attuato il fondo istituito dalla Repubblica Italiana, pregiudica gravemente i diritti riconosciuti con sentenze esecutive emesse da Tribunali del nostro Stato. Il pregiudizio particolarmente grave non solo perch si tratta del ristoro di danni per crimini contro l’umanit, imprescrittibili, ma perch senza alcuna garanzia di effettivit di risarcimento, di determinazione delle modalit di erogazione dello stesso, di determinazione temporale, di individuazione delle amministrazioni competenti, si pongono nel nulla le procedure esecutive e si impedisce di fatto il conseguimento della tutela giurisdizionale.
Come finir? Con l’atto di promovimento pubblicato in Gazzetta a inizio gennaio, la Consulta ha deciso di esaminare il dubbio. Verosimile che si decida, in un senso o nell’altro, in estate. L’avvocata Lisa Serino, che segue la causa Cavallina per lo studio Anselmo, osserva: I tempi tecnici? Diversi mesi da attendere per il pronunciamento della Corte che sar importantissimo visti gli interessi in gioco. In queste cause sono in gioco i diritti — ribadisce l’avvocato Anselmo alla Nuova Ferrara che ha da sempre seguito le vicende del partigiano Gualberto — calpestati delle vittime di crimini di guerra. Non si possono cancellare a colpi di decreti legge o nel nome di accordi tra Stati che ignorano le sofferenze inflitte ai loro popoli da guerre insensate: la nostra Costituzione non lo permette.

30 gennaio 2023 (modifica il 30 gennaio 2023 | 19:06)

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