di Giusi Fasano, inviata a Fermignano (Pesaro Urbino)
È tetraplegico e chiedeva il suicidio assistito. «Sarà uno strazio per chi mi vuol bene»
Gli occhi planano sulle consonanti e sulle vocali, le parole si compongono sullo schermo del computer. È Fabio che «parla» con il puntatore oculare perché gli occhi sono la sola cosa che riesce a muovere. Questo è il messaggio: «Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua, anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene».
Fabio è Fabio Ridolfi, 46 anni, gli ultimi 18 passati a scalare l’Everest della sua malattia, una tetraparesi che lo ha ridotto all’immobilità senza dargli scampo. Ha provato a tenere duro, ha provato a prendere dalla vita quello che la vita gli offriva, ha provato a vivere. Ma il mostro che lo inchioda a letto si è preso tutto e quando la sofferenza è stata insopportabile ha chiesto aiuto allo Stato, dal letto di casa sua, a Fermignano, vicino Pesaro. Avrebbe voluto morire con il suicidio assistito, come la legge gli consentirebbe. Si era rivolto per questo alla sua azienda sanitaria di riferimento, la Asur Marche (Area Vasta 1), e una equipe del Comitato etico aveva stabilito che sì, c’erano le condizioni perché potesse accedere alla dolce morte. Il provvedimento era stato sottoscritto ed emesso l’8 di aprile. Peccato che a Fabio non sia mai arrivato, se non dopo 40 giorni e — guarda caso — subito dopo un suo appello pubblico. Troppo tardi. E per di più l’ok del Comitato etico non contiene le due indicazioni che servirebbero a completare il percorso per il suicidio assistito: la scelta del tipo di farmaco e della modalità di somministrazione.
Le sofferenze
Fabio non si può permettere altro tempo perché il tempo per lui è sofferenza insopportabile. Non si può permettere altre lotte perché non ne ha più la forza. E allora ha deciso di salutare il mondo facendosi addormentare. La sedazione profonda, appunto, che non avrebbe mai voluto scegliere, perché andarsene non sarà più soltanto un addio dolce e di pochi minuti. Sarà per un tempo indefinito un corpo immobile e privo di coscienza, senza più cibo né trattamenti di idratazione. Per la sua famiglia, per i suoi amici e per chi gli vuole bene sarà lo strazio di un ultimo saluto e di un’attesa che nessuno sa quanto potrà durare. Quanto resisterà il suo fisico, il suo cuore, prima di arrendersi, quando la sua mente sarà addormentata? Poche ore? Un giorno? Sette? Lui sarà lì senza esserci. Ogni minuto in quelle condizioni è un minuto di un tempo sospeso e orribile per la sua famiglia, per i suoi amici, per chi lo ha accompagnato in questo percorso verso la fine. Tutto questo perché qualcuno ha dimenticato, diciamo così, l’urgenza e la completezza che sarebbero state umanamente necessarie. Una dimenticanza «inaccettabile», per dirla con Filomena Gallo e Marco Cappato, lui tesoriere, lei avvocata e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni (che segue il caso).
Il fratello
Andrea, il fratello maggiore di Fabio, racconta che lui «ha sempre pensato al suicidio assistito. Aspettava che si smuovesse qualcosa su una scelta che riguardava un suo diritto… ma le istituzioni lo hanno ignorato. E quindi lui — e noi con lui — ci siamo trovati costretti a prendere un’altra strada. Questo perché viviamo in un Paese secondo me poco civile sotto questo aspetto. Nel 2022 non si può essere ignorati per queste cose. La gente nelle condizioni di Fabio soffre ogni giorno di più a causa di chi ritarda nelle scelte, nei pareri, nell’esprimersi». Se la prende, Andrea. Definisce tutto questo «indegno». Ce l’ha con chi avrebbe potuto prendere in tempo la decisione di aiutare suo fratello a morire con il suicidio assistito, politici e non. «Poi non ci dicano che sono lì per difendere i diritti del cittadino, oppure che sono in prima linea per il nostro bene — si arrabbia —, perché non sembra assolutamente che sia così. Noi come famiglia siamo sempre stati al fianco di Fabio, abbiamo sempre sostenuto la sua causa. Ma quello che pensiamo noi conta poco. L’importante è che lui raggiunga al più presto il suo obiettivo, perché è stanco, sta soffrendo e ogni volta che si perde un giorno, una mezz’ora, la sua sofferenza si protrae». Poi la parte più amara: «Ringraziamo le istituzioni se saremo costretti a vedere morire Fabio in più giorni. Perché la sospensione di cibo e acqua e la sedazione… serve a lui per non soffrire, ma noi lo vedremo andarsene in diversi giorni, non in pochi minuti come sarebbe stato con il suicidio assistito».
6 giugno 2022 (modifica il 6 giugno 2022 | 23:45)
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, 2022-06-06 21:52:00, È tetraplegico e chiedeva il suicidio assistito. «Sarà uno strazio per chi mi vuol bene» , Giusi Fasano, inviata a Fermignano (Pesaro Urbino)