L’ispettore scolastico ed ex capo dipartimento al Ministero dell’Istruzione Max Bruschi lancia un appello ai docenti italiani del primo ciclo: far leggere e scrivere gli alunni.
Sul proprio profilo Facebook Bruschi scrive di voler “fare un appello accorato, alle maestre e ai maestri della primaria e in generale ai docenti del primo ciclo. Perché a loro, e solo a loro, tocca gettare le fondamenta“.
“Facciamoli leggere, gli alunni -scrive l’ispettore -. Libri belli e interessanti, non “costruiti” in laboratorio. Libri anche “difficili”, ovverossia con un linguaggio che non sia impiastricciato dalle solite trecento parole da cui sono purtroppo composte e conformate molte “letture” (per lo più ampiamente censurate… ma questo è un altro capitolo). Portateli in classe, fateli vedere. Magari anche qualche antica striscia… il Signor Bonaventura, perché no, o Le avventure di Pinocchio nella riscrittura in versi di Gianni Rodari. E ricordate sempre ché non esistono le “paroline difficili” – espressione da aborrire –, ma solo le parole che non si conoscono e che ogni bambino ama apprendere e riusare (ho visto un paio di maestre partire dalle etimologie e dalle “storie delle parole” – chapeau!). Facciamo leggere libri che spuntino anche lì per lì, da un racconto, da una osservazione, da un’idea, da un fatto che capiti in classe. Evitiamo la lettura “coatta” e diamo loro elenchi da arricchire. Usciamo dalla ritualità libro/scheda, che è quanto di più repulsivo esista, giochiamo con i testi e lasciamoli giocare con i testi”.
Continua Bruschi: “E facciamoli scrivere. Il più possibile. Magari su quaderni a formato di bambino (cfr. la saggezza di Beatrix Potter), senza farli inerpicare per i “raccoglitori” A4. Mettiamo al bando le schede in tutti quei casi in cui non siano strettamente necessarie, diamo un taglio netto ai puntini da riempire, alle parole da cerchiare e alle correlate figurine da colorare. Facciamoli scrivere. Perché l’esercizio della scrittura, da coltivare appena possibile, è esercizio dell’articolazione del pensiero; è apprendimento diretto della lingua; è arricchimento del lessico, è, anche, scoperta di sé stessi. E se a scrivere non si impara alla primaria, non si impara più, se non a prezzo di sforzi durissimi che si è poco disposti a fare, come sanno da secoli maestri e didatti e come suggellato dagli studi delle neuroscienze”.
“Facciamoli leggere e scrivere senza intrupparli in schemi spesso pretenziosi e sgangherati” – insiste l’ex capo dipartimento a Viale Trastevere -. Insegniamo loro a scrivere correttamente (il che implica progressivamente anche suggerimenti su come organizzare il materiale), esercitando “l’apprendimento per errori”, e a leggere dando un senso. Non pretendiamo, soprattutto, di far correre chi non sa ancora camminare. Ci sarà tempo per le schede libro, per individuare narratore e narratario, per “redigere” secondo la “forma” del saggio o l’articolo di giornale. Evitiamo tutto ciò che strangoli il piacere della lettura e la scoperta della scrittura”.
“Lasciamo da parte, senza se e senza ma, tutto ciò che non si trasforma (perché non si può oggettivamente trasformare) in apprendimento significativo”, conclude Max Bruschi.
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