di Laura Cuppini
I pareri di Carlo Federico Perno, Sergio Abrignani e Giuseppe Remuzzi. È possibile che entro l’autunno arrivi un vaccino diretto contro le nuove varianti
La quarta dose di vaccino Covid, già raccomandata agli immunocompromessi, è stata da pochi giorni estesa agli over 80, soggetti fragili dai 60 anni in su e residenti nelle Rsa (leggi la circolare del Ministero). Ci si chiede se potrà essere offerta a tutta la popolazione over 12 (al momento per la fascia 5-11 anni sono previste solo due dosi) e se serva davvero a proteggerci da un virus che sembra «invincibile». Finora, meno del 10% della platea di immunocompromessi ha ricevuto il cosiddetto secondo booster, e tra alcuni anziani serpeggia perplessità.
La quarta dose non serve ai sani
«La malattia Covid è cambiata, così come la percezione della sua gravità, proprio perché da oltre un anno abbiamo i vaccini — afferma Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma —. Con le tre dosi abbiamo salvaguardato la maggioranza della popolazione. I soggetti fragili (per età o patologie) necessitano del booster per raggiungere il livello di protezione dei sani. Degli oltre cento morti per Covid che abbiamo ogni giorno, circa metà sono fragili. Per tutti gli altri non abbiamo riscontri della necessità di una quarta dose, perché non ci sono evidenze che stimoli il sistema immunitario più della terza».
Anticorpi neutralizzanti e linfociti T
«Il nostro sistema immunitario comprende due funzioni: quella degli anticorpi neutralizzanti (prodotti dai linfociti B), che impediscono l’ingresso del virus nelle cellule e quindi l’infezione, e quella dei linfociti T, che uccidono le cellule infettate — sottolinea Sergio Abrignani, professore ordinario di Patologia generale e immunologia all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto «Romeo ed Enrica Invernizzi» —. Gli anticorpi neutralizzanti riconoscono quella parte della proteina Spike che è più soggetta a variazioni (Rbd, receptor-binding domain), mentre i linfociti T vengono attivati da regioni conservate della Spike. Consideriamo che, nonostante le tante mutazioni di Sars-CoV-2, la parte della proteina rimasta sempre uguale a sé stessa è circa l’80%. La protezione dall’infezione cala dopo pochi mesi perché gli anticorpi neutralizzanti tendono a scemare e perché sono diretti verso la Spike del ceppo Wuhan, su cui sono costruiti i vaccini (questo è il motivo per cui anche i vaccinati si infettano con Omicron). Per quanto riguarda la malattia grave il discorso è diverso: con tre dosi di vaccino la memoria immunologica (quella dei linfociti T) dura diversi anni».
La qualità della risposta immunitaria
Gli studi hanno mostrato che, con tre dosi, la protezione dall’infezione è al 75% nei confronti di Delta e al 60% per quanto riguarda Omicron. La difesa da malattia grave e morte, invece, con tutte le varianti è superiore al 90%. Fanno eccezione coloro che hanno ricevuto solo due dosi di vaccino: in questo caso lo scudo contro la malattia scende al 70% dopo 4-5 mesi. «In merito alla quarta dose, aumentare gli anticorpi neutralizzanti contro il ceppo Wuhan serve a poco nei soggetti sani e immunocompetenti — prosegue Abrignani —, mentre è utile nei soggetti fragili proprio per portarli ad avere la stessa protezione degli altri. Adesso serve un vaccino che cambi la qualità della risposta immunitaria, non la quantità. È possibile che in ottobre avremo un nuovo vaccino basato sulla Spike di Omicron, in parte su quella di Wuhan e che potrebbe contenere anche l’antinfluenzale. Non sarà dunque un richiamo, ma una nuova vaccinazione con un preparato diverso».
L’incognita delle varianti ibride
Omicron 2 (in Italia dominante all’87%) ha un livello di trasmissibilità tale da essere entrata nel podio dei virus più contagiosi al mondo, insieme a morbillo e rotavirus. E non sappiamo quali altre sorprese abbia in serbo Sars-CoV-2. «Non è chiaro cosa potrà succedere con il diffondersi delle varianti ibride, come Xe, e se risponderanno ai vaccini — spiega Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e professore chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano —, ma per ora dobbiamo usare quello che abbiamo. È importante che tutti i candidati alla terza dose, dai 12 anni in su, completino il ciclo. E bisogna quanto prima estendere il booster alla fascia 5-11 anni, per la quale sono ancora previste solo due dosi. Sull’efficacia della quarta dose negli anziani e nei fragili abbiamo dati scientifici preliminari, ma molto convincenti».
La mortalità scende dell’80%
Uno studio in preprint condotto in Israele mostra che, grazie al secondo booster, la mortalità per Covid è scesa dell’80% in oltre 500mila persone dai 60 ai 100 anni. In un altro lavoro, pubblicato sul New England Journal of Medicine, sono stati analizzati 180mila pazienti over 60; in quelli che avevano ricevuto la quarta dose, a un mese dall’iniezione, è stata osservata una riduzione in tutti gli indicatori: -45% rischio di infezione, -55% Covid sintomatico, -62% forme gravi, -68% ricovero e -74% morte. «Nei giovani sani non è stato possibile stabilire se la quarta dose protegga più della terza dalla malattia grave, per mancanza di casi clinici — puntualizza Remuzzi —: trovo quindi corretta la raccomandazione per gli over 80 (che hanno una immunodepressione fisiologica) e i fragili. In queste categorie sappiamo che i benefici offerti dal secondo booster sono assolutamente significativi».
16 aprile 2022 (modifica il 16 aprile 2022 | 21:51)
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, 2022-04-16 21:46:00, I pareri di Carlo Federico Perno, Sergio Abrignani e Giuseppe Remuzzi. È possibile che entro l’autunno arrivi un vaccino diretto contro le nuove varianti, Laura Cuppini