Fenomenologia dei diplomifici: luoghi, business e deregulation

Fenomenologia dei diplomifici: luoghi, business e deregulation

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diritto del lavoro

Quando si dice che il diploma non serve a nulla, a quando sembra non è vero, se ci sono giovani disposti a sborsare fior di quattrini pur di avere il titolo. Se poi serve loro per appenderlo nel tinello è altra storia, ma intanto, secondo un dossier pubblicato dal portale Tuttoscuola, ci sarebbe in Italia una sorta di gran bazar di diplomi in vendita nei diplomifici, affidabili e sicuri

Basta cercarli sul web e appariranno centinaia di proposte per acchiappare l’interesse di miglia di giovani (10mila l’anno) disposti a farsi anche centinaia di chilometri per avere il fatidico pezzo di carta addirittura in un solo anno, ma soprattutto senza aprire un libro o scrivere una riga: basta pagare. 

E infatti, secondo quanto risulta alla prestigiosa rivista nella sua indagine, si tratta di un business non solo antico ma anche in espansione, mentre incrociando i dati del Ministero con altre elaborazioni ha tracciato una mappa che starebbe “assumendo dimensioni sconcertanti”, considerato pure che il diploma ha validità giuridica anche all’estero per cui ottenerlo con tali stratagemmi umilia e offende chi con onestà e impegno ha lavorato.

Una vergogna insomma che in qualche modo si dovrebbe fermare. 

In ogni caso, si legge nel dossier, queste scuole paritarie-bazar sarebbero solo una parte minoritaria dell’intero arcipelago del privato, ma agguerrita e che ha in Campania il suo punto focale e in modo particolare nella città metropolitana di Napoli; ma pure in un’area che si estende a ovest da Bacoli e Pozzuoli fino a Giugliano, a nord est ad Acerra, Pomigliano d’Arco, Nola e include tutta la zona circumvesuviana fino, a sud est, alla penisola sorrentina, con una superficie di poco più di mille km., lo 0,4% della superficie nazionale. Qui ci sarebbero 46 istituti paritari che nell’ultimo anno hanno avuto un salto di iscritti in quinta rispetto alla quarta dell’anno precedente superiore a 70 unità. Qui sono concentrati il 50 per cento dei sospetti diplomifici di tutta Italia.

Nella regione, l’anno scorso gli iscritti all’ultimo anno delle superiori negli istituti paritari sono aumentati dell’1.407% rispetto agli iscritti in quarta nell’anno precedente (+11.463). 

Addirittura in 14 comuni su 35 (il 40%), da San Giuseppe Vesuviano a Frattamaggiore, da Ottaviano ad Acerra, il numero di iscritti ha sorpassato la scuola pubblica, secondo un singolare paradosso: la scuola statale si restringe per effetto del calo di nascite e i diplomifici dilagano, spingendo i numeri della paritaria: in questa zona 65 istituti paritari hanno all’ultimo anno un numero di iscritti che si avvicina a quello di 158 istituti statali, mentre il sospetto più grande diplomificio d’Italia quest’anno ha portato alla maturità ben 866 persone.

E ancora, se nelle scuole secondarie di II grado statali quest’anno si sono diplomati in media 184 studenti, solo nell’area metropolitana di Napoli ci sono altri dieci istituti paritari che superano i 400 studenti all’ultimo anno, a parte la “scuola regina” degli 866 diplomati. 

In termini di business un diplomificio può arrivare anche a guadagnare due milioni di euro all’anno e per aggirare la norma sulle autorizzazioni ad aprire altre classi, gli uffici legali che patrocinano davanti al TAR gli istituti paritari riescono a dimostrare che si tratta di studenti lavoratori.

Singolare, scrive ancora Tuttoscuola, l’ammodernamento dei diplomifici rispetto a prima che si stanno trasformando in una vera e propria industria organizzata e altamente remunerativa, capace di attrarre clientela da tutta Italia grazie a un’attenta programmazione, all’utilizzo di strumenti e tecniche allo stato dell’arte e a robusti investimenti: marketing digitale, pubblicità multicanale, studi legali di prima fascia per vincere le opposizioni, partnership sul territorio. Non solo, ora spuntano anche imponenti immobili, nuove fabbriche di titoli sorte in zone economicamente, socialmente e culturalmente degradate, ma dove si diplomano ogni anno, dopo brevi trasferte, migliaia di studenti provenienti da ogni regione. 

Un business antico che ha saputo piegare al suo scopo l’era digitale e i social, in grado di introdursi con messaggi invasivi, accattivanti e con pochi clic dallo smartphone garantendo il diploma a portata di mano pagando bene, fino a 15 mila euro.

Come uscirne? 

Incrementando, spiega Tuttoscuola che ha il polso di questa piaga, le ispezioni, mentre appare sempre più chiaro che molti “Diplomifici 2.0” hanno ottenuto il riconoscimento della parità sulla linea di confine tra legale e illegale. Contesti poco trasparenti che non permetterebbero di escludere relazioni equivoche o coperture sospette. 

2Occorrono, si legge nell’indagine, azioni strutturali, permanenti e coordinate a livello interistituzionale.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito deve per primo imprimere una svolta. Serve uno scatto anche da parte della società civile, l’appoggio esterno dei gestori, delle scuole paritarie che non hanno nulla da nascondere, dei sindacati, delle associazioni professionali, dei media nazionali e locali, dell’opinione pubblica in generale. E ovviamente della politica, tutta, nazionale e locale“.

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