Filiera tecnico-professionale, i rappresentanti del mondo produttivo e le Regioni sono più che favorevoli alla sperimentazione

Filiera tecnico-professionale, i rappresentanti del mondo produttivo e le Regioni sono più che favorevoli alla sperimentazione

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istruzione tecnica

Il piano nazionale di sperimentazione relativo all’istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale, appena avviato col decreto del 7 dicembre scorso, piace al mondo delle imprese, dell’industria, dell’artigianato, alle Regioni e a diversi stakeholder.

Nelle settimane scorse si sono tenute le audizioni in Commissione Cultura e Istruzione al Senato dei rappresentanti di Confindustria, Confartigianato, UAI (Unione Artigiani Italiani) e delle PMI (Piccole e Medie Imprese) in merito al Ddl 924 “Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale”. Tutti hanno espresso parere favorevole. In sintesi, quello che piace di più alle associazioni rappresentative del mondo produttivo è la logica di filiera integrata e il coinvolgimento diretto nelle attività formative sia in aula e nei laboratori, sia nella co-progettazione dei percorsi Pcto e di apprendistato.

Il ministro Valditara ha deciso di procedere con la sperimentazione già dal prossimo anno scolastico, anche se l’iter di approvazione non è concluso, in contrasto con la valutazione negativa fatta dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione che ha evidenziato varie criticità e problematicità.

La questione anima le polemiche, con vedute diametralmente opposte.
Ad esempio, mentre Confindustria chiede di accelerare il più possibile la procedura di avvio della sperimentazione, la Cgil e la Flc hanno chiesto al Governo di ritirare “una proposta dannosa per gli alunni e le alunne e per l’intero Paese”.

Le Regioni chiedono un ruolo da protagoniste

Complessivamente favorevole, pur con qualche precisazione, anche il mondo dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), di competenza regionale, e le Regioni stesse che vedono nella possibilità di aderire alla sperimentazione una opportunità per ampliare l’offerta formativa in questo settore e meglio corrispondere ai fabbisogni delle imprese dei propri territori.

Nell’audizione al Senato, la Conferenza Unificata ha dichiarato di apprezzare il “serrato confronto” e i “proficui scambi” sul provvedimento a livello tecnico e politico, e rivendica un ruolo di governance di primo piano, date le competenze nella filiera professionalizzante, nel rispetto di quanto realizzato fino ad oggi con grande investimento di risorse umane e finanziarie.

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Il Presidente Marco Granelli ha espresso un giudizio decisamente positivo. “È l’occasione – ha detto – per innalzare la qualità dell’offerta formativa professionalizzante, con uno stretto collegamento con i sistemi produttivi strategici dei territori, il potenziamento delle attività didattiche laboratoriali e gli strumenti di alternanza scuola-lavoro, come l’apprendistato duale”.

Ha sottolineato che nel 2022 gli sforzi dei piccoli imprenditori per agganciare la ripresa sono stati ostacolati dalla difficoltà a reperire 1,4 milioni di lavoratori. Tutto questo a fronte di 1,5 milioni di giovani tra 25 e 34 anni che non si offrono sul mercato del lavoro, un numero che assegna all’Italia il primato negativo nell’Unione europea per giovani inattivi. “Confartigianato – spiega– sostiene da sempre l’importanza di una filiera della formazione professionale che integri i percorsi tecnici-professionali scolastici, la formazione professionale regionale (IeFP) e gli ITS per formare le competenze legate ai profili richiesti dal mercato del lavoro. Si tratta di percorsi che formano la maggior parte delle figure richieste dalle piccole e medie imprese, collegate alle filiere produttive della manifattura e del Made in Italy”. Con la riforma sembrano esserci le premesse per avvicinare scuola, giovani, imprese.

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 “Più che favorevoli” anche i rappresenti degli artigiani e delle piccole e medie imprese, che si aspettano dalla riforma un allineamento dei curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese, orientandoli, in particolare, verso l’innovazione digitale richiesta dai nuovi modelli di produzione e gestione aziendale, come previsto dal Pnrr. “Riteniamo che il testo risponda alle reali esigenze favorendo la promozione dei passaggi fra percorsi diversi, la flessibilità didattica e organizzativa, l’impulso alla didattica laboratoriale e alle metodologie innovative, la condivisione in rete di tutte le risorse professionali, logistiche e strumentali disponibili” (Audizione al Senato del 5/12/2023).

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L’istruzione tecnico-professionale è, storicamente, tema di massimo interesse per Confindustria e lo è diventato soprattutto nella fase post-pandemica in cui il tasso di difficoltà di reperimento di figure professionali è drasticamente aumentato (passando da un 26,4% del 2019 ad un attuale 45,1%, con punte del 60%), danneggiando la competitività delle imprese. Per questo si auspica che la riforma possa avere un iter di approvazione accelerato.

Gli aspetti più apprezzati da Confindustria sono i seguenti: la logica di filiera, la previsione che gli IeFP possano aderire alla filiera, il coinvolgimento delle imprese, il percorso “4+2” con accesso diretto all’ITS Academy, la conseguente valorizzazione di questo livello terziario fondato su un ruolo integrato delle imprese nei percorsi formativi, sia a livello didattico che di governance. Il tutto si inserisce nel quadro di una riforma globale, già avviata col decreto legge 144/2022 e collegata al Pnrr (Missione 4, C1).

Confindustria non manca di sottolineare alcuni punti di possibili criticità, raccomandando di tenere alta la qualità dei percorsi per scongiurare un impoverimento delle “conoscenze” dovuto alla riduzione in 4 anni. Altro aspetto su cui fare attenzione, in collaborazione con le Regioni, riguarda l’IeFP. Il Ddl 924 prevede la possibilità di un accesso diretto agli Its, senza l’anno integrativo attuale, a condizione che l’istituto sia inserito nella filiera e sia validato dall’Invalsi per garantire la qualità. Finora questi istituti hanno partecipato alla valutazione Invalsi su base volontaria, ma dovrà essere necessario essere valutati obbligatoriamente e puntare ad alti standard di qualità.

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