Filippo Caccamo: Se oggi il voto non preoccupa più siamo messi male. I miei spettacoli? Sono un collegio docenti. INTERVISTA

Filippo Caccamo: Se oggi il voto non preoccupa più siamo messi male. I miei spettacoli? Sono un collegio docenti. INTERVISTA

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“Mi chiamo Filippo, intrattengo le persone sul web e a teatro passando messaggi positivi in chiave comica”. Chi lo ha visto a teatro sa che Filippo ama la scuola e i suoi protagonisti, dai ragazzi ai professori, al personale non docente. Se non la amasse non sarebbe riuscito – nei soli due anni in cui è stato dietro una cattedra a insegnare, come docente precario, agli alunni delle medie di Lodi – a catturare e assorbire dentro di sé nella maniera magistrale e geniale che tutti gli riconoscono tutti gli aspetti della professione docente, da quelli seri a quelli che più creano angoscia a chi lavora nelle nostre scuole, trasformandoli, in chiave comica, in una sorta di catarsi liberatoria.

Filippo Caccamo è un attore, un comico, un artista e un docente. Ispirandosi alla vita quotidiana degli insegnanti – la conosce indirettamente da fin da bambino visto che è pure figlio di un dirigente scolastico – crea video e spettacoli dal vivo che coinvolgono e divertono il pubblico. La sua arte non si basa su battute ma sul ritratto della realtà. La sua esperienza come insegnante di Lettere gli ha permesso di cogliere le dinamiche umane che si sviluppano tra docenti e alunni e di portare sul palco la realtà della scuola.

Dai dibattiti in classe alle conversazioni tra gli insegnanti, dai comportamenti degli studenti durante le lezioni alle richieste dei genitori, Caccamo rappresenta tutto ciò che fa parte della vita di un insegnante in modo divertente e ironico. La sua intenzione è quella di rendere la scuola meno solitaria e più accettabile per docenti, studenti e genitori.

“Mi fa molto piacere – ci spiega – quando alla fine dello spettacolo – arriva qualcuno che non insegna e che mi dice: mi hai fatto diventare simpatica la scuola”. Con i suoi contenuti esposti durante gli spettacoli, che sono sempre sold out – Caccamo vuole far sentire gli insegnanti, gli studenti e i genitori meno soli nell’affrontare la realtà della scuola. Insegnava a Lodi. Il professore attore – “non era possibile lavorare e contemporaneamente stare in giro nei miei tours – ma ci rivela che non è detto che prima o poi io non torni a insegnare. Intanto sto maturando i crediti e quello che faccio oggi non è un piano b rispetto a quello che facevo prima”.

Ieri l’altro è stato premiato presso la Camera dei Deputati a Roma dal Moige, il Movimento Italiano Genitori, per aver dato vita a un originale percorso social seguito da studenti e docenti, che si divertono e ritrovano nei simpatici siparietti la loro quotidianità”.

Filippo, spiega il Moige, “racconta la nostra società, quella semplice che è sotto gli occhi di tutti alla quale forse siamo così abituati da bon vederla più, prendendoci e prendendosi in giro”.

La premiazione è avvenuta all’interno della preesntazione annuale della Guida “Un anno di zapping e di streaming“, quest’anno digitale, che ha analizzato 300 prodotti e ha redatto le sue pagelle: 49 in tutto i riconoscimenti assegnati ai contenuti family friendly,

Obiettivo del Moige è far sì che la tv e la rete diventino fonti di apprendimento e forma di educazione, soprattutto alla luce degli ultimi fatti di cronaca che ne mettono sempre più in evidenza i pericoli e i rischi.

Filippo ha insegnato per due anni a Lodi, dove vive. Ma pochi sanno che è originario calabrese, da Reggio Calabria città, reggino come chi lo sta intervistando, e come lui tifoso della Reggina di mister Inzaghi.

È così, Filippo Caccamo?

“Certo. Forza Reggina! Ricordo i tempi di Cozza, di Taibi e degli altri. Oggi ho molta fiducia in Pippo Inzaghi”

Intanto, in attesa di futuri successi calcistici del cuore, complimenti per il successo suo, reale. E ieri l’altro ha pure ricevuto un premio alla Camera dei Deputati da parte del Moige, il Movimento italiano genitori.

“E’ stata una giornata pazzesca con il Moige. I quali hanno dato a me a rita dalla chiesa pivetti V e varie categorie premi il contenuto educativo e pulito. Cosa molto bella perché il punto di vista degli insegnanti è stato apprezzato anche questo livello pure dei genitori ed è un primo passo nel superamento della guerra tra insegnanti e genitori”.

Torniamo alla scuola. Lei ha insegnato per un po’. Poi ha lasciato

“Insegnare e girare l’Italia con gli spettacoli non era più possibile. E gli alunni hanno diritto ad avere un insegnante stabile e non un supplente di un supplente”

I suoi spettacoli sono sempre tutto esaurito. Gli insegnanti corrono a vederla. Si riconoscono, lei dice che le sue non sono battute ma frasi normali, quindi chi lavora nelle scuole fa presto a identificarsi.

“Io non sono un battutista. Provo a raccontare la realtà con una chiave leggera. Credo molto nel non prendersi molto sul serio. Racconto la vita di tutti i giorni di chi lavora a scuola”.

Quanto c’è dei libri di Starnone e del film di Lucchetti sulla scuola nei tuoi spettacoli?

“Molto, nel senso che ho davvero tante ispirazioni, è un racconto quotidiano della vita scolastica in cui tanti si riconoscono. Quando ho iniziato a insegnare, vedevo vari video sui professori, fatti da alunni e allora mi son chiesto: perché non posso raccontare il punto di vista di chi sta dietro una cattedra? Ecco allora che ho deciso di raccontare la vita degli insegnanti. Alla fine è venuto fuori il racconto del nostro punto di vista, che era dimenticato. E’ stato un bel tentativo e il riconoscimento di ieri da parte del Moige mi ha fatto piacere anche per questo”.

Quando fa uno spettacolo è come se celebrasse un collegio docenti

“Io inizio proprio chiedendo: alzi la mano chi è un docente. E siccome la alzano quasi tutti, io a qual punto aggiungo: questo è un collegio docenti. La cosa più bella si verifica alla fine dei miei spettacoli quando vedo arrivare a salutarmi sempre qualcuno che non insegna e che mi dice: mi hai fatto diventare simpatica la scuola. Insomma lo spettacolo piace molto anche ai non insegnanti. ”

Lei non prende in giro i docenti, piuttosto fa ricordare loro chi sono. E ricorda un po’ i sold out registrati da conferenze di psichiatri famosi, come Crepet o Andreoli, con centinaia di persone che accorrono a sentirsi dire che… stanno male.

“Mi piace questa similitudine. La gente in effetti ha bisogno di non sentirsi sola con i propri problemi. È l’obiettivo terapeutico del mio lavoro. Mi scrivono in tante dicendomi: Allora non sono l’unica! Ne posso uscire pure io. Se scherzi su una cosa che ti affligge i problemi vengono meno o quantomeno vengono attenuati. Come ho detto prima, credo molto nel non prendersi molto sul serio”.

Lei imita tutti. Dal docente al collaboratore scolastico, al tecnico. Dalla Carla a Mimmo. Ci rivela chi era Mimmo? Esiste davvero Mimmo?

“Mimmo è il mio tecnico della scuola media Ada Negri di Lodi, dove insegnavo. La cosa bella è che i miei personaggi esistono davvero. La Carla esiste pure lei e si chiamano davvero così e se non li metto per uno o più video loro si arrabbiano”.

Andiamo un po’ sulla prosa. La vita scolastica è un chiaro-scuro, come del resto la società. Non tutto va bene, anche quando dovrebbe. Tanti insegnanti non funzionano – dice lei – ma è la famiglia – precisa poi – l’anello più debole.

“Il triangolo famiglia-alunno-scuola non funziona più. Generalizzare non va mai bene, certo. Ma se non lo diciamo, se non lo ribadiamo allora finisce che non vale più nulla o che vale tutto e finoisce che giochiamo con la realtà. E’ chiaro che ci sono insegnanti incompetenti, però per la mia esperienza ho trovato più famiglie pronte al conflitto e a non riconoscere l’autorevolezza del ruolo dei docenti. Ammetto che ci sono tante famiglie attente e sempre sul pezzo, che mostrano attenzione per la scuola e che nutrono voglia di riscatto. Ma tante altre sono lasciate a sé stesse. Nell’incontro di lunedi scorso alla Camera, il Moige ha evidenziato un nuovo punto di vista verso la scuola e gli insegnanti e questo mi è piaciuto”.

I conflitti spesso nascono in occasione della valutazione degli alunni. Lei dice che il voto negativo non è un trauma, anzi un voto falsamente positivo porterebbe tanti a sbattere, nella vita.

“E’ così. Io sono uno strenuo sostenitore di questa cosa. Al liceo una volta ho preso uno in latino. Si trattava dei paradigmi. A quel punto mi son detto: se l’insegnante ha dato uno a uno studente vuol dire che siamo fuori dalla logica. Vuol dire che questo insegnante non ha capito che lavoro sta facendo. Se tu, professore, vuoi comunicare una grave insufficienza a un alunno basta dare quattro o tre. Se gli dai uno, vuoi veramente sia umiliarlo sia privarlo della possibilità di recuperare. Comunque, ho preso uno e sono ancora qui”.

Insomma non si muore per una grave insufficienza.

“Tutte le volte che mi sono scontrato su questa realtà ho sempre preso delle lezioni. Se oggi il voto non preoccupa più perché c’è chi redarguirà il docente, allora vuol dire che siamo messi male. Mi preoccupa molto semmai lo scontro che l’alunno un giorno avrà con la propria vita futura. Se tu, insegnante, non dici mai a un alunno che non sa disegnare finirà che lui si iscriverà al corso di architettura. E a quel punto sarà la vita – o i lavori che non arriveranno – a farglielo capire. E allora non sarebbe stato meglio dirglielo prima, così quell’alunno avrebbe fatto una scelta migliore? Io posso essere coccolato per anni con un sei-meno-meno, ma prima o poi arriverà un momento, nella vita, che comprenderò. Quindi è meglio preparare per tempo le persone. Per me il trauma della penna rossa è un problema che non esiste”.

Magari lei non è mai stato bocciato a scuola..

“No, no. Io sono stato bocciato”

Quando? E come ha reagito? Non le ha pesato?

“Ero al secondo anno del liceo, c’erano stati dei problemi familiari in quel periodo. Ma poi sono stato meglio di prima. Dire che non mi abbia pesato sarebbe troppo. Anzi, guardi, ho maledetto come un pazzo chi mi ha bocciato. Ma mai e poi mai mi è venuto in mente di chiedere un colloquio con la preside, o di ricorrere contro la bocciatura. Bocciato? Bene, si riparte studiando di più, punto”.

E poi che è successo? Ha davvero studiato di più?

“Poi ho studiato di più, certo”

I conflitti sulla valutazione o su una nota discipinare spesso conducono a gesti inconsulti e gravi come il recente accoltellamento della professoressa di Abbiategrasso.

“Lei ci ha insegnato che il disagio è figlio di più cause. Imputare tutto al ragazzo è un errore. Il più grande dispiacere per lei, come lei stessa ha poi scritto, è stato il silenzio della famiglia dello studente, che avrebbe potuto mandare un messaggino, un mi dispiace. Non si può dire che il gesto sia figlio di una mattina: è probabile che sia frutto di un contesto più ampio”.

Lei sostiene che occorra riportare il docente al centro magari, magari aumentando il suo stipendio.

“Questo è il succo di un mio video molto apprezzato. Qualunque riforma deve partire dalla centralità del docente. Per me l’importanza di innalzare lo status dei docenti arriva prima di tutto il resto. Prima di pensare a tutte le innovazioni che possiamo portare in aula, dobbiamo pensare a rimettere al centro il docente. In questo video ho usato la metafora del pilota. È come se tu avessi un aereo: se vuoi che l’aereo parta, devi prima mettere il pilota nelle condizioni di volare, no? Devi dargli un contratto migliore. In effetti, dopo aver preso cura del pilota, poi penserai a mettere gli schermi su tutti i sedili, alle lucine, a coccolare i passeggeri. Ma prima di tutto devi occuparti del pilota. Allo stesso modo, dobbiamo occuparci dei nostri docenti, perché se non ci prendiamo cura di loro, la scuola non decollerà mai”.

Gli alunni sono il nostro futuro ma noi siamo il loro presente. Lo ha detto lei

“Il presente è importantissimo, è anzi prezioso. Se non ci si occupa dell’oggi non si può preparare il domani. Il presente ha un valore incredibile. Io sono stato bocciato? Ora mi rifaccio. Non si guarda mai al presente ma il presente è importante. Come all’esame di maturità: i ragazzi scappano dopo tre ore. Ma io dico: fermati e goditi il momento. Purtroppo stanno tanto tempo sul telefono, anche otto ore al giorno, con noi stanno cinque ore. Ma quelle cinque ora sono un valore, noi siamo l’alternativa”.

Insomma, scopriamo che gli alunni le mancano. Dunque Filippo Caccamo, attore comico di gran successo, tornerà un giorno in cattedra?

“Tornerò, tornerò. Quando avrò finito i vari tours tornerò a insegnare. Il lavoro che svolgo oggi non è il piano b dell’altro. Quando sarò tornato in cattedra sarò sereno, avrò i miei crediti e tutto quel che serve per insegnare bene. Quel che faccio ora non è un’alternativa, è solo una pausa teatrale”.

Provi a mandare un messaggio ai ragazzi che sono alle prese in questo momento con la prova scritta dell’esame di Stato. E uno anche agli insegnanti alle prese con la maturità degli studenti.

“Ai ragazzi dico: godetevi il momento. Poi farere i cretini, brucerete magari gli appunti, ma ora non correte. Non finite il tema in un minuto. Uscite di casa prima, andate un po’ prima a scuola, goditevi il silenzio, usate il dizionario, apritelo, la parola già la conoscete, ma magari c’è un sinonimo più bello. Usate tutto il tempo che avete a disposizione: questo cambia tutto, non sembra, ma fidatevi, è così. Quando insegnavo, nelle verifiche davo più tempo del dovuto ai ragazzi e allora vedevo nei loro occhi una pace diversa. Per i docenti ho fatto uscire adesso un video con Notte prima degli esami di Venditti. La notte prima degli esami, ma dal punto di vista dei professori. La notte prima degli esami tutti ce la ricordiamo come alunni. E i prof?”

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