Fisco e imprese, perché la super deduzione al 120% del costo del lavoro può funzionare

Fisco e imprese, perché la super deduzione al 120% del costo del lavoro può funzionare

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le politiche fiscali sul reddito di impresa

di Angelo Miglietta*22 feb 2023

Fisco e imprese, perché la super deduzione al 120% del costo del lavoro può funzionare

Molta enfasi si pone sull’importanza di un corretto comportamento dei contribuenti. Un po’ meno sulla necessit di una spesa pubblica efficiente. Ma poi pressoch assente dal dibattito il tema di come rendere minimo l’impatto della tassazione sulla capacit competitiva del sistema Paese Italia. Siccome le imprese, quando operano nel rispetto delle leggi, sono il soggetto che produce il valore aggiunto e la ricchezza di un Paese, ed esse sia direttamente sia indirettamente, tramite i fornitori e i propri lavoratori, contribuiscono al gettito fiscale, pare di particolare pregio individuare i modi per evitare che la fiscalit le indebolisca. E cos pure magari dare pi forza a quelle imprese che sono in grado di generare maggiore occupazione a tempo indeterminato.

Come rendere migliore la fiscalit sull’impresa

In primo luogo, ma la cosa banale, ovviamente cercando di rendere minimo il prelievo sulle imprese. Ma anche una seconda strada potrebbe essere percorsa in modo deciso: premiare le imprese che producono occupazione a tempo indeterminato. Oggi due imprese che producono lo stesso reddito, una senza dipendenti e l’altra con molti dipendenti, vengono tassate nello stesso modo. Riconoscendo che la produzione di occupazione a tempo indeterminato un bene sociale oltre che economico, la normativa tributaria potrebbe (rectius dovrebbe) intervenire a favore della seconda, l’impresa che produce lavoro. Dell’efficacia delle politiche fiscali sul reddito di impresa come stimolo si ha chiara evidenza: ricordo fra tutte l’entusiasmo che crearono le agevolazioni cos dette “Tremonti” di 30 anni fa.
La soluzione potrebbe essere quindi semplicemente quella di immaginare un’extra-deduzione dei costi sostenuti dall’impresa per la remunerazione del lavoro dipendente a tempo indeterminato, per esempio portando la quota di tali costi deducibile a fini fiscali al 120%, prevedendo per con riferimento a ciascun lavoratore una soglia minima (per incentivare remunerazioni pi decorose) e una soglia massima (poich il lavoro molto ben remunerato ha una sua autonoma sostenibilit e nel caso del top management sembra persino sfuggire a regole di mercato grazie al potere dei manager).
Altres, un ulteriore incentivo potrebbe essere immaginato per l’ampliamento della base occupazionale, calcolata con riferimento alla media numerica di un periodo pluriennale precedente. Il vantaggio di questa proposta rispetto alle agevolazioni gi oggi previste sarebbe quello di rendere sistematico, duraturo e stabile l’incentivo, favorendo nel tempo le scelte strategiche dell’impresa.

Come finanziare la copertura

In primo luogo va detto che l’importo per cui si deve trovare adeguata copertura pari al premio di deducibilit riconosciuto sul costo del lavoro a tempo indeterminato moltiplicato per l’aliquota fiscale applicabile sul reddito di impresa, oggi di poco superiore al 24% (considerando l’effetto dell’IRAP). Sul piano strettamente finanziario tale minore incasso dell’Erario andr in primo luogo compensato con l’incremento del gettito derivante dall’aumento del monte stipendi e salari.
Da notare che gi per livelli di reddito ancora bassi, intorno ai 30/35.000 euro lordi annui, l’aliquota fiscale media si aggira sul 26%, dunque pi di cinque volte il beneficio che qui si propone di concedere all’impresa. Facile capire che la copertura possa arrivare automaticamente gi da tale meccanismo. Ma anche volendo trovare un’ulteriore fonte di gettito, si potrebbe intervenire, in modo appena percettibile e progressivo, limitando la deducibilit degli interessi passivi per le imprese. La gradualit del provvedimento insieme con la sua limitatezza (per esempio partendo da una deducibilit parziale al 90% dei costi per interessi) non potrebbe certamente scardinare le condizioni di economicit della gestione, e avrebbe il merito di spingere le imprese verso una maggiore robustezza patrimoniale, da sempre fattore di criticit per le imprese italiane. Infatti, ancora oggi la deducibilit degli interessi passivi costituisce un potente incentivo al debito invece che al ricorso al capitale di rischio, la cui remunerazione (l’utile d’esercizio) invece tassata due volte: prima nel momento della sua produzione e poi anche in occasione della sua distribuzione. Ci consentir, fra l’altro, di operare in modo coerente con la teoria dell’impresa sviluppata dalla scienza economico-aziendale, che individua nel reddito operativo (utili ante imposte pi risultato della gestione finanziaria) il risultato della gestione caratteristica di un’impresa, a differenza dell’utile netto (quindi gi depurato delle componenti economiche di natura finanziaria e fiscale) che invece rappresenta solo la porzione del risultato dell’attivit (operativa) dell’impresa che va a remunerare il capitale di rischio.

* Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese e Pro Rettore Vicario – Universit Iulm Milano Socio Ordinario Societ Italiana di Management

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