Forza Italia e Ppe spingono Tajani. Ma Meloni: è premier chi vince, la regola non può cambiare ora

Forza Italia e Ppe spingono Tajani. Ma Meloni: è premier chi vince, la regola non può cambiare ora

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Il nome del vice di Berlusconi circola come possibile candidato premier per la stima del Ppe e il profilo moderato, che potrebbero tranquillizzare l’Unione europea. Tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia è scontro sui collegi ROMA — L’incontro con la Meloni di venerdì, dicono, è andato «bene». Il ghiaccio si è sciolto, ma non il nodo della regola sulla premiership. I problemi restano perché nonostante Giorgia Meloni abbia detto a chiare lettere che «le regole del gioco non si cambiano in corsa», e che quindi dovrà essere rispettata quella che prevede che esprima il premier il primo partito della coalizione vincente, secondo i sondaggi FdI, Berlusconi non sarebbe affatto convinto. Anzi. Sono forti i boatos — ne avrebbe parlato lui stesso con persone vicinissime — che danno Berlusconi intenzionato a indicare un esponente dei suoi come prossimo premier. A persone a lui molto care avrebbe confidato che la carta giusta potrebbe essere quell’Antonio Tajani, vice presidente di FI e del Ppe, che lui stesso aveva già proposto come possibile candidato premier nel 2018. La fedeltà al capo, il suo profilo moderato, gli ottimi rapporti a Bruxelles e non solo, lo stesso favore del Ppe, espresso più volte dal presidente del partito Manfred Weber — che subito dopo le dimissioni di Draghi ha fatto un chiaro endorsement a FI — ne farebbero la figura ideale per rassicurare ambienti soprattutto internazionali spaventati da una possibile deriva sovranista e populista della coalizione a guida Meloni o dello stesso Salvini, come già la stampa estera sta paventando, anche se è partita la contro-campagna della leader di FdI, capo dei Conservatori europei, per dimostrare di avere le carte in regola per governare, anche per la sua posizione fortemente atlantista e pro-Ucraina, ancor più marcata di quella degli alleati. E però, mentre Tajani si schermisce, è chiaro che la sua figura o magari qualche nome coperto — fuori dai partiti, o secondo i fan più accaniti quello dello stesso Berlusconi nonostante l’età e la fatica dell’incarico — sarebbero nei ragionamenti del Cavaliere. Che non per caso al Corriere della Sera ha proposto di far scegliere il prossimo premier a un’assemblea di parlamentari eletti . Un modo per far pesare la forza di FI, Lega e centristi contro quella di FdI, visto che è probabile che gli eletti assieme siano più numerosi di quelli della Meloni. Ma il nodo è delicatissimo. Perché per la leader di FdI il discorso è irricevibile. Anche per questo diventa fondamentale il criterio che si adotterà per distribuire i collegi uninominali, e quindi di conseguenza gli eletti, che si sommeranno a quelli della quota proporzionale. La regola della divisione in tre tra i maggiori partiti (con FI che accoglierebbe i centristi, che però sono pronti a lottare per ottenere il massimo possibile) è indigeribile per FdI, che pretende che a decidere i rispettivi pesi siano 3 o 4 sondaggi seri fatti alla vigilia dell’accordo. Il tutto mentre ci sarà da vagliare, scartare, acquisire candidature anche autorevoli per ogni partito, lavoro improbo, da fare in tempi record, mentre aumentano le defezioni centriste (ieri ha lasciato FI anche il deputato azzurro Caon; Versace, Porchietto, Mazzoleni, Baroni potrebbero seguirlo, più l’eventuale truppa di Carfagna). Insomma se Atene-centrosinistra non ride, nemmeno Sparta-centrodestra può permettersi di sghignazzare. 23 luglio 2022 (modifica il 23 luglio 2022 | 22:22) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-23 20:22:00, Il nome del vice di Berlusconi circola come possibile candidato premier per la stima del Ppe e il profilo moderato, che potrebbero tranquillizzare l’Unione europea. Tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia è scontro sui collegi, Paola Di Caro

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