Francesca Manzini: «Io, tra relazioni tossiche e disordini alimentari, salva grazie al cibo»

Francesca Manzini: «Io, tra relazioni tossiche e disordini alimentari, salva grazie al cibo»

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«Sono dieci anni. Dieci anni esatti da che ho deciso di smettere di fare uso, abuso e disuso di me stessa. Ero sopraffatta dal caos — quello alimentare camuffava le mie paure più atroci —, a tratti tormentata. A un certo punto ho preso in mano la mia esistenza, da sola, e fatto ordine. Ora sono abilissima nell’individuare i posti dove rifugiarmi per stare bene con me stessa: mi ci piazzo, come gli studenti quando occupano scuola. Riesco persino ad assaporare con la dovuta lentezza quei momenti in cui corpo e mente si trovano esattamente dove vorrebbero, in armonia, allineati come pianeti. E sono diventata imbattibile nel fare le mie scalette esistenziali, come dentro un copione».

Classe 1990, Francesca Manzini, attrice, imitatrice (la parodia di Ilary Blasi, e non soltanto, rasenta la perfezione), conduttrice radiofonica e televisiva — attualmente insieme a Marco Marzocca fa parte del comitato scientifico de «Una scatola al giorno», il nuovo programma di Raidue condotto dall’attore Paolo Conticini in onda tutti i giorni dal lunedì al venerdì alle 19,50 — è una donna profonda. Anni di disturbi del comportamento alimentare, a metà tra bulimia e anoressia, bullismo e relazioni tossiche, l’hanno segnata, sì, ma allo stesso tempo le hanno restituito una consapevolezza rara, come racconta nel libro autobiografico «Stay Manza. La tragicomica avventura di vivere in un corpo» (Sperling & Kupfer).

Possiamo dirlo? Oggi lei è una donna con gli attributi…

«Possiamo dirlo, ma a modo mio: ho due palle così. Non ho bisogno di persone che pensino a me: so il fatto mio. Quando era tempo che mi affidassi, non è andata come avrei voluto. Non ho avuto una adolescenza idilliaca, poi è stato anche peggio. Oggi mi è ben chiaro: nel bene o nel male, la vita dipende esclusivamente da noi, non dagli altri».

Parole forti che lasciano a intendere. Cosa è successo esattamente?

«Sono cresciuta in una famiglia in cui il litigio era la normalità. Mamma e papà discutevano spesso. I loro diverbi scandivano le mie giornate. Io, per anni, ho vissuto come sospesa tra il senso di colpa — mi sentivo responsabile di quella situazione — e il senso di inadeguatezza. Chissà, forse non ero la figlia migliore per loro. Ho trovato conforto nel cibo. Ne ho fatto un alleato: con digiuni e abbuffate esprimevo al meglio le mie inquietudini. A 14 anni sono arrivata a pesare 72 chilogrammi: mi chiamavano cesso, cellulitica. A 18 ero riuscita a buttarne giù 25. Difficile gestire il bullismo, quando ne sei vittima. Ma il giudizio di un padre, che per una figlia femmina è il primo, grande amore, è anche peggio».

Cioè?

«Ero anoressica, conclamata. Mio padre un giorno mi disse: “Tra i tanti cazzi che ho per la testa, non posso avere anche te”. Me lo urlò affinché reagissi. Svenni. Non era modo. Non si giudica. Lui, mio padre, lo aveva fatto e non è stato il solo».

Chi altri?

«Uomini. Ne ho incontrati e conosciuti diversi. Me ne infatuavo: era un modo per esorcizzare l’amarezza che il rapporto con papà mi aveva lasciato. Mi ponevo al centro, avevo bisogno di essere coccolata. A 23 anni il baratro: allora stavo con uno che beveva. Era il minore dei mali. Nella sua vita non ero la sola: mi tradiva e menava. Io, annullata, mi sono lasciata sopraffare: non avevo alcuna regola, nessun appiglio, nessun punto di riferimento, se non il bisogno compulsivo di cibo. Un inferno durato 4 anni fino a quando, a 27, Piero Chiambretti mi ha voluto con sé in tv. Sono rinata, anche se…».

Cosa?

«… anche se non dimentico. Né è giusto che lo faccia».

Perché?

«Perché grazie a quelle persone sono la donna che sono».

Nel mezzo la rinascita.

«Esatto, dalle mie stesse ceneri come l’araba fenice. Ho trovato un equilibrio nuovo, anche grazie al cibo. Mangio sano. Di più: mi nutro per stare bene, non per compensarmi. Ho impiegato 15 anni per capirlo. Ora mi è chiarissimo anche grazie alla mia psicoterapeuta, Daniela Minea, che mi ha messo davanti ai miei tre grandi nemici: il caos alimentare, la paura dell’abbandono e l’autosabotaggio. E grazie a Marco Giardina che mi ha insegnato ad amare il cibo. Oggi mangio di tutto, senza paura di ricadere in quel binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) di cui tanto ho sofferto. Alle volte vacillo: capita quando a tavola introduco qualche cosa che il mio stomaco non è più abituato a ricevere. Cinque minuti e passa: sono padrona di me».

Ha fatto pace con la bilancia?

«Diciamo che ho perso 18 chili. L’obiettivo è scendere a 64. In serenità. So che cosa devo mangiare. Non improvviso più. Neppure in fase premestruale che vivo con effetto Fiona. Sì, quella di Shrek. Ha presente? Da 60 a 71 kg nell’arco di poche ore. In quei giorni evito sale, zuccheri e olio. Al pane e alla pasta, che riduco, preferisco verdure crude e cotte, minestrone e del petto di tacchino».

Un menu quotidiano tipo?

«Gallette di riso integrale, 30 grammi di prosciutto crudo, del caffè d’orzo con la stevia per colazione. A metà mattina una banana con attivatore del metabolismo. A pranzo una bistecca di manzo magro con carote e gallette di riso. Per merenda due kiwi gialli e, a cena, pasta di riso in bianco senza glutine, prosciutto crudo, un’insalata di lattuga con della rucola così non mi gonfia, una banana. Tutto concordato con il nutrizionista che, prima di suggerire un regime alimentare, prescrive delle analisi del sangue e un esame citotossico: l’alimentazione è come un abito, va sempre tagliato su misura. È una questione di salute».

Nessuno sgarro?

«Oh, sì. Ogni due settimane mi concedo 5 piccole meringhe, un pezzetto di torta o un gelato».

Francesca, oggi come sta?

«Sto bene: amo vivere. Nel momento in cui torno a soffrire, perché la sofferenza è sempre dietro l’angolo, non vedo l’ora di andare avanti, determinata e certa di sapere che cosa fare».

Se dovesse brindare a qualcuno davanti a una cena?

«Ai miei genitori, tutta la vita. Loro mi hanno sempre amato, senza però sapermi seguire. Grazie alla loro assenza ho trovato Francesca. Non li giudico. Si nasce figli, i figli per definizione non sanno fare i genitori, si imparerà. Tutta la sofferenza che ho provato, l’ho vista, analizzata e risolta. Sì, brindo ai miei genitori, a pranzo, a cena, sempre!».

(©) RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-10-20 13:10:00, Il bullismo subìto a scuola, la difficile situazione in famiglia, un amore violento, i disturbi alimentari: Francesca Manzini, talentuosa attrice e imitatrice romana, ripercorre i suoi anni più dolorosi. «Mi ero annullata. Ho trovato conforto nel cibo: mi sono ammalata», Chiara Amati

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