Ne abbiamo parlato in questi giorni, la decisione del governo francese di vietare alle studentesse e a gli studenti islamici di indossare l’abaya e il qamis ha scatenato polemiche che non accennano a spegnersi, anzi.
Adesso sono proprio i professori che si espongono in primissima linea, in sciopero per protestare contro un decreto che ritengono lesivo delle libertà individuali, tendente soprattutto a occultare i veri mali della scuola francese. E non i professori di un liceo “qualunque”, ma del liceo Maurice Utrillo di Stains, una delle banlieue più calde della capitale a una ventina di chilometri da Parigi, uno dei licei in cui il brassage socio-culturale è più evidente.
“Rifiutiamo di stigmatizzare le alunne e gli alunni che indossano l’abaya o il qamis” dichiarano i docenti e il personale del liceo che il 6 settembre scorso hanno chiamato tutti alla mobilitazione, entrando in sciopero con un sit-in permanente nel cortile della scuola.
Come riportato da tutta la stampa francese, gli scioperanti si schierano contro “la politica islamofoba del governo” e contro il nuovo ruolo di “poliziotti dell’abbigliamento” che i docenti rifiutano di esercitare.
I docenti in sciopero ritengono piuttosto che la polemica lanciata dal governo contro l’abaya e il qamis sia stata provocata ad arte per nascondere le falle del Ministero dell’Educazione nazionale, la perdita di posti di lavoro, le condizioni di lavoro sempre più dure per chi insegna e opera nelle periferie urbane più a rischio, il calo costante di finanziamenti per le scuole.
I ragazzi, dal canto loro, sostengono questa iniziativa dei docenti. Come riferito in un reportage curato da Franceinfo, molti di loro sostengono che i giovani delle classi popolari non sono mai ascoltati, ma sempre sospettati di sfidare le leggi della Repubblica.
Altri sottolineano che questo divieto è chiaramente islamofobo, dato che l’abaya è soltanto un abito senza alcuna connotazione religiosa.
In realtà il punto dolente è proprio questo: se, da una lato, la Legge sulla laicità del 15 marzo 2004 prevede che non si debbano indossare a scuola o in altri edifici pubblici segni ostensibili di appartenenza religiosa, dall’altro l’abaya rientra in una sorta di zona grigia perché nessun testo religioso lo evoca direttamente.
Ultimissima notizia: ieri il Consiglio di Stato – interpellato sulla questione – ha rigettato il ricorso dell’Associazione per i Diritti dei Musulmani, approvando il divieto di indossare l’abaya.
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