La frizione di ’Gnazio

La frizione di ’Gnazio

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Essere mandati platealmente a quel paese dall’alleato Berlusconi e, subito dopo, venire eletti alla seconda carica dello Stato con i voti determinanti dell’opposizione. Chiunque fosse sopravvissuto a un uno-due emotivo di quel calibro avrebbe avuto ottime ragioni per vacillare. Va invece dato atto a Ignazio La Russa di essersi inerpicato lungo le pareti del suo primo discorso presidenziale con un’accortezza figlia dell’esperienza, nonostante avesse puntati addosso i fari di mezzo mondo in ansiosa attesa di potergli imputare qualche irrigidimento: se non dell’avambraccio, almeno del linguaggio. E invece: i fiori alla Segre, l’omaggio ecumenico alle vittime del terrorismo e la citazione meritoria del commissario Calabresi (anche se per l’emozione lo ha declassato a ispettore). L’ex missino di lungo corso che un’imitazione di Fiorello traghettò in uno strabuzzar d’occhi nella Repubblica della Simpatia sembrava essere giunto al traguardo indenne, quando, come capita a certi studenti, ha incespicato sulle date.

Ha reso omaggio al 2 giugno, al 1° maggio, addirittura al 25 aprile, ma a quel punto gli è scappata la frizione e ha proposto di festeggiare anche la nascita del Regno d’Italia. Se avesse detto «Unità d’Italia», nessun problema. Invece ha detto «Regno» e adesso qualche prevenuto è pronto a estrarre i fantasmi dall’armadio. Vagli a spiegare che quella di La Russa era un’astuta presa di distanza: l’ultimo Mussolini detestava a tal punto il Re da rammaricarsi di aver fatto finire la marcia su Roma davanti al Quirinale anziché dentro.

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14 ottobre 2022, 06:51 – modifica il 14 ottobre 2022 | 06:51

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-10-14 05:26:00,

Essere mandati platealmente a quel paese dall’alleato Berlusconi e, subito dopo, venire eletti alla seconda carica dello Stato con i voti determinanti dell’opposizione. Chiunque fosse sopravvissuto a un uno-due emotivo di quel calibro avrebbe avuto ottime ragioni per vacillare. Va invece dato atto a Ignazio La Russa di essersi inerpicato lungo le pareti del suo primo discorso presidenziale con un’accortezza figlia dell’esperienza, nonostante avesse puntati addosso i fari di mezzo mondo in ansiosa attesa di potergli imputare qualche irrigidimento: se non dell’avambraccio, almeno del linguaggio. E invece: i fiori alla Segre, l’omaggio ecumenico alle vittime del terrorismo e la citazione meritoria del commissario Calabresi (anche se per l’emozione lo ha declassato a ispettore). L’ex missino di lungo corso che un’imitazione di Fiorello traghettò in uno strabuzzar d’occhi nella Repubblica della Simpatia sembrava essere giunto al traguardo indenne, quando, come capita a certi studenti, ha incespicato sulle date.

Ha reso omaggio al 2 giugno, al 1° maggio, addirittura al 25 aprile, ma a quel punto gli è scappata la frizione e ha proposto di festeggiare anche la nascita del Regno d’Italia. Se avesse detto «Unità d’Italia», nessun problema. Invece ha detto «Regno» e adesso qualche prevenuto è pronto a estrarre i fantasmi dall’armadio. Vagli a spiegare che quella di La Russa era un’astuta presa di distanza: l’ultimo Mussolini detestava a tal punto il Re da rammaricarsi di aver fatto finire la marcia su Roma davanti al Quirinale anziché dentro.

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14 ottobre 2022, 06:51 – modifica il 14 ottobre 2022 | 06:51

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, Massimo Gramellini

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