di Sofia Francioni
La fumettista firma il manifesto del Festival del digitale popolare, a Torino 8-9 ottobre. «Le elezioni? Nell’italiano medio vedo una tendenza alla polarizzazione. Mentre la strada dovrebbe essere quella dell’empatia: sentirci tutti vicini»
Classe 1991, Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti è, come ebbe modo di dire lei stessa, «una fumettista, un’artista e tutto quello che voglio».
Veri fino a essere scandalosi, i fumetti di Fumettibrutti, a partire dalla trilogia della «fine dell’infelicità» con Romanzo Esplicito (2020), P. La mia adolescenza trans (2019) e Anestesia (2020), parlano della sua autrice per far sentire tutti meno soli «perché è l’empatia a salvarci», dice lei.
Per Torino ha disegnato il manifesto del Festival del digitale popolare, che sarà dal 8 al 9 ottobre in città. Nel manifesto si vede una ragazza appoggiata alla Mole, che ha in mano il cellulare ma guarda lo spettatore… «E’ un adolescente che tiene in mano il suo cellulare perché rappresenta spesso il suo accesso al mondo: uno strumento molto popolare».
Intende dire democratico?
«Sì, in qualche modo. Pensiamo ai migranti che lasciano i loro paesi: quegli schermi sono l’unica possibilità di dialogo che hanno con le loro famiglie. Il digitale è contatto, spazio d’espressione. Nel manifesto ho voluto inserire anche il simbolo della Mole per omaggiare Torino, una città che trovo affascinante e che mi regala sempre belle sensazioni».
Giudizio sulle elezioni?
«Dispiaciuta dal comportamento che vedo prendere dall’italiano medio. Una categoria che non trovo negativa, anche io posso esserlo, ma nella quale vedo una tendenza alla polarizzazione. Mentre la strada dovrebbe essere quella dell’empatia: sentirci tutti vicini».
E dove si impara l’empatia?
«Con la cultura: che non significa solo saggi o libri. Ma anche eventi, festival. Dovrebbe essere compito della politica portarla soprattutto dove non c’è: ai margini, nelle periferie, in provincia. Insieme a una grande immissione di soldi».
Era stata annunciata da Feltrinelli come il nuovo fenomeno del fumetto italiano. Adesso nuovo non lo è più. E’ diventata ricca?
«Ricca no, sto bene. Mi sono appena potuta permettere un intervento di salute fuori Italia. Ma sono ben lontana dall’essere stabile. Ho paura di perdere da un momento all’altro tutto e ci sto lavorando. In più non riesco a non pensare che come sto bene io, dovrebbe stare bene tutti».
Non è la stessa cosa che cerca di fare nei suoi fumetti? Parlare di sé perché gli altri si sentano meno soli e quindi meglio?
«Sì anche adesso sono concentrata a capire come smuovere quello che ho intorno».
Cosa va cambiato?
«La povertà va risolta e le disuguaglianze economiche vanno livellate. Non possiamo farci gli affari nostri su questo. In più dobbiamo andare avanti sulla strada dei diritti: Ddl Zan, contrasto alla violenza di genere, anche trasporti pubblici gratuiti per tutti!».
Nelle sue vignette parla di droga, di sesso, di corpi che sono campi di battaglia. Si sente scandalosa?
«E’ un aggettivo molto efficace dal punto di vista narrativo. Ma penso che le mie vignette facciano solo del bene. Ancora oggi facciamo fatica a parlare di certe tematiche, ma più se ne parla più si riesce ad avere corpi liberi: a essere liberi. L’essere umano ha una “strana” esigenza essere compreso dall’altro e accolto. C’è tanto da fare… la società cambia in base a come ci percepiamo e anche ci mostriamo, perciò: veniamo avanti. Io penso sempre che se non fai male a nessuno, perché non devi farlo?».
Il prossimo libro?
«Per Feltrinelli a fine ottobre. “Ogni giovedì una striscia” che raccoglie la maggior parte del mio lavoro pubblicato sui social dal 2017 e una lunga storia inedita».
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27 settembre 2022 (modifica il 27 settembre 2022 | 21:59)
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, 2022-09-27 20:00:00, La fumettista firma il manifesto del Festival del digitale popolare, a Torino 8-9 ottobre. «Le elezioni? Nell’italiano medio vedo una tendenza alla polarizzazione. Mentre la strada dovrebbe essere quella dell’empatia: sentirci tutti vicini», Sofia Francioni