di Viviana MazzaLo storico britannico: «Toccherà al governo di Zelensky decidere. Con il controllo del Mar d’Azov Putin si fermerebbe, non ci sarebbe l’accordo, ma un conflitto congelato» Timothy Garton Ash ha incontrato Putin nel 1994. «Era Putin prima che fosse Putin, vicesindaco di San Pietroburgo, a una conferenza sul futuro dell’Europa. Intervenne all’improvviso, con una certa rabbia, dicendo che bisognava ricordare i territori russi fuori dalla Federazione russa, menzionò la Crimea… Era molto prima dell’allargamento della Nato. Il risentimento post imperialista e lo spirito revanscista erano già profondamente dentro di lui. Chiaramente sono diventati più pronunciati man mano che l’Occidente avanzava verso i suoi confini, ma l’istinto di base era già là», dice lo storico britannico al Corriere a margine di una conferenza sul futuro dell’Europa alla Central European University di Budapest, alla vigilia delle elezioni ungheresi. Nel lungo periodo è ancora possibile pensare ad una architettura di sicurezza europea che includa la Russia? «Adesso abbiamo il compito di garantire la sicurezza di tutti quei Paesi abbastanza fortunati da essere nell’Ue e/o nella Nato, inclusi Svezia e Finlandia, contro chiunque, anche se ovviamente la minaccia maggiore è la Russia di Putin. Putin pensa di essere in guerra non solo con l’Ucraina, ma con l’Occidente in Ucraina. Dovremo difenderci finché sarà al potere, senza farci illusioni sulla probabilità che venga deposto a breve: è possibile ma improbabile. Nel lungo periodo, è nel nostro interesse reintegrare la Russia nel sistema della sicurezza europea, ma non possiamo farlo operativamente ora». C’è chi dice che Usa e Gran Bretagna spingano contro un compromesso tra ucraini e russi perché vogliono che la guerra continui, sperando di sbarazzarsi di Putin. Ha seguito questo dibattito? «Molto attentamente. Devono essere gli ucraini e il loro governo democraticamente eletto a decidere. Zelensky ha parlato di un referendum per decidere sul compromesso per un accordo di pace, se ci arriviamo. Ciò che noi, l’Occidente, non possiamo né dobbiamo fare è forzare l’Ucraina ad accettare una pace punitiva imposta da Putin o legittimarla ambiguamente e spero che Macron e Scholz indicassero questo. In tutta onestà devo dire che con Macron e Scholz c’è sempre il pericolo, la tentazione… Non possono essere mediatori imparziali — perché è la guerra di Putin contro l’Occidente e noi siamo l’Occidente — forse possono la Turchia o Israele. Quanto al cambio di regime, è ovvio che la nostra relazione con la Russia cambierà solo con un altro presidente al Cremlino, ma abbiamo pochi strumenti a disposizione e non credo che ciò significhi che abbiamo una strategia operativa anglo-americana di regime change ». È possibile un accordo che lasci Crimea e Donbass a Putin, escludendo che l’Ucraina entri nella Nato? «Ettari di giornali e ore di tv sono stati sprecati in speculazioni su un accordo di pace. La risposta sarà decisa sul campo di battaglia tra ucraini e russi. Se vogliamo influenzare l’accordo di pace, dobbiamo mandare più armi e varare più sanzioni, in particolare l’embargo su petrolio e gas cui Italia, Germania, Austria e ovviamente Ungheria fanno resistenza. Tra i possibili esiti ce n’è uno che lei non ha menzionato ma mi sembra significativamente possibile. La Russia di Putin ha detto che adesso mira al Donbass; posso immaginare uno scenario in cui prendono Mariupol dopo averla totalmente distrutta — come dissero in Vietnam “distruggiamo la città per salvarla” —, creano un “ponte” dalla Crimea al Donbass e controllano il Mar d’Azov. Allora Putin può fermarsi e dichiarare vittoria. Non ci sarebbe un accordo di pace, ma un conflitto congelato, perché nessun legittimo governo ucraino concederebbe territori conquistati in una guerra del terrore. I conflitti congelati possono andare avanti a lungo. Questo è un modo in cui la guerra potrebbe cessare per un periodo di tempo». Lei ha espresso il timore che avremo un’Europa carolingia di serie A, una centro-orientale di serie B , Ucraina e Moldavia in serie C, anche in virtù del fatto che c’è chi non vede l’Est come «vera Europa». Il viaggio di Metsola a Kiev le dà speranza? «L’atteggiamento dell’Europa occidentale verso quella orientale è antico. In un libro sulla storia dell’Europa occidentale che sto scrivendo, c’è un capitolo su Roma e la reinvenzione del suo impero, che influenza tuttora la nostra visione di ciò che è l’Europa e di ciò che invece si colloca oltre il limes . Metsola è stata coraggiosa. Ora ci sono due vie: la prima, che ritengo più probabile, è che questo sia uno di quei momenti di martirio est-europeo — l’Ungheria nel 1956, la Cecoslovacchia nel 1968, la Polonia nel 1981, la Bosnia anni 90 — ma poi tutta l’empatia scompare e resta ben poco. L’altra possibilità è che si prenda sul serio l’affermazione che gli ucraini non stanno solo lottando per la libertà ma per l’Europa, e si accetti la loro candidatura all’Unione Europea. Ho ammirato Mario Draghi che, audacemente e chiaramente, si è detto favorevole. Spero che Macron, Scholz e Rutte lo seguano. Se fosse la posizione dell’Ue, cambierebbe tutto. Una dichiarazione di principio che l’Ucraina sarà accettata come candidata, anche se ci vorranno 15 anni, significa che sono anche loro Europa». Lei ha definito l’ideologia del premier ungherese Orbán «putiniana» e finalizzata a traghettare l’Europa centrale a Est. Cosa si aspetta dalle elezioni di oggi? «Non sono state corrette: pubblicità massicce con fondi governativi; distretti elettorali creati a suo vantaggio; ha congelato il prezzo del petrolio, usato la guerra a suo favore dicendo agli ungheresi che li avrebbe tenuti fuori, al sicuro. Spero di sbagliarmi, le elezioni riservano sorprese, ma probabilmente vincerà. E la domanda è: che cosa faremo? È stato sleale con l’Unione nella guerra più grave in Europa dal 1945, e il Paese non è più una democrazia. Spero che l’Ue continuerà a trattenere i fondi del Next Generation EU e attiverà la condizionalità che permette di tagliarli a chi non rispetta lo stato di diritto, il che richiede l’appoggio dei Paesi membri, inclusa l’Italia». 2 aprile 2022 (modifica il 2 aprile 2022 | 21:09) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-02 19:13:00, Lo storico britannico: «Toccherà al governo di Zelensky decidere. Con il controllo del Mar d’Azov Putin si fermerebbe, non ci sarebbe l’accordo, ma un conflitto congelato», Viviana Mazza