lo scenario
di Fabio Savelli27 apr 2022
Come per Bulgaria e Polonia, la Russia «dovrebbe fermare le forniture di gas a tutti i Paesi ostili». L’auspicio espresso dal presidente della Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, Vyacheslav Volodin, accende uno scenario che da diverse settimane aleggiava come uno spettro — perché tra i Paesi ostili, secondo Mosca, figura anche l’Italia.
La prossima scadenza di pagamento per il gas fornito da Gazprom è previsto dalla seconda metà di maggio. Ma sono febbrili le interlocuzioni a Bruxelles per capire se lo schema del doppio conto presso Gazprombank — in euro e rublo — preteso da Mosca violi o meno il dispositivo di sanzioni deciso dall’Europa.
Lo scenario dunque di un blocco del gas russo in Italia è più concreto che mai. Al Corriere della Sera martedì due fonti governative hanno evidenziato come stiano per arrivare in Consiglio dei ministri, già domani, le simulazioni allo studio del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani per azzerare le forniture di gas dalla Russia «assumendo diversi momenti di interruzione», «già tra maggio e giugno». È inevitabile che si andrà verso possibili razionamenti dei consumi.
L’Italia è già in uno stato di pre-allarme dai primi giorni della guerra in Ucraina. La necessità dal mese di aprile in poi è riempire gli stoccaggi di gas in vista del prossimo inverno.
Che cosa succederebbe?
Se Mosca dovesse chiedere i rubinetti di gas, decisione che può prendere dall’oggi al domani seppur con un tempo tecnico di almeno 24 ore per il completo azzeramento del flusso, a pagare il prezzo più alto in assoluto sarebbero Germania e Italia (la prima dipende per 43 miliardi di metri cubi equivalenti al 51% del suo import, la seconda per 29 miliardi di metri cubi, ovvero il 40% del gas totale che importa).
Si è già pensato di sopperire aumentando le importazioni da Algeria (21,1 miliardi di miliardi di metri cubi nel 2021) Qatar (6,9 miliardi) e Libia (3,2 miliardi), il che però si scontra con una situazione politica estremamente instabile che impedisce di potenziare i flussi nel gasdotto libico che arriva a Gela. Si ritiene si possa anche aumentare la produzione nazionale (scesa a 3,1 miliardi di metri cubi nel 2021), operazione che però richiede diversi mesi prima di diventare operativa.
Le esportazioni inusuali
Nelle settimane scorse si è verificata una pratica che avrebbe dovuto essere ridotta o azzerata. Alcuni operatori nazionali hanno esportato verso il Nord Europa volumi di gas venduti a prezzi superiori sull’hub olandese TTf rispetto a quelli del Psv (Punto di scambio virtuale) italiano. Si tratta di alcune decine di milioni di metri cubi che sono usciti dal Paese e avrebbero fatto comodo per il mantenimento delle riserve nazionali, di cui 4,6 miliardi di metri cubi vengono definite «strategiche» necessarie però soprattutto al funzionamento delle centrali termoelettriche fondamentali per la produzione di energia. Per incentivare gli operatori al riempimento una recente delibera dell’Arera, l’Authority dell’Energia, ha introdotto un premio di 5 euro a megawattora per incentivare operatori come Eni, Enel, Edison e alcuni intermediari a partecipare alle aste per gli stoccaggi scivolate a marzo a prezzi negativi (si pagavano gli operatori perché li riempissero) e nonostante questo andate deserte.
Lo studio della fondazione Mattei
Secondo uno studio della Fondazione Eni-Enrico Mattei che utilizza specifici software di simulazione del mercato elettrico e del gas sotto diverse ipotesi, c’è ora il forte rischio di un razionamento, cioè dei «distacchi programmati» che si tradurrebbero in black out della corrente elettrica e tagli alle erogazioni di gas per uso industriale o per uso civile (riscaldamento e gas per cucinare).
Questo perché, anche prendendo tutte le contromisure allo studio, mancherebbe comunque tra 8,9 e 10,5 miliardi di metri cubi di gas rispetto ai consumi di un anno normale.
Nel decreto energia di domani filtra la necessità di riduzione dei consumi energetici, a partire dagli uffici pubblici, ma che, in caso di stop al gas di Mosca, potrebbero portare anche al distacco delle utenze industriali con un risparmio complessivo, senza compromettere il sistema, di circa 3 miliardi di metri cubi annui.
Il decreto Sblocca-Trivelle
Il governo nelle ultime settimane ha firmato una serie di accordi per diversificare gli approvvigionamenti. Dall’Algeria (pronta ad assicurare 9 miliardi di metri cubi annui in più dal 2023) a Congo ed Angola per circa 6 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (ma sempre dal 2023) passando per i circa 2,5 miliardi di metri cubi addizionali via Tap già dalla fine di quest’anno, che dovrebbe assicurarci in totale circa 22,5 miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas, dalla fine dell’anno prossimo. A questi si aggiungeranno i 2 miliardi di metri cubi in più di gas domestico che il governo non sarebbe intenzionato ad accelerare con un nuovo decreto contenuto nel pacchetto energia chiamato sblocca-trivelle: modificherà il perimetro fissato dal Pitesai, cioè il piano regolatore dei giacimenti, per facilitare le aree vicine ai progetti Argo e Cassiopea di Eni in Sicilia che non saranno più incluse nelle zone off-limits per le attività di estrazione. Così la produzione dovrebbe ripartire grazie all’apporto assicurato da altri giacimenti nel basso Adriatico, tra Marche ed Emilia Romagna.
La spinta delle centrali a carbone
Fonti governative rivelano anche della necessità di rivitalizzare il “cuscinetto” garantito dalle centrali a carbone. Massimizzando il funzionamento delle 4 centrali (Fusina, Torrevaldaliga e Brindisi di Enel, Monfalcone di A2A) come spiegò il presidente del Consiglio Mario Draghi già a febbraio. Portando la capacità al 100%, si otterrebbe un risparmio di circa 3,5 miliardi di metri cubi annui. Ma l’operazione sarà comunque a tempo anche per l’impatto sulle emissioni di anidride carbonica.
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, 2022-04-27 14:15:00, Quando scadono i contratti di gas russo con ‘Italia? E cosa può succedere se, al termine, Mosca deciderà di chiudere le forniture? Dai distacchi programmati alla massimizzazione dell’attività delle 4 centrali a carbone (oltre al decreto Sblocca Trivelle), Fabio Savelli